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Il problema dei 3 corpi

1 stagioni - 8 episodi vedi scheda serie

Recensione

Stagione 1

  • 2024-2024
  • 8 episodi

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mck

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La recensione su Il problema dei 3 corpi

di mck
8 stelle

Escatologia in scala ridotta.

 

La prima avvisaglia del fatto che con questa “3 Body Problem” (2024) made in Netflix (che in Cina non c’è) creata e sviluppata da David Benioff (la sceneggiatura del “25th Hour” diretto da Spike Lee nel 2002 che lo scrittore trasse dal suo stesso quasi omonimo romanzo dell’anno prima) & D.B. Weiss (gli ideatori del “Game of Thrones” tratto dalla saga delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R.R. Martin, oggi forse ancora al lavoro sempre per i capoccia di Los Gatos, California, sulla riduzione – mai parola probabilmente sarà e fu più letteralmente calzante – di “the Overstory”, il monumentale e magnifico romanzo di Richard Powers del 2018) con Alexander Woo (“True Blood”, “the Immortal Life of Henrietta Lacks”, “the Terror: Infamy”) e l’apporto di Rose Cartwright e Madhuri Shekar – al quale è affidata la stesura del copione più problematico dal PdV della sospensione dell’incredulità - non fantascientifica, ma - puramente (crono)logica degli avvenimenti (vedi più sotto) – ci si ritrova non innanzi a un financo piccol(issim)o, parziale o accennato capolavoro…

– come, contestualizzando il tutto con lo stato dell’arte sua consimile, non così impossibilmente poteva essere, pur partendo dalla non così rivoluzionaria quanto invece giustamente premiata dalle tirature e dalle ristampe trilogia degli “Eventi del Passato della Terra” (2007-2010) di Liu Cixin (1963), utilizzando per questa 1ª stag. di 8 ep. — diretti da Derek Tsang (“Better Days”), Andrew Stanton (“Finding Nemo”, “Wall-E”, “Finding Dory”, “Stranger Things”, “Better Call Saul”, “Legion”, “Tales from the Loop”, “For All Mankind”, “In the Blink of an Eye”), Minkie Spiro (“One Mississippi”, “Here and Now”, “Better Call Saul”, “Kidding”, “the Deuce”, “the Plot Against America”, “Pieces of Her”) e Jeremy Podeswa (“the Five Senses” e tra la miglior serialità dell’odierna Età dell’Oro della Complex/Peak/Prestige TV: molti ep. per “Six Feet Under”, “BoardWalk Empire” e “Game of Thrones”, ed alcuni in vertiginosa lista per “Carnivàle”, “the L Word”, “Weeds”, “the Pacific”, “the NewsRoom”, “Ray Donovan”, “True Detective”, “Here and Now”, “the HandMaid’s Tale”, “On Becoming a God (in Central Florid)a”, “the Mosquito Coast”, “Station Eleven” e “the New Look” — il 1° libro (già trasposto per il piccolo schermo nel 2023 in un adattamento in 30 ep. curato da Tian Liangliang), ovvero “(il Problema dei) Tre Corpi”: siamo in zona Peter F. Hamilton con venature alla Stephen Baxter e Alistair Reynolds, non in quella ben più, semplicemente, meravigliosa, creata da Iain M. Banks col Ciclo della Cultura, da David Brin con l’Uplift Universe o Vernor Vinge con le Zones of Thought (o ancora le varie serie di Eleanor Arnason, Greg Bear, Gregory Benford, Greg Egan, Nancy Kress, Robert J. Sawyer, Charles Sheffield, Allen Steele, Peter Watts) –

…la si presagisce (e percepisce) già dalle prime note della sigla d’apertura, che si presenta come un impersonale, o, forse, troppo personale, tentativo di crasi (in cui 2 più 2 fa 2) ricavato da parte di Ramin Djawadi fra i suoi lavori precedenti orchestrati per “Game of Thrones” e “WestWorld”: tutto già sentito (visto, letto), anche se poi alla fine il divario tra cinema (messa in scena, recitazione, fotografia, effetti speciali) e letteratura non è così evidente, ma comunque a sfavore del primo rispetto alla seconda, come invece al contrario di recente è successo con l’adattamento miniseriale euro-tedesco di “Der Schwarm”, l’eccellente romanzone del 2004 di Frank Schätzing, e un po’ meno con quello di “the Peripheral” di William Gibson da parte di Scott B. Smith per Amazon, non rinnovato (anche quella dell’autore di “Neuromancer” è una trilogia, quindi “Agency” e l’in via di scrittura “Jackpot” rimarranno - ad oggi - di carta e d’inchiostro).

“Spooky action at a distance.” 

