Il film La Divina di Francia – Sarah Bernhardt è un racconto sul mito costruito, non sul fatto documentato. Diretto da Guillaume Nicloux e scritto da Nathalie Leuthreau, non segue la struttura del biopic tradizionale e non ambisce a ricostruire l’intera esistenza della celebre attrice. Al contrario, seleziona due episodi significativi ma poco esplorati (una giornata di festa in suo onore nel 1896 e l’amputazione della sua gamba nel 1915) per tracciare un ritratto parziale, filtrato, a tratti ipotetico.
Ciò che emerge è meno una cronaca che una suggestione: un’esplorazione della figura di Sarah Bernhardt come spazio aperto, attraversato da contraddizioni, invenzioni, e da una costante reinvenzione di sé. Nessun intento celebrativo, nessuna sintesi definitiva. Il film costruisce una narrazione a partire da ciò che manca o non è certo, aprendo lo sguardo su una donna che ha sempre vissuto al di fuori di qualsiasi schema.
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Una trama che parte dai vuoti
La scelta narrativa film La Divina di Francia – Sarah Bernhardt è quella di partire non dall’evidenza, ma da ciò che manca. Le due sequenze principali sono episodi noti ma scarsamente raccontati. Da qui, il film costruisce un arco intimo, fatto di presenze, assenze e relazioni che vanno oltre la ricostruzione storica.
Tra questi elementi si inserisce la figura di Lucien Guitry, con cui viene ipotizzata una relazione amorosa. Non ci sono prove documentali che confermino un legame sentimentale tra i due, ma la loro vicinanza pubblica è attestata.
Il racconto si sviluppa quindi come una sequenza di gesti, movimenti e dialoghi che suggeriscono più che affermano. Il tempo narrativo si apre a frammenti della vita di Bernhardt, senza l’obiettivo di restituirne la totalità, ma piuttosto di metterne in luce le tensioni interne.
Sarah Bernhardt: controllo, azione, esistenza
La figura che emerge dal film La Divina di Francia – Sarah Bernhardt è quella di un’artista che si muove al centro della scena e la occupa pienamente. Sarah Bernhardt, com’è presentata, è al tempo stesso interprete, regista di se stessa, manager, imprenditrice teatrale. Cura i testi, i costumi, la direzione, le tournée. Assume ruoli maschili, rompe convenzioni e modelli di comportamento del suo tempo.
Il film, attraverso le sue fonti e i materiali biografici consultati, presenta un ritratto complesso: una donna che agisce senza interruzioni, che si reinventa e ridefinisce continuamente la propria immagine. Viene messa in evidenza la sua capacità di determinare le condizioni del proprio lavoro e della propria rappresentazione, in un contesto storico in cui questo tipo di autonomia non era comune.

Una rete di relazioni fluide
Accanto alla protagonista nel film La Divina di Francia – Sarah Bernhardt si muove una costellazione di personaggi, reali o rielaborati. Lucien Guitry è presentato come una figura di riferimento, il cui rapporto con Bernhardt permette di esplorare dinamiche affettive e professionali. Louise Abbéma, pittrice e compagna di lunga data, compare come presenza costante, tra intimità e sostegno.
Nel film si inseriscono anche personaggi come Émile Zola, Samuel Pozzi, Edmond Rostand, Sacha Guitry: figure storiche che interagiscono con Bernhardt a diversi livelli. Alcune di queste relazioni sono documentate, altre restano ipotetiche. Il film si muove così tra biografia, letteratura e invenzione drammaturgica, nel tentativo di rappresentare non solo i fatti ma i contorni emotivi delle interazioni.
Libertà, identità, rappresentazione
Tre sono i principali temi affrontati nel film La Divina di Francia – Sarah Bernhardt.
Il primo è la libertà personale e artistica: Sarah Bernhardt, come viene raccontata, decide da sé i limiti della propria esistenza. Gestisce la sua carriera con determinazione, affronta temi politici, compie scelte sentimentali e professionali non convenzionali. Il film evidenzia come questa libertà si sia espressa anche nella sfera privata, senza adesione esplicita a movimenti organizzati, ma con scelte di vita che sfidano le norme sociali del tempo.
