Con il film Mektoub, My Love – Canto Due, Abdellatif Kechiche prosegue il progetto iniziato con Canto Uno e interrotto da Intermezzo, componendo un secondo “movimento” della stessa lunga estate. Il film, della durata di 2 ore e 19 minuti, non costruisce una trilogia nel senso classico, ma si presenta piuttosto come una variazione sul tempo, sul desiderio e sull’adolescenza in transizione. Tutto nasce da un unico lungo set, come sottolinea il regista: «I due canti e l’intermezzo che li separa vengono da un solo tournage, da un unico gesto, da un unico slancio».


Siamo ancora a Sète, nel sud della Francia, ma qualcosa è cambiato. I corpi danzano ancora, le voci si rincorrono, le stesse figure riappaiono. Eppure, rispetto al primo film, il tono si piega, si complica, si torce. L’estate continua, ma il suo ritmo è attraversato da deviazioni, incertezze, e segnali di mutamento.


Presentato in anteprima al Festival di Locarno, è ancora clamorosamente senza distributore italiano.

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Mektoub, My Love: Canto Due (2025) scena

Una storia che devia dai suoi binari

La vicenda del film Mektoub, My Love – Canto Due ruota attorno ad Amin, interpretato da Shaïn Boumedine, giovane studente di cinema rientrato a Sète dopo un periodo a Parigi. Amin lavora a un progetto personale dal titolo Les Principes essentiels de l’existence universelle, che attira l’attenzione di Jack (André Jacobs), un produttore americano in vacanza. Jack manifesta l’intenzione di finanziare il film e propone come protagonista sua moglie Jessica (Jessica Pennington). Tuttavia, le aspettative iniziali vengono messe in discussione: Jessica rifiuta il ruolo, segnando uno scarto tra il possibile e il realizzabile.


Il racconto assume fin da subito una forma non lineare. Annuncia delle traiettorie, ma poi le abbandona, lasciando che il reale entri nel quadro, come osserva Kechiche: «Il racconto si torce, il reale s’infiltra e l’innocenza del primo si scontra con i malintesi». Il film apre situazioni per poi lasciarle sospese, sposta l’attenzione da un registro all’altro, alterna momenti di leggerezza a passaggi di disorientamento.

Presenze in movimento

Attorno ad Amin, nel film Mektoub, My Love – Canto Due, si muove un gruppo eterogeneo di personaggi. Tony (Salim Kechiouche) e Ophélie (Ophélie Bau) tornano con la loro intensità relazionale, seguiti da Dany (Dany Martial), Camélia (Hafsia Herzi), Celine (Lou Luttiau), Marie (Marie Bernard), Mel (Meleinda Elasfour), e altri ancora. Alcuni formano coppie, altri si osservano, altri si evitano. Le dinamiche affettive si mescolano a quelle corporee, senza che vi sia una chiara progressione. I legami si annodano e si disfano, spesso senza una spiegazione, in uno spazio narrativo che sembra più interessato al presente che al futuro.


Lo stesso Amin, più che agire, osserva. È presente ma marginale, quasi estraneo ai fili che si intrecciano attorno a lui. Le sue ambizioni creative restano in sospeso, forse perché, come dice il regista, «ogni scrittura è già minacciata da ciò che le resiste». È in questa tensione che si colloca l’arco del personaggio: nella distanza tra ciò che vorrebbe realizzare e ciò che si impone.

Ophélie Bau, Salim Kechiouche
Mektoub, My Love: Canto Due (2025) Ophélie Bau, Salim Kechiouche

Il racconto come gabbia e come rifugio

Il titolo stesso del film, Mektoub, My Love – Canto Due contiene una riflessione sulla narrazione. Mektoub, in arabo, significa “era scritto”, evocando l’idea del destino, ma anche della scrittura come costruzione del senso. Kechiche scrive: «Questa scrittura che cerca di organizzare il caos in racconto, ma che talvolta frena lo slancio, cercando di contenere ogni traboccamento».


Mektoub, My Love – Canto Due
mette in scena questa tensione tra il vissuto e la sua trasposizione. È un film che si interroga su cosa si può mostrare, su quanto spazio dare agli istanti non narrativi, e su quale debba essere il rapporto tra tempo e significato. Kechiche spiega: «Resistere alla durata concessa agli istanti di vita, spesso condizionata dal racconto. Lasciar entrare la vita, anche senza giustificazione». Questo principio guida la forma del film, che non si chiude mai del tutto su una storia, ma lascia zone aperte, immagini prolungate, dialoghi che si estendono oltre la funzione.

