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COSA RESTERA' DI QUESTO 2023 CINEFILO - 10, anzi 15 buoni motivi per continuare a credere che il tempo speso al cinema si sia rivelato un ottimo affare.
di alan smithee
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Foglie al vento (2023): locandina

Il Far East di Udine ad aprile; poi il Festival di Cannes a metà maggio; da fine agosto tocca lla Mostra veneziana. 

Ad ottobre ho dovuto rinunciare alla Festa romana (le ferie scarseggiano e al sottoscritto piace pure viaggiare...) e fine novembre a Torino per le opere prime e seconde, e per recuperare i film persi a Berlino e Locarno.

Il calendario di un cinefilo è scandito principalmente dai festival che si susseguono.

Ma, nel caso di chi scrive, la vicinanza con la Costa Azzurra, e con una città come Nizza, ove le sale cinematografiche abbondano di proposte d'essai, costituisce un buon supporto a scapito di un ponente ligure piuttosto povero di iniziative in capo cinematografico.

Anche per il 2023 che si va a concludere, riuscire a condensare il bello di una stagione in 10 film (che poi finiscono inevitabilmente per diventare 15 per incapacità di rinunciare ad almeno una manciata di gioielli indimenticati), è un'impresa ardua, e forse anche fine a se stessa.

Tuttavia un'opera di segnalazione soprattutto riguardo a quei titoli che ancora non sono stati considerati da nessun tipo di fruizione, potrebbe forse aiutare ad indirizzare gli utenti interessati a fissarsi qualche titolo che forse potrebbe suscitare anche in loro sentimenti di entusiasmo o quanto meno di condizisione.

Qui di seguito, in ordine di "affetto", più che di giudizio di sintesi, la splendida ammucchiata.

Buone Feste e auguri a tutta la community.

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La zona d'interesse (2023): locandina

1) FOGLIE AL VENTO, di Aki Kaurismaki

La grandezza di Kaurismaki sta nella capacità di trasformare la semplicità in magia, che si traduce nell'indurre lo spettatore ad un sentimento misto tra commozione e divertimento assieme, senza che lo stesso possa mai vergognarsi di provare assieme tutta questa splendida commistione e spesso antitesi di sensazioni.
Fallen Leaves si rivela, a giudizio personale di chi scrive, come il film più potente di tutto il Concorso a Cannes, e quello che più di tutti avrebbe meritato l'ambita Palma d'Oro al Concorso cannese, sia come opera singola, sia come inevitabile coronamento di una lunga carriera piena di piccoli inestimabili gioielli cinefili che scandiscono la carriera di questo straordinario cineasta che è Aki Kaurismaki.

Tratto dall'omonimo romanzo di Martin Amis, la nuova tanto attesa fatica cinematografica di un regista poco prolifico, ma quasi sempre determinante e fondamentale come è Jonathan Glazer, devasta e scuote per la capacità di accostare così seraficamente e maliziosamente un paradiso concepito ad uso e consumo della classe dominante, ed un inferno di realtà ovattata di cui si intravedono o solo percepiscono i sinistri risultati di una azione di persecuzione razziale che mai ha avuto precedenti simili nella storia dell'umanità.

Nel film inevitabilmente e placidamente inquietante di Glazer, i due mondi contrastanti e così ravvicinati creano paradossi insostenibili che la regia sapiente riesce a rendere evidenti ma anche conniventi con una pacifica rassegnazione da una parte, e la ferma convinzione di essere protagonisti di una azione dovuta e necessaria, dall'altra.

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The Beast (2023): locandina

Liberamente tratto dalla novella "La bestia della giungla" di Henry James, il gran film di Bertrand Bonello è incentrato sulla circostanza che le emozioni costituiscano un pericoloso ostacolo, quasi un tallone d'Achille, in un futuro ove tutto ciò che non può preventivarsi costituisce in problema.
La purificazione pertanto richiede un viaggio nel tempo, che diviene, per la magnifica protagonista, la straordinaria Léa Seydoux, l'occasione per rivivere paure, errori e emozioni imperdibili relative ad esistenze passate.
on La bête ci troviamo dinanzi ad un Bonello quasi lynchano, nel film cult più controverso, scostante, indecifrabile e geniale del concorso.
Un ritorno al cinema che esalta e commuove quello di Victor Erice, immenso cineasta assente da troppo tempo.

