Avemmaria, presentato in anteprima al Torino Film Festival e prossimamente al cinema con Europictures, racconta la storia di Felice, un uomo prossimo alla paternità che, per affrontare il presente, si trova a rivivere il proprio passato.
Debutto alla regia di Fortunato Cerlino, si muove tra gli anni Ottanta e oggi, ambientato in un quartiere periferico di Napoli, ma collocato idealmente in un luogo esistenziale senza tempo. Felice torna bambino, riattraversa i luoghi e i traumi della sua infanzia e affronta il bambino che è stato come se fosse un altro da sé.
In questo scenario si intrecciano povertà, tensioni familiari, desideri di riscatto, sogni infranti e la ricerca di un’identità possibile. La camorra resta sullo sfondo; al centro c’è invece il tentativo di cambiare una traiettoria già scritta. Il film, tratto dal romanzo Se vuoi vivere felice, firmato dallo stesso Cerlino, mescola elementi di realismo e introspezione, costruendo una narrazione che attraversa più generazioni e parla a chiunque abbia conosciuto la difficoltà di scegliere chi diventare.

Il bambino e l’uomo nello stesso corpo
Felice (Salvatore Esposito) sta per diventare padre. Sua moglie Antonella (Cecilia Bertozzi) è in attesa della loro bambina, ma Felice non si sente pronto ad assumere quel ruolo. Inizia così un ritorno immaginario nei luoghi della sua infanzia: il quartiere di Pianura, nella Napoli degli anni Ottanta. Questo movimento narrativo lo pone a confronto con il bambino che è stato, incarnato da Mario Di Leva.
Il quartiere, soprannominato all’epoca “Far West”, è attraversato da povertà strutturale e violenza diffusa. In questo contesto, Felice bambino oscilla tra due possibilità: farsi modellare dalle logiche dominanti o continuare a nutrire i propri sogni. Il film Avemmaria si sviluppa su due piani temporali intrecciati, che danno forma a un percorso identitario nel quale il protagonista tenta di intervenire sul passato per trovare una chiave di lettura del presente.
Figure scolpite nel cemento
La famiglia di Felice vive in un edificio fatiscente nella periferia di Napoli. Il padre Raffaele (Carmine Borrino) ha perso il lavoro; la madre Antonietta (Marianna Fontana) è molto giovane e già gravata da diversi figli; la nonna Filomena (Franca Abategiovanni) appare chiusa nel lutto e nel rancore. I fratelli di Felice, tre più uno in arrivo, condividono con lui lo stesso spazio angusto e la stessa prospettiva limitata.
Nel suo quotidiano, Felice entra in contatto con due figure che segnano il suo percorso. La prima è la maestra Giulia (Giulia Coppini), che intuisce il potenziale del bambino e tenta di offrirgli una visione più ampia del mondo. La seconda è un uomo senza nome, misterioso, incontrato in un edificio abbandonato. Questo personaggio, interpretato da Gennaro Di Colandrea (noto come Naso ’e Cane), si presenta nel film Avemmaria come una figura ambigua, che sembra conoscere Felice meglio di chiunque altro. Con lui il bambino intreccia un rapporto complesso, che lo conduce a un confronto diretto con le proprie paure e ambizioni.

Sogni a pagamento
Felice manifesta il desiderio di diventare cantante, ispirato dai modelli neomelodici dell’epoca. Grazie all’interessamento della maestra, ottiene un’opportunità: un provino per Tombolino, un programma televisivo per bambini. Tuttavia, per partecipare è necessario acquistare un’enciclopedia dal costo elevato per la famiglia, settecentomila lire. Questo ostacolo riporta Felice alla realtà economica che lo circonda e rafforza la tensione tra sogno e possibilità concreta.
Nel frattempo, le condizioni familiari peggiorano e Felice è costretto a iniziare a lavorare. Il film Avemmaria evidenzia come il sistema che lo circonda richieda compromessi continui: anche il talento, se non accompagnato da risorse economiche, può rimanere inespresso.
Il quartiere non basta per spiegare tutto
Il contesto narrativo del film Avemmaria si muove su una linea in cui il degrado sociale non è rappresentato come un dato spettacolare, ma come condizione di fondo. La camorra è presente come elemento marginale, mai centrale nella vicenda. L’accento si sposta piuttosto sulla dimensione interiore dei personaggi, e in particolare su quella di Felice.
Il regista dichiara di voler raccontare un “conflitto invisibile”: quello tra ciò che si è stati e ciò che si tenta di diventare. Pianura, come descritto nel film, è al tempo stesso un luogo fisico e una metafora di altre periferie esistenziali, non solo geografiche. Il racconto non è vincolato a una localizzazione precisa: è ambientato in una provincia simbolica, trasversale, riconoscibile in molti contesti globali segnati da esclusione, rassegnazione, assenza di prospettive.

Sotto la pelle, l’infanzia
Una delle domande centrali poste dalla struttura narrativa riguarda la possibilità di intervenire sul passato. Felice adulto, nel suo viaggio mentale, cerca di “modificare” il bambino che è stato. Lo spinge ad assumere nuove risposte alla violenza e alla povertà, lo provoca, lo sfida. Questo confronto tra l’adulto e il sé infantile costituisce il cuore del racconto. Felice tenta di costruire un senso nuovo a partire da ciò che era già scritto. In questo processo, il confine tra memoria e immaginazione si fa labile.
Il film Avemmaria si muove in una zona di intersezione tra realtà e visione soggettiva, ponendo al centro la questione dell’identità e della responsabilità. Il bambino, in questa narrazione, non è solo un ricordo ma un interlocutore attivo, un nodo ancora aperto.
Vedere con gli occhi chiusi
Avemmaria propone un’indagine narrativa che attraversa la crescita, la marginalità e il bisogno di emancipazione. Non si focalizza sugli elementi di cronaca, ma sull’impatto emotivo e psicologico che certi contesti generano nei più giovani. L’infanzia non è rappresentata come una stagione perduta, ma come un luogo interiore che continua ad agire nel presente.
Nelle parole del regista Fortunato Cerlino: “Esiste un’uscita dall’inferno, ma quella porta la si può vedere solo ad occhi chiusi”. Il film sembra costruirsi intorno a questa visione: il cambiamento, se possibile, passa attraverso uno sguardo interiore, non lineare, che si confronta con le radici più profonde della propria storia.
Disclaimer
Questo testo è stato redatto sulla base di informazioni e note di regia condivise dalla produzione, supportate dalla visione di interviste e materiali promozionali, ma senza avere visto il film. In alcun modo, quindi, questa presentazione di Avemmaria può essere intesa come una recensione o una critica cinematografica.

Filmografia
Avemmaria
Drammatico - Italia 2025 - durata 109’
Regia: Fortunato Cerlino
Con Salvatore Esposito, Marianna Fontana, Mario Di Leva


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