Nel 1936, la Palestina fu attraversata da una rivolta popolare che segnò un punto di svolta nella storia del mandato britannico e nelle dinamiche politiche del Medio Oriente: il film Palestine 36, scritto e diretto da Annemarie Jacir, si colloca dentro questo momento storico, cercando di restituirne la complessità attraverso una narrazione corale.
Il lungometraggio, presentato alla Festa del Cinema di Roma, nasce da anni di ricerca e lavorazione, in un contesto di instabilità crescente che ha condizionato direttamente le riprese. Il progetto, secondo quanto riportato dalla produzione, ha richiesto la ricostruzione di interi villaggi, la realizzazione di costumi d’epoca, e il trasferimento della troupe in Giordania durante i momenti più critici.

La scintilla e il fuoco
La storia del film Palestine 36 è ambientata nel pieno della rivolta palestinese del 1936, quando la popolazione locale si mobilitò contro il dominio coloniale britannico. In parallelo, cresce l’arrivo di immigrati ebrei in fuga dall’antisemitismo in Europa. Yusuf, giovane abitante di un’area rurale, si muove tra la campagna e Gerusalemme. Il suo percorso si intreccia a quello di altri personaggi, in un momento segnato da tensioni politiche, conflitti interni e scelte personali che riflettono lo scenario in trasformazione.
La struttura narrativa si articola attraverso prospettive multiple: i personaggi entrano ed escono dalla narrazione in una costruzione che, secondo la regista, mira a ricreare un intreccio simile a un ricamo. Le loro storie si sfiorano o si sovrappongono, dando corpo a una rappresentazione collettiva di quel periodo.
Volti e voci in trincea
Yusuf è interpretato da Karim Daoud Anaya, alla sua prima esperienza cinematografica. Anaya proviene dal mondo del teatro e ha fatto parte dell’ensemble del Maxim Gorki Theater di Berlino. Il personaggio di Rabab è interpretato da Yafa Bakri, anch’essa al debutto sullo schermo, proveniente da una formazione in terapia drammatica.
Accanto ai volti emergenti, il film Palestine 36 coinvolge attori noti a livello internazionale come Jeremy Irons (Alto Commissario Wauchope), Liam Cunningham (Charles Tegart) e Robert Aramayo (Captain Wingate), in ruoli che rappresentano figure chiave del potere britannico. Presenti anche Hiam Abbass, Saleh Bakri, Dhafer L’Abidine, Yasmine Al Massri e altri interpreti da contesti artistici diversi. La scelta di un cast composito sembra riflettere la natura collettiva del racconto e la volontà di attraversare classi, ruoli sociali e posizioni politiche.

Una terra che è anche personaggio
Secondo quanto dichiarato dalla regista, il paesaggio del film Palestine 36 non è stato concepito come sfondo neutro, ma come elemento attivo del racconto. Le riprese si sono svolte tra Palestina e Giordania, con la ricostruzione di ambientazioni rurali del tempo e la ricreazione di attrezzature militari dell’epoca.
La produzione ha reso noto di aver restaurato interi spazi e piantato colture non più praticate, con l’obiettivo di offrire una rappresentazione visiva coerente con il periodo narrato.
La terra, in questo contesto, è descritta dalla regista come parte integrante dell’identità e della narrazione: un territorio che attraversa i personaggi tanto quanto loro lo attraversano. La scelta di trattare lo spazio geografico come una presenza narrativa è una delle direttrici dichiarate del progetto.
Resistenza, trauma, comunità
Dal pressbook, emerge che il film Palestine 36 affronta temi legati alla resistenza, al trauma collettivo e alla frammentazione di una società alle prese con un’occupazione straniera. La narrazione include anche dinamiche interne alla popolazione palestinese, esplorando rapporti di forza, divisioni, alleanze e tradimenti.
Il lungometraggio si concentra sul modo in cui individui ordinari si trovano coinvolti in circostanze straordinarie. La scelta di una narrazione corale sembra rispondere all’intenzione di evitare una visione univoca degli eventi. La memoria e il ricordo, intesi come strumenti di resistenza e come elementi identitari, sono indicati come assi centrali nella scrittura della sceneggiatura.

Una memoria viva, non un monumento
Annemarie Jacir sottolinea che, pur essendo ambientato nel 1936, il film Palestine 36 non è stato concepito come un’opera “storica” in senso tradizionale, ma come un racconto legato al presente. La realizzazione stessa, interrotta e ripresa più volte in un contesto segnato da guerra e instabilità, ha influenzato lo sviluppo del progetto.
La regista definisce Palestine 36 come una risposta alla perdita e come una forma di presenza. L’intenzione è quella di raccontare una storia poco conosciuta, ma ancora attuale, all’interno di una continuità storica che riguarda più generazioni.
Palestine 36 si presenta come una produzione articolata, con una forte componente di ricerca storica e una narrazione che intende attraversare più livelli: personale, collettivo, politico e geografico. Il film non si propone come sintesi definitiva del periodo narrato, ma come un tentativo di riaprire un discorso. In un contesto internazionale in cui le rappresentazioni della Palestina sono spesso filtrate da logiche esterne, questa operazione si colloca all’interno di una produzione culturale che mira a raccontare la storia da un punto di vista interno.
Disclaimer
Questo testo è stato redatto sulla base di informazioni e note di regia condivise dalla produzione, supportate dalla visione di interviste e materiali promozionali, ma senza avere visto il film. In alcun modo, quindi, questa presentazione di Palestine 36 può essere intesa come una recensione o una critica cinematografica.
Filmografia
Palestine 36
Drammatico - Francia, Territori Palestinesi Occupati, Qatar, Arabia Saudita, Regno Unito 2025 - durata 118’
Titolo originale: Palestine 36
Regia: Annemarie Jacir
Con Saleh Bakri, Hiam Abbass, Jeremy Irons, Liam Cunningham, Billy Howle, Sam Hoare
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