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Sangue vivo

Regia di Edoardo Winspeare vedi scheda film

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La recensione su Sangue vivo

di Peppe Comune
7 stelle

In una cittadina del Salento vivono due fratelli fatti della stessa sostanza dell'ambiente che respirano ma cresciuti con dissimili temperamenti. Pino (Pino Zimba) ha un banco della frutta al mercato ma per mantenere la famiglia, madre e fratello inclusi, arrotonda contrabbandando sigarette. E' un buon uomo ma con la testa un po' calda e vive col rimorso di non aver saputo impedire la morte del padre. Donato  (Lamberto Probo) ha un grande talento nel maneggiere il tamburello nel suono della Taranta ma l'apatia si è impossessato di lui, si fa di eroina e per non pesare troppo sulle spalle del fratello si invischia in pericolose storie di furto e spaccio.

"Sangue vivo" di Edoardo Winspeare è un film di corpi che ondeggiano e anime che si tormentano, radioso come la musica che purifica l'ambiente e mesto come il fatalismo che fissa l'esistenza dell'uomo all'ora dei ricordi peggiori. E' un dramma dialettale che segue il ritmo vorticoso della Taranta, tra accenni di antropologia culturale e concessioni alle derive delinquenziali, tra una suonata liberatrice e lo sguardo fermo sul destino incrociato di due fratelli avvinghiati alla sorte della loro terra. Un film di contrasti dunque, come quelli presenti in tutto il meridione d'Italia, che ti acceca col suo sole abbagliante e non ti fa scorgere il pericolo quando arriva, che ti fa pensare a un futuro prossimo lontano dai tuoi luoghi d'origine, per migliorare e per migliorarsi, ma che ti lega alle sua radici robuste, imbrigliandoti nella perenne possibilità di scivolare in brutti incontri. La musica, il sole, il mare, il sontuoso paesaggio pugliese fanno da splendita cornice all'esistenza di Pino e Donato, uniti dal legame indissolubile per la propria terra e per gli affetti più cari, ma divisi dal diverso modo di rapportarsi alla vita, di reagire agl'impulsi esterni. Tanto fiero e orgoglioso l'uno, quanto debole e remissivo l'altro. L'amore per la "pizzicata" appartiene ad entrambi ma mentre Pino vi si immerge dentro come per esorcizzare la rabbia che cova dentro, per purificarsi dalle colpe che lo perseguitano, Donato, invece, ne è respinto al punto da sacrificare la sua fuga dei sensi, da sottomettere all'apatica passività che gli appartiene la possibilità di riscattarsi attraverso il suo talento musicale. Suonerà un ultima volta Donato, per trapassare con un pò di luce il buio che incombe. Il "sangue vivo" è quello infetto a causa del morso della taranta. Provoca agitazioni simili alle crisi di epilessia ed è per calmare gli infetti, per regolarizzarne la pulsione del cuore, che si suonano i tamburi al ritmo della pizzicata. Il "sangue vivo" è quello che agita il sonno di questi due fratelli, emblemi di una umanità schiava della fatalistica accettazione di un destino crudele ma, nello stesso tempo, capace di squarciare il dolore con la bellezza vivifica della musica. Piccolo grande film, da promuovere..

 

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