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Ecco la felicità!

Regia di Marcel L'Herbier vedi scheda film

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La recensione su Ecco la felicità!

di scandoniano
8 stelle

Il banchiere Giordano è rinchiuso in un manicomio probabilmente per eccesso di filantropia, incastrato dagli eredi che vorrebbero incassare il suo enorme patrimonio. Quando questi riesce ad evadere, decide di elargire felicità, distribuendo danaro a coloro che ne hanno bisogno…

Il divo francese Michel Simon interpreta meravigliosamente Jourdain, italianizzato in “Giordano” (secondo la famosa prassi vigente durante il periodo fascista – e per cui tutti i cartelli sono trascritti in italiano, la valuta è la lira, e ci scappa addirittura un “camerata”!); un personaggio decisamente sui generis, protagonista di una commedia in cui si lascia intendere come la felicità non sia  frutto del benessere economico, ma si perpetra attraverso rapporti interpersonali e sentimentali appaganti.

Il tocco chirurgico di Marcel L’Herbier sfrutta molto il valore del dialogo (il film è verboso anziché no) e soffre di un’impostazione meramente teatrale (scene corali, scenografie oppressive), nonostante i numerosi, insistiti primi piani (retaggio di un giocoforza imperante divismo di stampo “griffithiano”) provino a spezzare una certa monotonia nel profilmico.

Il film, italo-francese, ha buona parte delle maestranze tecniche di nazionalità italiana (figurarsi che dietro la cinepresa c’è nientemeno che Mario Bava) ed è stato girato nel teatro Scalera di Roma. Il film ossequia il cinema ed il teatro dell’arte (tutta la seconda parte della pellicola narra della capacità affabulatrice della recitazione) e omaggia un’altra forma d’intrattenimento molto in voga  nei primi anni del secolo, ossia quella dei saltimbanchi dei baracconi (nella fattispecie il riferimento è alla chiromante ed al suo imbonitore). Anche le tematiche (la felicità “pirandelliana” intesa come illusione), nonché i sorprendenti prologo ed epilogo (che annunciano l’interruzione della proiezione del film “Ecco la felicità” stesso) sono figlie di un avanguardismo alimentato nella sua bontà da un’ambientazione onirica (rappresentata dalle maschere, anche qui pirandelliane), mista ad una serie di stoccate alla creduloneria popolare italiana coeva.

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