Erice, nella sua elaborazione complessa ma stimolante, composta da capitoli che si aprono vorticosamente l'uno dentro l'altro seguendo una incalzante suggestione narrativa, riabilita le sorti di una fantasmagorica pellicola in qualche modo maledetta, sempre al centro di notizie fuorvianti legate alla misteriosa sparizione dell’attore e per nulla incentrate sulla qualità intrinseca del lavoro.

Quasi come a voler suggellare l'importanza testimoniale che anche il cinema può offrire per ricostruire elementi cancellati ma fondamentali per chiarire le dinamiche di una scomparsa.

Il risultato di questa nuova opera di Victor Erice, come già accennato, è straordinario, commovente, e pudicamente celebrativo di un’arte narrativa che dimostra virtù terapeutiche insperate e dagli effetti pratici quasi miracolosi.

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Inside the Yellow Cocoon Shell (2023): locandina

5) INSIDE THE YELLOW COCOON SHELL, di Thien An Pham

Ci troviamo di fronte ad un film che impiega del tempo a catturare lo spettatore, conducendolo in un percorso in cui poco per volta la magia rarefatta del paesaggio entra nel personaggio del protagonista, ma anche nell'immaginario di chi guarda il film, partecipando non troppo passivamente ad una metamorfosi in cui Thien si ricongiunge con l'anima del fratello attraverso l'ambiente circostante.
Correttamente individuato tra i film del festival di Cannes come l'opera prima più originale e stupefacente, il film di Pam Thien An ci conduce verso luoghi magici e situazioni surreali che ci ricordano lo stile del regista thailandese Apichatpong Weerasethakul, accomunato a questo talentuoso esordiente da un paesaggio primordiale mozzafiato che aiuta a creare le suggestioni più opportune per poter favorire una integrazione completa del corpo e dello spirito con i segreti di un luogo puro e superiore a cui normalmente la superficialità umana non può minimamente avvicinarsi, impedendogli emozioni uniche come la visione dell'albero dalle farfalle d'oro che sta al centro della complessa esperienza vissuta dal sensibile protagonista.

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Living Bad (2023): locandina

Il malessere esistenziale che colpisce dapprima le cinque donne che si ritrovano a gestire la struttura dopo la morte del titolare (Mal viver), e poi i disagi emotivi, le depressioni e le gelosie che colgono alcuni tra i clienti della struttura (questo Viver mal).

Il ritorno di un grande autore portoghese, in un progetto lungo oltre quattro ore, aggiudicatosi l'Orso d'argento - Premio della Giuria alla Berlinale 2023.

Un film unico che andrebbe forse visto al contrario, per essere meglio compreso, presentando prima le storie di vita degli ospiti, per poi concentrarsi sul dramma delle cinque donne coinvolte loro malgrado nella gestione dell'hotel.

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Bad Living (2023): locandina

7) DO NOT EXPECT TOO MUCH FROM THE END OF THE WORLD, di Radu Jude

Radu Jude, col suo bianco e nero sporco a cui alterna il colore candido delle scene estratte dal vecchio film del 1981, sfodera tutta la sua verve sarcastica per mettere a confronto due mondi distanti ben più di un quarantennio che in realtà li separa, ma anche molto simili nella necessità che la società odierna, frenetica e mossa solo da intenti speculativi e capitalistici, manifesta in modo inequivocabile ad ogni occasione.

E del problema di una più adeguata sicurezza sul lavoro rimangono solo perpetue ed immobili, pur consunte anch'esse dal tempo che scorre, le lapidi dei molti lavoratori vittime di incidenti mortali, anime sacrificali di un processo di crescita virtuale che il capitalismo moderno e la smania commerciale di vendere servizi, più che materialità, finisce per lasciarsi dietro.
Un film che nelle sue quasi tre ore di lunghezza riesce a trasformarsi, poco per volta, in qualcosa di dirompente, fino a quell'interminabile piano sequenza della ripresa dello spot che ricollega il cinema più attuale di Radu Jude al suo notevole film degli esordi The happiest girl in the world (2009), un titolo non meno sarcastico di questo suo ultimo film, e che appare molto in linea con la tendenza del regista a provare come minimo un senso di disagio di fronte all'afflato consumista e allo svuotamento di contenuti che il progresso spasmodico del vivere quotidiano comunica e suggerisce come soluzione utile per cavalcare l'onda del successo, conquistando visibilità e consensi.

