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Il capo perfetto

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Regia di Fernando León de Aranoa

Con Javier Bardem, Manolo Solo, María de Nati, Almudena Amor, Sonia Almarcha, Óscar de la Fuente, Fernando Albizu, Yaël Belicha... Vedi cast completo

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Trama

Una compagnia che produce bilance industriali in una piccola città di provincia spagnola attende l'imminente visita di un comitato che deve decidere se è degna di un premio per l'eccellenza: le cose devono dunque essere perfette quando sarà il momento. Tutto però sembra cospirare contro l'azienda. Lottando contro il tempo, Blanco cerca di ripristinare l'equilibrio all'interno della sua azienda. Nel tentativo di appianare i problemi dei suoi dipendenti, finirà per superare ogni limite immaginabile.

Curiosità

LA PAROLA AL REGISTA

"Abile, divertente e manipolatore, "Il capo perfetto" è colui che trucca la bilancia, il burattinaio che tira le fila della situazione. La sua azienda produce bilance industriali ma quella che sta all'ingresso principale della fabbrica, un vecchio modello a due piatti, è storta.

Blanco è un personaggio carismatico, abile nell'entrare spudoratamente nella vita dei lavoratori per migliorare la produttività della sua azienda, superando tutte le linee etiche e senza possibilità di ritorno. Un personaggio che, nonostante la sua amoralità, sentiamo vicino. Forse è il riflesso di ciò che siamo o di ciò che temiamo di diventare.

È il protagonista di un racconto tragicomico dell'ecosistema martoriato del lavoro, senza eroi o cattivi, lontano da ogni manicheismo. Di una commedia acida, dai toni oscuri, quasi black. Di uno sguardo corrosivo sui rapporti personali e lavorativi all'interno di un'impresa familiare che impiega un centinaio di lavoratori.

Il capo perfetto è in un certo senso il controcampo di I lunedì al sole, il suo rovescio oscuro. Quel film raccontava della disoccupazione, questo descrive il panorama del lavoro precario con chiavi estetiche e narrative simili: un racconto corale intessuto di storie che si intrecciano e interagiscono perversamente, attraversato dalla personalità seducente di Blanco.

Il capo perfetto è un ritratto sulla spersonalizzazione e sul deterioramento dei rapporti di lavoro, riflesso di un'epoca in cui concetti antiquati come solidarietà, etica o bene comune sembrano essere stati cancellati dalla mappa dell'impiego dalla logica del profitto e della precarietà.

L'immaginario della bilancia, metafora universale della Giustizia, inquadra il tutto: Blanco cerca a tutti i costi di ristabilire l'equilibrio finanziario della sua azienda, anche se per farlo deve armeggiare con i piatti.

Credo sia possibile un cinema complesso e artisticamente ambizioso, che lasci un ricordo di chi siamo o del momento che viviamo e che allo stesso tempo diverta, intriga ed emozioni. E che lo faccia con umorismo, a volte con leggerezza o cinismo, ma senza rinunciare mai all'impegno, alla verità e alla poesia. Che guardi alle radici di ciò che siamo per capire ciò che un giorno saremo. Un cinema che appare come una finestra sul mondo, che si occupa di ciò che accade fuori, sui marciapiedi del nostro paese, nelle nostre case, nelle nostre camere da letto, nei nostri centri di lavoro. Visivamente, Il capo perfetto fa da specchio trasparente della realtà ma non rinuncia a un'immagine brillante e sofisticata. La fotografia di Pau Esteve ritrae con eleganza il paesaggio freddo e industriale, che fa da sfondo agli eventi, ed evidenzia il calore dei personaggi e dei loro conflitti.

I movimenti della macchina da presa, inizialmente simmetrici, orizzontali e armoniosi, riflesso del perfetto equilibrio che Blanco ha raggiunto in ambito privato e in fabbrica, diventano sempre più dinamici e instabili man mano che la storia procede. La vertigine della camera a mano finisce con il sostituire l'orizzontalità delle prime immagini, accompagnando la deriva del protagonista.

Anche la musica si comporta allo stesso modo: giocosa e amichevole all'inizio, apparentemente leggera, cambia nella stessa misura in cui cambia Blanco. La colonna sonora di Zeltia Montes è come una prodigiosa riscrittura musicale della mia sceneggiatura, una seconda pelle che ne coglie la complessità del tono, il suo difficile equilibrio.

L'azione si svolge nella periferia industriale di una città di provincia, con i suoi casermoni grigi e impersonali. Nella navata centrale di una fabbrica, nelle sue alte passerelle. E nelle sue officine, tra il frastuono prodotto dai macchinari pesanti. Nei magazzini e nelle banchine di carico merci, con rampe in cemento, pallet e camion pesanti. César Macarron ha avuto un compito quasi titanico: quello di aver ridato vita a un'immensa fabbrica in disuso alla periferia di Madrid.

Nel frattempo, un uomo senza nulla da perdere si accampa davanti alle strutture di quello che un tempo era il suo lavoro, mettendo a repentaglio i piani dl "buon capo". I colori stridenti dei suoi cartelloni e della sua tenda rompono la grigia monotonia del paesaggio della fabbrica, il suo voluto equilibrio.

L'umorismo migliore, quello che resiste meglio al passare del tempo e dei confini, è quello che nasce dal dramma perché non è congiunturale: ci racconta la natura umana. Nasce da quel lavoratore disperato che lancia slogan che fanno a malapena rima con un vecchio megafono ogni volta che il datore di lavoro entra ed esce dalla fabbrica. Dalla sua fragilità, dalla sua solitudine forzata, dalla sua tragica lucidità. Altre volte nasce dalla tenerezza, dal suo rapporto con la guardia giurata alla porta, che condivide con lui caffè e conservazioni segrete per paura di rappresaglie.

C'è dell'umorismo anche nell'amoralità del capo, nei suoi gesti e nei suoi eccessi. E sul fatto che è la prima vittima delle sue stesse azioni.

Blanco non ne uscirà indenne. Il film diventa sempre più oscuro man mano che i personaggi prendono le proprie decisioni. Senza perdere mai il sorriso, l'ultimo atto del film diventa prima un thriller e poi una tragedia.

Di tutte le sfide affrontate, forse, quella del tono è stata la più rischiosa.

Umorismo e dolore: la giusta quantità in ogni piatto della bilancia.

La gelosia, l'abuso, il tradimento, il potere, il vassallaggio, la rivalità, la vendetta, l'ambizione, il sesso e persino la morte - tutti grandi temi delle tragedie classiche - si inseriscono nella rete contorta di interessi, meschinità e ambizioni di una piccola azienda di bilance in una città di una qualsiasi provincia. Questa è a grandi linee la storia".

Trailer

Commenti (5) vedi tutti

  • sfilacciaio, si lascia vedere, ma non trova mai un filo del racconto coinvolgente/convincente

    commento di carloz5
  • C'è qualcosa di base che non funziona in questo film. Vuoi che sia il ritmo blando o la recitazione tenuta volutamente sotto tono o una sceneggiatura non troppo brillante, sta di fatto che non decolla mai, quindi non coinvolge appieno e con un finale alquanto inverosimile.

    commento di bombo1
  • Farsa sul rapporto ipocrita fra imprenditore e dipendenti, con scene assurde e grottesche. Purtroppo pure zeppo di errori e castronerie.

    commento di gruvieraz
  • Solo una bilancia truccata può soppesare correttamente, così va il mondo nella sua tragicomicità. Un film da vedere, 8

    commento di logos
  • A parte Bardem, resta poco di questo film

    leggi la recensione completa di siro17
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