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Gli anni delle immagini filmate: Valerio Zurlini
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Gli anni delle immagini filmate: Valerio Zurlini

In cinquantasei anni di vita e trentatré di travagliata attività cinematografica, Valerio Zurlini (1926-1982) ha girato otto splendidi lungometraggi e una manciata di cortometraggi-documentari pressoché invisibili. Dapprima corteggiato, poi frenato e infine ostacolato dai produttori a causa del suo presunto perfezionismo, il cineasta e sceneggiatore nato a Bologna si è visto scippare soggetti preziosi (quello di Guendalina, slealmente affidato da Carlo Ponti alla regia di Lattuada), bocciare sceneggiature di grande fascino ambientale e morale (La zattera della Medusa e Il sole nero) e infine bloccare progetti già avviati per inopinate difficoltà finanziarie (Verso Damasco, interrotto a sopralluoghi effettuati). Ciononostante, dopo il promettente esordio delle Ragazze di San Frediano (1954), film su commissione che corregge i moduli della commedia all'italiana con misurati tocchi di malinconia, Zurlini ha dato vita ad alcuni ritratti umani e territoriali di struggente esattezza, frequentando le stagioni dell'adolescenza, della crescita e della maturità con immutata sensibilità. Da estate violenta (1959) al Deserto dei tartari (1976) passando per La ragazza con la valigia (1961), Cronaca familiare (1966) e La prima notte di quiete (1962), il cinema di Valerio Zurlini si è spinto sempre più avanti nella definizione di un mondo in cui le illusioni adolescenziali si tramutano dolorosamente in disincanto e in sradicamento esistenziale, facendo degli spazi rappresentati (la costiera adriatica, Firenze, la Grecia, l'Africa coloniale) la cassa di risonanza dei dissidi interiori dei personaggi. Un cinema di sofferta eleganza e vulnerata malinconia, permeato di suggestioni pittoriche (Rosai, Burri) e letterarie (Pratolini, Buzzati) interpretate alla luce di una poetica irriducibilmente personale. Di seguito, tralasciando il debutto su commissione, i sette film che Zurlini ha lasciato in eredità al cinema italiano e non solo.

Playlist film

Estate violenta

  • Drammatico
  • Italia
  • durata 100'

Regia di Valerio Zurlini

Con Jean-Louis Trintignant, Eleonora Rossi Drago, Lilla Brignone, Raf Mattioli

Estate violenta

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L'autentico esordio cinematografico di Zurlini a cinque anni dal primo film su commissione (Le ragazze di San Frediano, dall'omonimo romanzo di Vasco Pratolini). Tra racconto di formazione e mélo intergenerazionale, Estate violenta ci offre il primo ritratto zurliniano di un adolescente alle prese con l'autoritarismo della figura paterna e i palpiti di un sentimento anticonformista. A Riccione, Jean-Louis Trintignant ed Eleonora Rossi Drago ballano stretti sotto la minaccia dei bombardamenti dell'estate del 1943.

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La ragazza con la valigia

  • Sentimentale
  • Italia
  • durata 113'

Regia di Valerio Zurlini

Con Claudia Cardinale, Jacques Perrin, Romolo Valli, Corrado Pani, Gian Maria Volonté

La ragazza con la valigia

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Ancora le fragili illusioni dell'adolescenza, ancora una storia d'amore fuori dagli schemi del perbenismo. L'ingenuo Lorenzo (Jacques Perrin, attore prediletto da Zurlini) si infatua della spiantata Aida (Claudia Cardinale), adoperandosi generosamente per lei e andando incontro all'inevitabile delusione sentimentale. L'idealizzazione di Aida da parte di Lorenzo raggiunge il culmine sulle note dell'aria Celeste Aida quando lei, in un morbido accappatoio e con un asciugamano-turbante in testa, scende lo scalone di casa sotto lo sguardo rapito di lui.

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Cronaca familiare

  • Drammatico
  • Italia
  • durata 122'

Regia di Valerio Zurlini

Con Marcello Mastroianni, Jacques Perrin, Salvo Randone

Cronaca familiare

Tratto dall'omonimo romanzo di Vasco Pratolini e premiato col Leone d'oro alla Mostra del cinema di Venezia (ex aequo con L'infanzia di Ivan di Tarkovskij), è il film in cui si percepisce con maggiore nettezza la propensione zurliniana a riversare nell'immagine la cifra degli affetti. La storia di un fratello maggiore (Mastroianni) che stenta a comprendere le ragioni del più fragile e rinunciatario consanguineo (di nuovo Perrin) offre a Zurlini la possibilità di trasfigurare la lacerante inconciliabilità dei loro linguaggi sentimentali in inquadrature maestosamente struggenti. Il rimpianto e il rimorso hanno il sapore insieme aspro e dolce di una marmellata d'arancio cercata invano sotto la pioggia battente.

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Le soldatesse

  • Drammatico
  • Italia
  • durata 120'

Regia di Valerio Zurlini

Con Mario Adorf, Anna Karina, Lea Massari, Marie Laforêt, Valeria Morriconi

Le soldatesse

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La ferocia e la brutalità della guerra si abbattono su chi non può opporre resistenza: le donne e il territorio. Mortificate nella dignità le prime (costrette a prostituirsi sul fronte greco-albanese) e sfigurato nella sua identità il secondo (bombardamenti, mine e villaggi evacuati), Le soldatesse mostra la canagliesca prepotenza degli invasori fascisti, facendo piazza pulita del luogo comune "italiani brava gente". La sensibilità ambientale e la finezza descrittiva di Zurlini si esprimono in tutta la loro incisività nei desolati quadri paesistici (il film sembra risarcire la terra violentata grazie agli squarci consacrati al paesaggio). Da brividi l'epilogo con la citazione degli ultimi versi della Bufera montaliana: "Come quando/ ti rivolgesti e con la mano, sgombra/ la fronte dalla nube dei capelli,/ mi salutasti - per entrar nel buio".

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Seduto alla sua destra

  • Drammatico
  • Italia
  • durata 89'

Regia di Valerio Zurlini

Con Woody Strode, Franco Citti, Jean Servais, Pier Paolo Capponi

Seduto alla sua destra

Inizialmente concepito come un episodio di Amore e rabbia (o Vangelo '70), diventò un lungometraggio a sé stante quando Zurlini, appurata la scadente qualità degli altri episodi mentre stava ancora girando, si rifiutò di farsi coinvolgere nella catastrofe e lo dilatò per fargli raggiungere un minutaggio adeguato (89'). Leggermente viziato da una prospettiva declamatoria (si tratta di una rilettura cristologica in chiave terzomondista), la stridente messa in scena della violenza e la solita propensione zurliniana a trasformare lo spazio in cassa di risonanza del dramma (il film si svolge prevalentemente in una cella) lo rendono un film di forte tensione figurativa (pullula di riferimenti pittorici, da Caravaggio a Mantegna) e di tormentata spiritualità ("Ho semplicemente raccontato come la grazia possa arrivare in qualsiasi posto, in qualsiasi momento, attraverso qualsiasi sbaglio").

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La prima notte di quiete

  • Drammatico
  • Italia
  • durata 132'

Regia di Valerio Zurlini

Con Alain Delon, Giancarlo Giannini, Sonia Petrova, Renato Salvatori, Lea Massari

La prima notte di quiete

In streaming su Amazon Prime Video

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Parzialmente rinnegato dal regista stesso per i tremendi dissapori sul set con Delon, è stato il suo maggior successo commerciale e uno dei film più fortunati al botteghino del 1972. Parabola terminale di un eroe nero (Daniele Dominici) sedotto dalla malinconia senza rimedio di una sua studentessa (Vanina Abati), La prima notte di quiete è il film più incontrollato e in qualche modo autobiografico di Zurlini, che nel personaggio di Daniele riversa idealmente tutto se stesso. Un disperato mélo intriso di fascinazione per l'inverno adriatico e spudoratamente, maledettamente esistenziale: "Eppure in quest'uomo apparentemente alla deriva qualcosa di elegante e aristocratico resisteva con ostinazione: il modo parco e lento di muovere le belle mani dalle unghie perennemente bordate di nero, i lineamenti sottili e alteri del viso, il colore chiaro degli occhi e dei capelli, il sorriso quasi sempre assente, la distinzione naturale dei modi, l'aria timida di chi è - e tiene a rimanere - uno straniero nell'ambiente che lo ospita".

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Il deserto dei tartari

  • Drammatico
  • Italia
  • durata 150'

Regia di Valerio Zurlini

Con Jacques Perrin, Vittorio Gassman, Philippe Noiret, Francisco Rabal

Il deserto dei tartari

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L'ultimo film di Zurlini, non il suo capo d’opera probabilmente, è senz’altro il titolo più lucido e radicale di una filmografia scarna e orgogliosamente aliena dagli autorialismi tipici del cinema della modernità. Involontario cineasta d’intervallo (tra una pellicola e l’altra passano all’incirca tre anni), con Il deserto dei tartari Zurlini firma il suo testamento filmico, spingendo in pieno territorio nichilista quella poetica dell’assenza e dell’autodistruzione che caratterizza la fase conclusiva del suo cinema. Il regista trasforma la poderosa architettura della roccaforte di Bam (nel sud est dell’Iran) in un incorporeo santuario dell’assenza, un autentico “avamposto morto che si affaccia sul nulla”. E, spalleggiato dal direttore della fotografia Luciano Tovoli, fa del deserto un vero e proprio luogo della mente, una spazialità proiettiva generatrice di miraggi e minacce, desideri e timori, paure e speranze. Dominano i grigi, i marroni e i neri sotto un cielo innaturalmente azzurro: il nitore quasi metafisico della luce si fa vettore d’astrazione. L’inquadratura trascende in forma simbolica.

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