Il secondo è quello dell’identità e del travestimento: Bernhardt interpreta ruoli maschili, gioca con la sua immagine, vive l’ambiguità come parte integrante della propria espressione. La distinzione tra persona e personaggio si fa sfumata. Il film insiste su questo elemento non come segno di mascheramento, ma come modalità espressiva.
Infine, la questione della rappresentazione teatrale e della recitazione. Il film si interroga su cosa significhi recitare, vivere nel personaggio, uscire da sé per interpretare altro. La frase attribuita a Bernhardt (“Laissez-moi, il faut que je me quitte”) viene citata per esprimere questa tensione tra essere e fingere, tra realtà e artificio.

Il cinema come nuovo capitolo
La Divina di Francia – Sarah Bernhardt si presenta come un racconto non esaustivo, ma selettivo. Un lavoro che sceglie di raccontare una figura storica attraverso due momenti simbolici, evitando l’approccio didascalico. In questo modo, il film si inserisce in una linea narrativa che preferisce la suggestione all’archiviazione, l’evocazione alla cronaca.
Non si tratta di un documento, ma di un’interpretazione. Una possibilità tra le tante per avvicinarsi a un personaggio che, per sua natura, ha sempre rifiutato la definizione. In questo senso, il film contribuisce non tanto a spiegare Sarah Bernhardt, quanto ad aggiungere un nuovo frammento alla sua leggenda.
Fuori dal film: Sarah Bernhardt e Eleonora Duse
Nel panorama teatrale a cavallo tra XIX e XX secolo, Sarah Bernhardt e Eleonora Duse, a cui Pietro Marcello ha dedicato il suo film, rappresentano due modelli divergenti e spesso contrapposti. Il film La Divina di Francia – Sarah Bernhardt, pur non citando direttamente Duse, si inserisce idealmente in questo dialogo a distanza tra due figure che hanno incarnato modalità opposte di intendere la scena.
Bernhardt costruisce la propria immagine pubblica come un’opera d’arte a sé stante. Gestisce la sua carriera come un’impresa, cura la sua visibilità, sfrutta la stampa, la fotografia, e persino il merchandising. Si presenta come “la Divina”, una figura larger than life, in perenne spettacolarizzazione. In scena, alterna intensità emotiva e gestualità codificata, in linea con il teatro declamato del tempo, pur introducendo elementi di realismo emotivo attraverso la memoria affettiva.
Eleonora Duse, al contrario, rifiuta l’esposizione pubblica. Non rilascia interviste, non cerca il mito. Il suo lavoro è centrato sull’interiorità, sull’annullamento dell’ego dell’attrice per far emergere il personaggio. Dove Bernhardt accentua la costruzione di sé come figura pubblica, Duse si ritrae, cercando una forma di verità invisibile e intima. Il loro confronto ha diviso il pubblico e la critica dell’epoca, ma oggi permette di leggere due forme di modernità in tensione: una proiettata verso l’esterno, l’altra ripiegata verso l’essere.
Il film di Nicloux, nel rappresentare la costruzione identitaria di Bernhardt, si colloca chiaramente su uno dei due versanti di questo dualismo. Non lo dichiara, ma lo assume come cornice implicita. Il ritratto che ne risulta non è tanto in contrasto con quello della Duse, quanto complementare nel delineare due archetipi opposti dell’attrice moderna.
Disclaimer
Questo testo è stato redatto sulla base di informazioni e note di regia condivise dalla produzione, supportate dalla visione di interviste e materiali promozionali, ma senza avere visto il film. In alcun modo, quindi, questa presentazione di La Divina di Francia – Sarah Bernhardt può essere intesa come una recensione o una critica cinematografica.
Filmografia
La divina di Francia - Sarah Bernhardt
Biografico - Francia 2024 - durata 98’
Titolo originale: Sarah Bernhardt, la Divine
Regia: Guillaume Nicloux
Con Sandrine Kiberlain, Laurent Lafitte, Amira Casar, Pauline Etienne, Mathilde Ollivier, Laurent Stocker
Al cinema: Uscita in Italia il 23/10/2025
Duse
Biografico - Italia 2025 - durata 122’
Regia: Pietro Marcello
Con Valeria Bruni Tedeschi, Fanni Wrochna, Noémie Merlant, Fausto Russo Alesi, Gaja Masciale, Marcello Mazzarella
Al cinema: Uscita in Italia il 18/09/2025
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