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Constellation

1 stagioni - 8 episodi vedi scheda serie

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La recensione su Constellation

di mck
6 stelle

Mir idet naoborot.

 

Il mondo al contrario.

L’Hard SF è una cosa (essenzialmente seria) e “Constellation” (genere: fantascienza; sottogenere: astronauta; sotto-sottogenere: ritorno sulla Terra e qualquaglia non roba, qualquadra non stuff e qualtorna non cosa) è (costitutivamente quasi tutta) un’altra roba (creata e sviluppata da Peter Harness, al suo primo progetto importante in solitaria, basandosi s’una concezione originale di Sean Jablonski) che alla fine dell’8° ed ultimo ep. di questa 1ª stag. (le regìe sono di Michelle MacLaren, Oliver Hirschbiegel e Joseph Cedar) ti fa sbuffare su quanto Apple abbia sprecato soldi (“propri”) e (potenziali) potenzialità (altrui) e al contempo una vocina nella testa ti dice che se ci fosse (com’è probabile che ci sia/sarà) una 2ª stag. lo sai benissimo che, vergognandoti apertamente, non te la lasceresti certo scappare nell’oblio dei giorni.

 


Ma partiamo dai macro-aspetti positivi, due o tre:
- il cast, condotto da Noomi Rapace (la Lisbeth Salander originale, e poi Prometheus, Passion, What Happened to Monday, Dýrið / Lamb, You Won't Be Alone, Django) in realzione più o meno diretta con Jonathan Banks (“Breaking Bad”, “El Camino”, “Better Call Saul”), James D’Arcy (Master and Commander, Dunkirk, Oppenheimer), Barbara Sukova (Berlin Alexanderplatz, Lola, Europa, M. Butterfly, Servant, White Noise), William Catlett, Julian Looman e le piccole Davina e Rosie Coleman che interpretano le 2 versioni di Alice di qua e di là dello specchio (nell’armadio);
- la commozione che mi prende facile quando (è successo recentemente con la 3ª stag. di “For All Mankind” e con la la 1ª stag. di “3 Body Problem”, in entrambi i casi per la distensione di una vela solare) in situazioni cinematografiche ambientate nel vuoto para/semi-assoluto interplanetario, interstellare e intergalattico vi è l’assolut’assenza di sviluppo e propagazione di onde sonore, anche se poi per altri versi, ad esempio per quanto riguarda la ISS, si parla di “assenza di gravità” e non di “gravità zero” dovuta alla forza inerziale prodotta dalla perenne traiettoria in apparente caduta libera che contrasta e annulla la forza di gravità locale generata dalla Terra al contempo mantenendola in costante orbita bassa senza farla fuggire via tangenzialmente, ma va beh, dai, suvvia;
- le musiche di Ben Salisbury, in particolare la “Lullaby” con Suvi-Eeva Äikäs.

 


Detto ciò, inquadrare insieme un gatto vivo e un gatto morto (ci mancava solo il primissimo piano sulla medaglietta col nome “Schrödinger” in rilievo) per rappresentare il principio di sovrapposizione dell’entanglement quantistico è, come dire, un filino didascalico (molto meglio invece alcune altre messe in scena delle interferenze del multiverso, sabotate però dal PdV delle scelte logiche dell’agire compiute dai personaggi, o financo Jurij Gagarin e il suo “gemello”, novantenni, imprigionati in un manicomio post-sovietico e neo-zarista, cioè putiniano), ecco, e ben rappresenta il generale “senso” della serie, che piega le brane della meccanica quantistica sino a ricavarne un origami indovino inferno/paradiso con la morale da biscotto della fortuna (la semplificazione - a volte, dipende - non paga) che recita “accetta il purgatorio” (in attesa per l’appunto di una o più ulteriori stagioni che - “come” in “Dark” - dipanino, risolvano e spieghino i quesiti rimasti aggrovigliati, irrisolti ed aperti).

 


Appendice: florilegio minimo di astro/cosmo-naute cinematografiche recenti:
- Gravity (Alfonso & Jonás Cuarón, 2013);
- The Whispering Star (Sion Sono, 2015);
- AstroSamantha (Gianluca Cerasola, 2015);
- High Life (Claire Denis, 2018);
- Lucy in the Sky (Noah Hawley, 2019);
- Proxima (Alice Winocour, 2019);
- Away (Andrew Hinderaker & Chris Jones, 2020);
- Das Signal (AA. VV., 2024).

Mir idet naoborot.

* * ¾ - * * * (¼)   

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