Nel panorama del cinema italiano contemporaneo, Bonifacio Angius prosegue il suo percorso autoriale con il film Confiteor – Come scoprii che non avrei fatto la rivoluzione, un progetto a lungo coltivato, segnato da ritardi, ripartenze e riscritture, che intreccia esperienze personali e finzione narrativa. L’opera nasce, come dichiarato dallo stesso autore, da suggestioni autobiografiche, da incontri e memorie rielaborate, e si presenta come una narrazione che oscilla tra commedia e dramma, con una struttura che alterna toni leggeri a momenti di tensione, attraversando temi complessi e profondamente umani.
Presentato alle Giornate degli Autori, sarà prossimamente al cinema.

Una parabola discendente che profuma d’infanzia
Al centro del film Confiteor – Come scoprii che non avrei fatto la rivoluzione si sviluppa la vicenda di un uomo che attraversa una progressiva discesa esistenziale. Il percorso del protagonista si intreccia con la storia di una famiglia che va dissolvendosi e con l’evoluzione di legami che si logorano nel tempo. L’ambientazione familiare, già esplorata in opere precedenti di Angius come Perfidia e Ovunque proteggimi, viene qui ampliata a un contesto più largo, che abbraccia dinamiche collettive, generazionali, culturali.
Il film mette in scena quella che viene descritta come una caduta lenta e irreversibile, ma al tempo stesso segnata da una componente di luce, attribuita allo sguardo innocente e aperto di un bambino. Tale presenza introduce una tensione tra il senso di smarrimento degli adulti e la possibilità, almeno simbolica, di una ripartenza attraverso un’altra prospettiva.
Corpi fragili, volti che esplodono
I personaggi del film Confiteor – Come scoprii che non avrei fatto la rivoluzione sono costruiti a partire da elementi realistici. Secondo quanto affermato dall’autore, si tratta di figure ispirate a persone realmente conosciute, osservate nella loro complessità, nelle contraddizioni e nella capacità di agire in modo impulsivo, imprevedibile, talvolta senza consapevolezza o memoria delle proprie azioni.
Non c’è una netta separazione tra bene e male nei loro comportamenti: convivono tensioni emotive diverse, moti di affetto e gesti violenti, slanci sinceri e atti distruttivi. Il bambino, interpretato da Antonio Angius, assume un ruolo centrale nello sviluppo della narrazione, rappresentando un elemento di rottura rispetto al sistema di reazioni che muove gli adulti. La sua presenza sembra aprire una riflessione su un’altra possibile forma di relazione, priva di pregiudizi e meccanismi difensivi.

La violenza nascosta nelle pieghe del quotidiano
Uno dei temi principali messi in scena nel film Confiteor – Come scoprii che non avrei fatto la rivoluzione è quello della violenza, analizzata nelle sue molteplici forme: esplicita o trattenuta, consapevole o inconsapevole, manifesta nei comportamenti o latente nei pensieri. Il film propone una riflessione su una violenza che non sempre si mostra, ma che può agire silenziosamente, nelle parole, nei gesti, nelle omissioni.
Il contesto sociale descritto nel racconto appare segnato da una frattura con modelli valoriali del passato, che sembravano consolidati ma che oggi appaiono in crisi. La narrazione fa emergere un senso di perdita rispetto a riferimenti collettivi condivisi, offrendo uno spunto di analisi sul modo in cui i cambiamenti culturali e materiali della contemporaneità agiscono sulla vita delle persone, mettendo in discussione legami, ruoli e identità.
Il tempo che ci è toccato vivere
La lavorazione del film Confiteor – come scoprii che non avrei fatto la rivoluzione ha avuto un percorso complesso, iniziato nel 2017 e segnato da difficoltà produttive e sospensioni, comprese le conseguenze della pandemia. Il progetto ha subito rallentamenti significativi e ha visto cambiare assetti produttivi, fino a trovare una nuova configurazione con l’ingresso di nuovi partner. In questo processo, l’autore ha rielaborato il copione iniziale, dando al film una forma rinnovata.
Sul piano della realizzazione, Confiteor si presenta come un’opera sviluppata con un impianto produttivo articolato: ricostruzioni scenografiche in teatro di posa, un cast composto da interpreti noti nel panorama nazionale, e una cura tecnica che ha coinvolto strutture specializzate nella post-produzione. Il film ha coinvolto anche partner stranieri, tra cui una casa di produzione polacca, e ha ricevuto sostegno da istituzioni regionali e nazionali.
Rivoluzione mancata, infanzia ritrovata
Il titolo del film, Confiteor – come scoprii che non avrei fatto la rivoluzione, suggerisce una rinuncia: la presa d’atto di una distanza tra l’ideale rivoluzionario e la realtà vissuta. Questa distanza si manifesta nella traiettoria del protagonista, nei rapporti tra i personaggi, nelle dinamiche familiari. Ma accanto alla disillusione, emerge anche una traccia di ricerca: uno spazio, forse fragile, dove si intravede la possibilità di uno sguardo nuovo, incarnato nella figura del bambino.
Confiteor si presenta così come un racconto costruito sulla memoria, sull’esperienza e sull’elaborazione di un vissuto che è insieme personale e collettivo. L’opera si colloca nella continuità del percorso di Bonifacio Angius, connettendo elementi già presenti nei suoi film precedenti e ampliandoli in una nuova direzione. La rivoluzione, in questo racconto, sembra spostarsi dall’esterno all’interno, dalla società all’individuo, dalle parole ai gesti quotidiani. Non è più promessa di cambiamento, ma esercizio di consapevolezza.
Disclaimer
Questo testo è stato redatto sulla base di informazioni e note di regia condivise dalla produzione, supportate dalla visione di interviste e materiali promozionali, ma senza avere visto il film. In alcun modo, quindi, questa presentazione di Confiteor può essere intesa come una recensione o una critica cinematografica.
Filmografia
Confiteor - Come scoprii che non avrei fatto la Rivoluzione
Drammatico - Italia 2025 - durata 93’
Regia: Bonifacio Angius
Con Bonifacio Angius, Antonio Angius, Giuliana De Sio, Edoardo Pesce, Geppi Cucciari, Simonetta Columbu
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