La scienza è rotta (l’entanglement quantistico è sabotato… da remoto, e di conseguenza le "inquietanti azioni a distanza" einsteiniane si manifestano nella macro-realtà su scala umana - così come, ma forse con meno costrutto e molta naïveté e con un uso poco ponderato e più contraddittorio di scorciatoie, semplificazioni, forzature ed impossibilità, nella recente e coeva "Constellation" - con tutto il loro carico perturbante) e di conseguenza il progresso umano (dagli acceleratori di particelle a scalare) ne esce enormemente rallentato, gli alieni trisolariani (la cui civiltà viene periodicamente quasi completamente spazzata via da catastrofi naturali provocate dalla ciclica instabilità caotica ed imprevedibile del sistema solare composto da tre stelle…

[Cliccare sull’immagine PNG per avviarne l’animazione GIF by Wikipedia.]

[Pesa quasi 55 megabyte, quindi se siete dei poveri straccioni e non avete la larga banda renziana ci vorrà un bel po’, ma ne sarà valsa la pena.]

 

…attorno alle quali orbita il loro pianeta: calcolare i punti di Lagrange al confronto è una passeggiata) sono in viaggio per, tra quattro secoli, conquistarci e colonizzarci e, tra citazioni iper-letterali declamate (“In nature, nothing exists alone”, da “Silent Spring” del 1962 di Rachel Carson) ed altre più di forma e stile che di sostanza e contenuto (“the Eye on the Sky” del 1957 di Philip K. Dick), passando per altre ancora meno evidenti, ma più “profonde” (“Childhood's End” del 1953 di Arthur C. Clarke), senza scordare massime proverbiali rivisitate sotto forma di joke (“Non scherzare – play: giocare, recitare, suonare – con Dio”, protagonisti proprio Albert Einstein, il Dio dell’Antico Testamento, un violino, un sassofono e una gag comico-demenziale), la serie procede ad andatura di crociera, ed è un pisolante piacere lasciarsi cullare dal rollio, cadenzato da qualche provvidenziale cavallone, al netto di un montaggio scolastico e alcune volte fuori tempo col controcampo e dell’impossibilità logica rappresentata dal fatto che, dopo anni di conversazione istantanea a 4 e passa anni luce di distanza grazie alla correlazione quantistica espressa dal principio di sovrapposizione dei sofoni (che nelle 3 dimensioni spaziali di questa zona di universo – e torniamo a Vernor Vinge – appaiono quali una variante dei protoni) solo “qui ed ora” (vedi più sopra) i trisolariani scoprono che gli esseri umani possono mentire, nel caso specifico attraverso l’arte – in questo caso il racconto (favola/fiaba) – quale “bugia su di un bugiardo” (la kubrickiana “fotografia della fotografia della realtà”, ovvero il cinema).

 

“Non avrei mai immaginato che la nudità potesse finire con l’annoiarmi.”

 

Il cast mediamente è buono, tra prove convincenti – Benedict Wong (“Sunshine”, “Moon”, “Prometheus”, “Annihilation”), Jess Hong (“Inked”), Alex Sharp, Rosalind Chao & Zine Tseng (rispettivamente Ye Wenjie da adulta/anziana e da ragazza), Jovan Adepo, Marlo Kelly, CCH Pounder e Jonathan Pryce, ripescando poi Davos Seaworth, Samwell Tarly e Lord Varys da “Game of Thrones”: Liam Cunningham in un ruolo da protagonista, John Bradley in uno da co-protagonista e Conlet Hill (“Dublin Murders”, “Holding”) in un gustoso cameo nei panni di Ugo Boncompagni aka Papa Gregorio XIII – ed altre più incerte (Eiza González, Sea Shimooka, Saamer Usmani).

 

Non nuova (si pensi a "quel romanzo" - a memoria dovrebbe essere "Illegal Alien", ma potrei sbagliarmi - di Robert J. Sawyer, a "the Cube" di Vincenzo Natali, eccetera eccetera), ma comunque impressionante (oltre che dal PdV tecnico-scientifico e, ovviamente, da quello morale, anche e soprattutto da quello etico) la lunga sequenza della nave (e dei suoi occupanti) passata attraverso il tagliapatate a nanofibre.

Ciò che mi rende umanamente impossibile andare sotto al giudizio di 7.25 (***½ - ***¾) è l’autentica commozione provata al dispiegamento della vela fotonico-solare (si pensi anche alla 3ª stag. di “For All Mankind”) nell’assolut’assenza di sviluppo e propagazione di onde sonore nel semi-assoluto vuoto dello spazio interplanetario oltre l’orbita terrestre: tanto (che tanto è) basta per rendermi oltremodo simpatica quest’escatologia in scala ridotta (cioè locale, "con le regole assegnate a questa parte di universo", per citare il poeta: in questo caso Battiato, non Vinge) che porta il nome di “3 Body Problem” (e il cui prosieguo con una 2ª stag. - ma per portare a termine compiuto l'intera trilogia ce ne vorrebbero forse 5, anche se già con questa l'accelerazione e la condensazione sono massime: a tal proposito occorrerebbe ribadire che la versione cinese di ep., ognuno più o meno della stessa durata media di quest’euro-statunitense, ne contava 30 - parrebbe oggi come oggi - e al netto quindi delle diverse fortune al botteghino/auditel di qua e di là dell'Atlantico - abbastanza scontato).

 

“Agl’insetti!”, allora.

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