Dilemmi morali e pratici e confronti tra mondo civile ambizioso ed arrogante e abitudini locali schiette e sagge, lasciano il posto ad una tragica svolta del tutto inattesa.

Il film di Hamaguchi infatti, nel suo ultimo quarto d'ora, cambia completamente registro con una svolta mistery che in qualche modo riesce a dare almeno un significato preciso al titolo enigmatico con cui l'opera si accompagna.

Evil does not exist costituisce il ritorno in regia di Ryusuke Hamaguchi, che conferma la sua levatura di grande autore in grado di spiazzare ancora una volta lo spettatore con una storia che parte lento, riflessiva, quasi accomodante nel cercare soluzioni che forse nemmeno esistono, ma che poi spiazza e sconvolge quando il dramma si materializza attraverso una tragedia apparentemente senza spiegazione.

Vedere per credere.

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Il male non esiste (2023): locandina

9) KILLERS OF THE FLOWERS MOON, di Martin Scorsese

E' nuovamente un grande film questa più recente opera di Martin Scorsese, che si fa coadiuvare saggiamente, in veste di sceneggiatore, dalla fluida capacità narrativa dell'ampiamente sperimentato sceneggiatore Eric Roth, e che fa seguito all'altro capolavoro indiscusso di quattro anni prima, ovvero l'altrettanto monumentale e difficile da realizzare The Irishman.

Nonostante la sin troppo puerilmente discussa pseudo problematica della lunghezza, il film riesce a far presa per il coinvolgimento con cui la vicenda finisce per inserirsi nell'animo dello spettatore, per la capacità del regista di alternare splendide ricostruzioni storiche e paesaggistiche, a momenti repentini di violenza che rendono perfettamente l'idea del devasto morale di una società ormai solo più legata a tematiche ed argomentazioni di profittabilità economica, e completamente avulsa da ogni più lontano legame con I sentimenti di una cristianità tanto sbandierata quanto completamente lasciata alla deriva.

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Killers of the Flower Moon (2023): locandina

10) IO CAPITANO, di Matteo Garrone

Con "Io capitano" Matteo Garrone firma il suo progetto ad oggi più ambizioso ed importante, e ci racconta per filo e per segno la via crucis che, in termini frammentari la stampa in po' ci ha già raccontato per vie sommarie, ma che con questo film ci vengono riproposte in tutta la sua più cruda, realistica e veritiera drammaticità.

Garrone utilizza uno stile di racconto asciutto, limpido, che punta al realismo più concreto senza mai nemmeno sfiorate la retorica, assemblando le disperate dinamiche di un esodo impossibile senza mai rischiare di sfiorare quel senso di accumulo che, anche solo a provare a raccontare a voce la storia di Seydou e Moussa, si rischierebbe di oltrepassare. Garrone ricorre ad un solo momento onirico, quello del volo della viaggiatrice agonizzante nel deserto, opportuno ed utile proprio per evitare che il dramma sfoci in patetismo.

E il viaggio si dipana in tutto il suo assurdo e crudele evolversi, fino ad una fine, che poi in effetti è in realtà un nuovo inizio, o tutto fuorché una fine.

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Io capitano (2023): locandina

11) IL CIELO BRUCIA, di Christian Petzold

Il nuovo, bellissimo film di Christian Petzold è una boccata di ossigeno genuina, a tratti sin azzardata, ma perfetta, in grado di scaldare il cuore arrischiandosi felicemente verso gli impervi sentieri della denuncia ecologica, scagliandosi anche in modo netto e preciso come un bisturi affilato, contro il pregiudizio e la presunzione che, troppo spesso, impediscono a chi ne è condizionatodi cogliere il meglio della propria ispirazione ed eventuale genuinità.

Un film stupendo, arguto ma anche in grado di scaldare il cuore, e che a tratti evova la limpidezza e genuinità di messaggio del cinema del grande Rohmer. Ottimi interpreti, tra cui spiccano i due "antagonisti" Thomas Schubert e la sempre incantevole Paula Beer.

