Il mito di Orfeo, da sempre associato al tentativo umano di sfidare la morte attraverso l’amore e l’arte, è al centro del film Orfeo di Virgilio Villoresi, ispirato a Poema a fumetti di Dino Buzzati, graphic novel pubblicata nel 1969. In quella che Buzzati definiva la sua opera più importante, il mito viene rielaborato in chiave moderna e ambientato in una Milano immaginata, con temi che attraversano la sua intera produzione artistica: la morte, l’amore, il mistero, l’arte, il sogno.
Nel passaggio dalla pagina al set, Orfeo propone un impianto visivo e tecnico che si fonda su soluzioni artigianali, come la pellicola 16mm, la stop motion e l’integrazione tra attori e ambientazioni costruite a mano. La narrazione adotta una logica onirica e simbolica, privilegiando il linguaggio dell’immaginazione. Il film si presenta come un’opera in cui il racconto si intreccia con un apparato visivo non realistico, che tende a ricostruire un mondo interiore più che riprodurre quello esterno.

Il labirinto di Orfeo
Orfeo nel film di Villoresi è un giovane pianista, cresciuto vicino a una villa abbandonata che ha alimentato fin da bambino le sue fantasie. La sua quotidianità cambia durante una serata al Polypus, un locale dove suona abitualmente, quando incrocia lo sguardo di Eura. Il legame tra i due si sviluppa rapidamente, ma Eura nasconde un segreto che rimane inizialmente irrisolto. Un giorno scompare, lasciando Orfeo nel vuoto dell’assenza.
Tempo dopo, Orfeo la scorge entrare in una porta in via Saterna, proprio davanti alla villa della sua infanzia. Nel tentativo di seguirla, viene introdotto da una figura ambigua – l’Uomo Verde – in un aldilà abitato da creature mitologiche, soldati scheletrici e figure ibride. In questo mondo incontra la Giacca, una giacca animata che si impossessa del suo corpo per rivivere frammenti di memoria legati alla musica e all’amore.
Solo alla fine del percorso, Orfeo scopre che Eura si trova in una stazione pronta a partire. Lei non può attraversare la soglia per tornare con lui. Si salutano. Orfeo si risveglia e ritrova davanti alla porta di via Saterna l’anello di Eura. Torna al pianoforte. Suona.
Figure tra sogno e confine
I personaggi del film Orfeo sono costruiti intorno a una costante tensione tra il visibile e l’invisibile, tra ciò che esiste e ciò che si immagina. Orfeo, il protagonista interpretato da Luca Vergoni, è presentato come un artista introspettivo, la cui ricerca attraversa tanto lo spazio reale quanto un paesaggio interiore. Il suo percorso si sviluppa come un movimento tra passato e presente, presenza e assenza.
Eura, portata in scena da Giulia Maenza, è una figura che unisce corporeità e mistero. È legata al mondo della danza e si muove tra consapevolezza e silenzio. Il segreto che custodisce diventa l’elemento che modifica il ritmo della loro relazione. Dopo la scomparsa, il suo ricordo agisce da impulso che guida le azioni di Orfeo.
L’Uomo Verde di Vinicio Marchioni, che si presenta all’ingresso e all’uscita della porta di via Saterna, accompagna i passaggi tra i mondi senza mai dichiarare apertamente il proprio ruolo. Trudy accoglie i visitatori nel mondo dei morti, mantenendo un comportamento che alterna distanza e apparente disponibilità.
La Giacca è animata in stop motion ed è pensata come entità simbolica dell’Aldilà. L’ambiguità della sua forma e la voce androgina che la accompagna rendono indefinito il suo ruolo, oscillando tra guida e tentazione. Altri personaggi come le Melusine, gli scheletri in marcia e il Ragno contribuiscono a costruire un universo in cui ogni figura ha una funzione narrativa che riguarda la relazione di Orfeo con il mondo oltre la soglia.

