Hollywood si auto-satireggia da sempre, ma in genere il protagonista con cui siamo chiamati a empatizzare, scapicollandoci con lui dietro le quinte surreali della fabbrica dei sogni, è un regista, uno sceneggiatore, un attore, aspirante o affermato. Quasi mai è un produttore, o uno studio executive - rara eccezione: I protagonisti di Robert Altman, che infatti è l’esplicita musa di Seth Rogen e Evan Goldberg per la creazione di The Studio. Dal memorabile incipit in pianosequenza di quel film prendono l’impostazione formale, dal suo protagonista il nome del tremendo CEO Griffin Mill (la guest ricorrente Bryan Cranston, che in ogni sua scena ci ricorda quanto sia un attore comico sopraffino) e l’idea di adottare come punto di vista quello di chi, in questi casi (e in molti altri), è solitamente il “villain”: il capo dello studio, la persona con il potere di vita e di morte su un film.

Ma se il Griffin Mill di I protagonisti era un bastardo, il Matt Remick di The Studio, che Seth Rogen si auto-cuce su misura, invece no: è soprattutto un cinefilo appassionato, che ama il grande schermo con intensità travolgente, che adora il cinema d’autore e nutre profonda reverenza per la Storia di Hollywood. È anche, purtroppo, un narcisista privo di spina dorsale, governato dall’ossessione di piacere a tutti e a tutti i costi, il tipo di persona in grado di dire, ad alta voce, «sto salvando il cinema da solo» e di crederci, o di sostenere a un tavolo di medici che fare film sia più importante che curare il cancro.

E che, una volta raggiunta l’ambita posizione di capo dei fittizi Continental Studios, non vi rinuncerebbe per nulla al mondo. Sta già nella duplicità del suo tragicomico antieroe la forza di The Studio, una delle migliori comedy dell’anno: in dieci episodi (invero altalenanti, ma è spesso inevitabile con le sitcom, e questa, nonostante le apparenze “prestige”, lo è in tutto e per tutto) tratteggia un ritratto precisissimo e impietoso dell’industria cinematografica d’oggi, reso ancora più autentico da una cornucopia di nomi celebri nel ruolo di se stessi; un’industria in drammatico stato di crisi per l’assalto dilagante delle big tech (perfino Ted Sarandos di Netflix si presta a un’apparizione!), ripiegata sullo sfruttamento parossistico di proprietà intellettuali e sul terrore cieco di finire preda di una shitstorm sui social.

Ma, nello stesso tempo, The Studio è tutto fuorché un’irrisione cinica e disillusa di un’arte in decadenza (il rischio che correva, spesso, la quasi coeva The Franchise): proprio come Matt, è intrisa in ogni fotogramma di un amore puro e genuino per il mondo di cui parla, di una devozione sconfinata per la magia del cinema - e la tragedia di un uomo ridicolo, com’è il nostro Remick, è quella di finir sempre per rovinare ciò a cui tiene di più. Anche l’adesione totale al long take frenetico e articolato è insieme strumento comico - una comicità spesso dell’ansia, dell’imbarazzo - e omaggio a cuore aperto all’atto del filmmaking, così come gli episodi più memorabili (gli iper meta Il pianosequenza, La bobina scomparsa, I Golden Globe) insieme dissacrano e perpetuano il mito. Alla fine, sta tutto in una sola parola, «movies!», col punto esclamativo: trucco e incantesimo, creazione sublime e paccottiglia, allo stesso tempo.
La serie tv
The Studio
Commedia - USA 2025 - durata 24’
Titolo originale: The Studio (2025)
Creato da: Alex Gregory, Peter Huyck, Evan Goldberg, Frida Perez, Seth Rogen
Con Seth Rogen, Peter Berg, Catherine O'Hara, Dave Franco, Peter Huyck, Evan Goldberg
in streaming: su Apple TV+
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