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Il cielo brucia (2023): locandina

Altro colpo di genio da parte del brillante affabulatore ed incantatore argentino Mariano Llinás, produttore e regista di opere stravaganti e genialoidi come l'indimenticato, fluviale e narrativamente sfrenato La Flor.

Llinás intende girare un documentario sulla figura di Clorindo Testa, famoso architetto "brutalista" italiano naturalizzato argentino, le cui opere eccentriche e non propriamente belle si distinguono in tutta la metropoli di Buenos Aires e non solo.

Poi cambia idea, e Clorindo Testa si trasforma in un film su se stesso, su un apparente disordine mentale e progettuale in cui si nascondono affascinanti retroscena intimi e personali di un gran cantastorie ed incantatore che finisce sempre per prendere in giro il suo pubblico adorante, regalandogli ogni volta qualcosa per cui gioire, almeno cinematograficamente parlando e scrivendo.

Più che un semplice falso documentario, una vera genialata goliardica.

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Clorindo Testa (2022): locandina

13) EXPLANATION FOR EVERYTHING, di Gábor Reisz

Per giustificare il proprio fallimento scolastico, un ragazzo adduce tale bocciatura al fatto che il professore non abbia gradito che il giovane si sia presentato in aula con una giacca forgiata della coccarda dedicata alla festa nazionale. Scoppia pertanto una polemica a livello nazionale, ben oltre il fine e le aspettative dell'ingenuo studente.

Il bel film di Gábor Reisz, già noto per i suoi precedenti For some inexplicable reason (2014 visto al TFF 32) e Bad Poems (2016 visto al TFF 36), utilizza un piccolo cavillo in grado di dividere e suscitare scalpore, per mettere a nudo alcune ferite ancora presenti in un paese ancora molto diviso in relazione al suo recente passato, alle prese con una incerta identificazione della propria identità nazionale.

Coerentemente premiato in sede alla sezione Orizzonti, Explanation for everything si è rivelato una delle sorprese più apprezzabili e fresche di Venezia 80.

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Explanation For Everything (2023): locandina

14) THE CAINE MUTINY COURT-MARTIAL di William Friedkin

L'ultimo lavoro del recentemente compianto, geniale William Friedkin è un lavoro televisivo incalzante e impeccabile, e pure cinematograficamente molto raffinato.

Il film è un remake attualizzato e ricondotto alla pura dinamica processuale, di in celebre film con Bogart diretto da Edward Dmytryk nel 1954, in cui, ancora una volta, il grande regista dà prova di amare i contesti giuridici e la dinamica della risoluzione legale, ancora una volta rivelatrice e dirimente, non meno che nell'altro riuscito remake de La parola ai giurati, diretto nel 1997 sempre per la TV, e coerente anche con lo sviluppo processuale del controverso ma notevole Rampage, diretto da Friedkin nel 1987 ed incentrato sul dilemma della applicazione della pena di morte.

The Caine Mutinity Court Martial di Friedkin si rivela un lavoro solo apparentemente semplice e schietto, ma anche verosimilmente ed amabilmente retorico fino a risultare attanagliante.

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The Caine Mutiny Court-Martial (2023): locandina

15) ROBOT DREAMS, di Pablo Berger

Tratto dall'omonimo fumetto di Sara Varon, il nuovo film di Pablo Berger, indimenticato regista spagnolo dello straordinario Blancanieves (2012) e di Abracadabra (2017) torna in regia in un film di animazione dai tratti semplici che delineano una società anni '80 popolata da specie animali antropomorfi, perfettamente integrate in un contesto euforico ed esaltato che descrive benissimo i sentimenti e gli umori di quei primi anni '80 negli States.

Ma il film è anche, anzi soprattutto, un inno all'amicizia che riesce a rivelarsi intimo e profondo pur apparentemente restando in superficie, forte soprattutto nel suo finale inconsueto e tutt'altro che consolatorio, utile a spiegare come spesso nella vita amocizie e conoscenze possano essere interrotte da eventi o situazioni che ci impediscono di portare avanti una relazione anche perfetta ondai toni idilliaci. Berger firma un nuovo piccolo gioiello in grado di provocare divertimento e insieme commozione, senza tuttavia mai risultare ruffiano o troppo melenso.

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Robot Dreams (2023): locandina

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