L’attraversamento
Il film Orfeo affronta diversi temi che affondano le radici nel mito classico, ma che si intrecciano con riflessioni più contemporanee. L’amore è posto come forza motrice, non risolutiva, ma trasformativa. È ciò che innesca il movimento tra i mondi, spinge il protagonista alla ricerca, mette in crisi la percezione del tempo e della realtà.
La morte, nel film, è rappresentata come uno spazio attraversabile, un paesaggio dotato di dinamiche proprie. Non è solo fine, ma possibilità di accesso a un piano simbolico. I luoghi dell’Aldilà, così come le creature che lo popolano, non seguono una logica unica: appaiono come frammenti di una realtà interna, riconfigurati dalla soggettività di chi li attraversa.
La memoria si presenta come elemento centrale: ciò che è perduto continua a esistere in forme diverse. Il film costruisce un dispositivo in cui il ricordo assume consistenza visiva e sonora. L’esperienza del lutto, privata e universale, è traslata in un viaggio nel quale le immagini si caricano di stratificazioni affettive.
Spazi come stati d’animo
Gli ambienti del film Orfeo non rappresentano luoghi realistici, ma stati mentali. Ogni spazio è costruito in studio, con attenzione artigianale alla coerenza tra scena, animazione e presenza attoriale. L’integrazione tra live action e stop motion avviene sul set, senza interventi digitali in post-produzione. Questo approccio genera un sistema visivo in cui il confine tra animato e reale diventa impercettibile.
Le scenografie sono parte attiva del racconto. Ogni elemento contribuisce a definire il tono del film, spesso evocando atmosfere che si muovono tra infanzia e adultità, tra meraviglia e malinconia. La progettazione degli ambienti, come dichiarato dalla produzione, mira a costruire un linguaggio visivo in grado di suggerire più che spiegare.

Il suono della distanza
Nel film Orfeo, la musica occupa uno spazio centrale. Composta da Angelo Trabace, accompagna la vicenda come prolungamento emotivo e narrativo. Il pianoforte, strumento di Orfeo, non è soltanto un oggetto diegetico ma anche veicolo di connessione con ciò che è stato perduto.
La musica appare come strumento di sopravvivenza del ricordo, e ritorna nel finale quando Orfeo, tornato alla realtà, sceglie di suonare. Il gesto chiude il cerchio e suggerisce una continuità tra ciò che è stato vissuto e ciò che può ancora essere evocato.
Una soglia aperta
Orfeo propone una rilettura del mito attraverso una struttura narrativa che si muove secondo la logica del sogno e della visione. La distanza tra i piani del reale e del simbolico viene ridotta attraverso un impianto tecnico e scenografico costruito con materiali artigianali, effetti ottici e animazioni meccaniche. Il risultato è un racconto che si sviluppa più per immagini che per spiegazioni.
Senza assumere una forma lineare, la vicenda si dispone come percorso soggettivo. Ogni passaggio, ogni figura, ogni oggetto, diventa parte di un sistema in cui i legami tra vita, arte, amore e morte vengono esplorati attraverso una grammatica visiva.
Nel mito, Orfeo perde Euridice quando si volta. In questa versione, il viaggio non si chiude con un ritorno vittorioso, ma con la consapevolezza della perdita. Tuttavia, qualcosa rimane: l’anello, la musica, il gesto. E una porta, ancora aperta.
Disclaimer
Questo testo è stato redatto sulla base di informazioni e note di regia condivise dalla produzione, supportate dalla visione di interviste e materiali promozionali, ma senza avere visto il film. In alcun modo, quindi, questa presentazione di Orfeo può essere intesa come una recensione o una critica cinematografica.

Filmografia
Orfeo
Fantasy - Italia 2025 - durata 74’
Regia: Virgilio Villoresi
Con Giulia Maenza, Luca Vergoni, Aomi Muyock, Lorenzo Talotti
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta