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Macabre

Regia di Kimo Stamboel, Timo Tjahjanto vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Macabre

di alan smithee
6 stelle

L'horror indonesiano ha i suoi capisaldi e la sua dignità, a cui questi due registi, dai nomi simili (Kimo & Timo) ed i cognomi complicati (rispettivamente Stamboel e Tjahjanto) – facilitati con un più accattivante “The Mo Brothers”, si attengono guardando alla tradizione classica americana di cult assoluti come Non aprite quella porta, a cui la storia alla fine si richiama in modo più o meno sfacciato e irriverente.

La vicenda parte in un modo astruso e sin complesso: una riappacificazione familiare tentata all'ultima ora, proprio alla vigilia in cui una neo famiglia, marito, moglie e nascituro in grembo, sta per lasciare la città e il paese per emigrare a Sidney, ove il futuro capofamiglia ha trovato un promettente impiego.

Per questo la coppia con alcuni amici decide di far sosta nel locale ove lavora la sorella dell'uomo per tentare la riconciliazione a tavola, prima di partire per l'aeroporto.

Tutto questo per arrivare ad incontrare, all'uscita del ristorante, mentre il gruppo è già in partenza per l'aerostazione, una giovane impaurita di nome Maya che chiede loro un passaggio, dopo essere – dice lei – stata vittima di una rapina.

Il gruppo la carica senza farsi problemi e la ragazza, timida e apparentemente sincera, li invita a entrare nella propria casa, una villetta in periferia, ove li attende una madre un po' eccentrica, ma apparentemente cortese.

Questo è solo il primo quarto d'ora perché l'oltre un'ora che seguirà non sarà altro che la cronaca di un massacro efferato senza pietà: inseguiti da una madre pazza che cerca di accelerare la nascita del neonato per farlo suo, il gruppetto troverà la morte tra seghe elettriche manovrate dall'erede non mascherato ma ugualmente folle ed inebetito di Leatherface, tra i coltelli del fratello psicopatico ed indistruttibile (ma chi non lo è in quella casa dell'incubo?) di Maya (è Arifin Putra, già visto ed apprezzato, cattivissimo ed inflessibile pure là, nel sequel di The Raid.

Una mattanza come da copione, sin troppo come da copione. Nulla di nuovo se non la figura di una madre, ancora giovane e bella, dallo sguardo allucinato, gli occhi nerissimi e cattivi come raramente si vede altrove ed un collo semovente che incute davvero terrore.

Nulla di più né di particolarmente insolito o nuovo. Aspettiamo la prossima occasione per avanzare giudizio su questi due fratellini d'arte a cui non manca certo la verve, ma a cui serve forse ancora uno stile personale da cercare per distinguersi dalla massa dei prodotti visibili ma nulla più.

 

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