Il tempo dell’incertezza

Nonostante il ritorno a una struttura più riconoscibile rispetto a Intermezzo, il film Mektoub, My Love – Canto Due si muove costantemente ai margini di ogni costruzione narrativa tradizionale. Kechiche gioca con i codici, per poi lasciarli scivolare: «Propone un quadro, per meglio allontanarsene. Riprende dei codici, per aprire delle brecce di libertà». Il cinema diventa così luogo di confronto tra ordine e caos, tra intenzione e deviazione.


Questo processo coinvolge anche la rappresentazione del corpo. Il corpo giovane, esposto, desiderante, attraversa tutto il film, non come elemento provocatorio, ma come presenza che interroga lo sguardo e lo spazio stesso dell’inquadratura. Kechiche lo descrive come «il manifesto più evidente di libertà, di bellezza, di innocenza, anche se oggi può inquietare».

Salim Kechiouche
Mektoub, My Love: Canto Due (2025) Salim Kechiouche

Ridere, nonostante tutto

Uno degli elementi che attraversano il film è il riso. Ma non si tratta di un riso di leggerezza, bensì di una reazione a ciò che potrebbe generare malinconia. Citando Bégaudeau, il regista ricorda: «Da vent’anni non smetto di ridere. È quasi inquietante, un’anomalia, perché ci sarebbe piuttosto da piangere». In questa prospettiva, Mektoub, My Love – Canto Due si muove tra una consapevolezza disillusa e un’ironia che non cerca la battuta, ma l’equilibrio tra dolore e vitalità.

Uno spazio da attraversare

Secondo Kechiche, il Mektoub, My Love – Canto Due «appartiene ora a chi lo guarda». Questa dichiarazione chiude un percorso creativo lungo e faticoso, segnato da interruzioni, attese e difficoltà. La realizzazione del progetto ha implicato una resistenza, come lui stesso riconosce: «L’ho portato a lungo, a volte controcorrente. Mi ha sfinito, mi ha fatto resistere. Mi ha attraversato».


Mektoub, My Love – Canto Due
si presenta così come un oggetto narrativo non convenzionale, costruito per riflettere sulla giovinezza, sul tempo e sul desiderio. Non offre soluzioni, né cerca conferme. Si limita a porre domande attraverso l’esposizione di corpi, parole, silenzi e deviazioni. E in questo spazio lasciato aperto, sospeso tra ciò che è stato scritto e ciò che non può esserlo, si colloca la possibilità di uno sguardo.


Disclaimer

Questo testo è stato redatto sulla base di informazioni e note di regia condivise dalla produzione, supportate dalla visione di interviste e materiali promozionali, ma senza avere visto il film. In alcun modo, quindi, questa presentazione di Mektoub, My Love – Canto Due può essere intesa come una recensione o una critica cinematografica.

Autore

Redazione

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Filmografia

locandina Mektoub, My Love: Canto Due

Mektoub, My Love: Canto Due

Sentimentale - Francia 2025 - durata 134’

Titolo originale: Mektoub, My Love: Canto Due

Regia: Abdellatif Kechiche

Con Shain Boumedine, Ophélie Bau, Jessica Pennington, Salim Kechiouche, Andre Jacobs, Hafsia Herzi

locandina Mektoub, My Love: Canto Uno

Mektoub, My Love: Canto Uno

Drammatico - Francia, Italia 2017 - durata 180’

Titolo originale: Mektoub, My Love: Canto Uno

Regia: Abdellatif Kechiche

Con Shain Boumedine, Ophélie Baufle, Salim Kechiouche, Lou Luttiau, Alexia Chardard, Hafsia Herzi

Al cinema: Uscita in Italia il 24/05/2018

in TV: 03/12/2025 - Sky Cinema Romance - Ore 23.00

in streaming: su Now TV Sky Go Rakuten TV Google Play Movies Amazon Video Apple TV Chili

locandina Mektoub, My Love: Intermezzo

Mektoub, My Love: Intermezzo

Drammatico - Francia, Italia 2019 - durata 249’

Titolo originale: Mektoub, My Love: Intermezzo

Regia: Abdellatif Kechiche

Con Shain Boumedine, Ophélie Baufle, Salim Kechiouche, Alexia Chardard