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È stata la mano di Dio

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Regia di Paolo Sorrentino

Con Filippo Scotti, Toni Servillo, Teresa Saponangelo, Marlon Joubert, Luisa Ranieri, Renato Carpentieri, Massimiliano Gallo... Vedi cast completo

In streaming Fonte: JustWatch VEDI TUTTI (2)

Trama

La storia di un ragazzo nella tumultuosa Napoli degli anni Ottanta. Il diciassettenne Fabietto Schisa è un ragazzo goffo che lotta per trovare il suo posto nel mondo, ma che trova gioia in una famiglia straordinaria e amante della vita. Fino a quando alcuni eventi cambiano tutto. Uno è l’arrivo a Napoli di una leggenda dello sport simile a un dio: l’idolo del calcio Maradona, che suscita in Fabietto, e nell’intera città, un orgoglio che un tempo sembrava impossibile. L’altro è un drammatico incidente che farà toccare a Fabietto il fondo, indicandogli la strada per il suo futuro. Apparentemente salvato da Maradona, toccato dal caso o dalla mano di Dio, Fabietto lotta con la natura del destino, la confusione della perdita e l’inebriante libertà di essere vivi.

Approfondimento

DOVE VEDERLO IN STREAMING

È stata la mano di Dio è un film distribuito da Netflix e si potrà vederlo online in streaming su Netflix a partire dal 15 dicembre 2021, dopo che sarà passato - a partire dal 24 novembre 2021 - in alcune sale cinematografiche selezionate in Italia.

LA RECENSIONE

Sorrentino tornerà forse agli allori de La Grande Bellezza grazie al suo film più autobiografico nel raccontare la sua Napoli, la sua adolescenza negli anni '80 che ha coinciso con l'euforia cittadina per l'arrivo del fuoriclasse argentino, la tragedia della sua famiglia con i genitori uccisi nella casa delle vacanze da esalazioni di monossido di carbonio e lui stesso “salvato da Maradona”, non avendo accompagnato i suoi in villeggiatura per seguire la squadra del cuore.

Fabio o Fabietto Schisa, dal volto di Filippo Scotti, è l'alter ego di Sorrentino: studente di liceo dalla citazione colta sempre in bocca, innamorato della zia Patrizia dal fisico esplosivo di Luisa Ranieri, speranzoso come la città intera che il proprietario del Napoli Ferlaino acquisti il campione Diego Armando.

Maradona, col suo celebre gol di mano a cui fa riferimento il titolo, diventa quindi un simbolo per evocare la Napoli in cui Sorrentino si è formato, una leggenda del folclore locale come San Gennaro (Enzo Decaro) e il monaciello.

Ma quello che a Sorrentino principalmente interessa è portarci all'interno della famiglia: il padre (Toni Servillo) dispensatore di consigli di vita, la madre (Teresa Saponangelo) dedita a continui scherzi, il fratello maggiore con cui ha un legame fortissimo. Un nucleo unito da un amore incondizionato che lo porta a rimanere unito nonostante le crisi connesse all'amante storica del padre. Il microcosmo familiare è poi popolato da personaggio grotteschi: l'anziana velenosissima Signora Gentile, il fidanzato della zia obesa che parla solo attraverso una macchinetta laringofono dal suono metallico, la sorella perennemente chiusa in bagno, la vicina altoatesina dalla casa addobbata come una baita tirolese.

In una storia di formazione che nella seconda parte ci parla anche e soprattutto dell'aspirazione a fare cinema come reazione alla perdita, non possono mancare doverose citazioni e omaggi ai maestri, da Fellini a Sergio Leone al partenopeo Antonio Capuano, regista mentore che appare nel ruolo di se stesso urlante e imprecante per ammonire il giovane Fabio (Paolo) aspirante cineasta:“Non ti disunire!

Se l'eccesso barocco continua ad essere la cifra stilistica dell'autore, qui non si riduce affatto a sterile formalismo, ma diventa veicolo di potente emozione: dapprima il film ci fa ridere moltissimo con i tiri mancini della mamma e la galleria di tipi partenopei che vivacchiano e si arrabattano in adorante attesa dei miracoli dell'argentino, poi il colpo al cuore straziante con la tragedia che travolge l'esistenza del giovanissimo protagonista: il regista mette in scena la dipartita dei suoi stessi genitori con disarmante coraggio nel mettere a nudo un dolore così intimo e personale, suscitando una commozione che un film italiano non mi provocava da non ricordo quando.

Accolto da un prolungato e fragoroso applauso alla proiezione per la stampa alla Mostra del Cinema di Venezia, si presenta come un serio concorrente al Leone d'Oro ed oltre.

recensione di PortCros

IN DETTAGLIO

In È stata la mano di Dio, Paolo Sorrentino torna nella Napoli della sua gioventù per raccontare il turbolento racconto di formazione di un ragazzo, una storia resa ancora più intensa dal legame personale che presenta con il passato del suo stesso autore. È una storia più personale e decisamente più emozionale di tutte quelle che ha raccontato in precedenza. È un'immersione in una memoria viva, in un bellissimo mondo imperfetto che non sarebbe potuto durare. Ma è anche la struggente descrizione dell'impulso ad andare avanti, a creare, a cogliere qualunque sconcertante occasione si presenti, anche in mezzo a un immenso dolore.

Siamo negli anni '80. A Napoli tutti parlano in modo febbrile di Maradona, l'illustre leggenda del calcio che pare possa, quasi per miracolo, arrivare in città per giocare nella sfavorita squadra locale. L'aria è densa di promesse e l'adolescente Fabietto Schisa la respira a pieni polmoni. Se a scuola appare come impacciato ed emarginato, la vita comunque gli sorride. I suoi genitori sono volubili, hanno i loro difetti, ma si amano ancora. Le loro famiglie sono chiassose, a volte travagliate e tuttavia molto divertenti. I pranzi sono interminabili, i drammi famigliari vanno in scena ogni giorno, le risate sono incessanti e il futuro sembra ancora molto lontano.

Poi, un inspiegabile incidente capovolge ogni cosa. E, come fece un tempo Sorrentino negli anni della sua gioventù, Fabietto deve trovare un modo per sfuggire alle profondità della tragedia e venire a patti con lo strano gioco del destino che lo ha lasciato in vita. Con un passato andato distrutto e nonostante tutto un'intera esistenza davanti a sé, traccia la rotta del suo percorso attraverso la perdita e verso il nuovo. Questo insieme di devastazione e liberazione è qualcosa che Sorrentino ha sperimentato all'approssimarsi dell'età adulta. E nonostante la finzione e la realtà si intreccino liberamente in È stata la mano di Dio — talmente liberamente che persino gli elementi fantastici sembrano far parte del mondo perfettamente controllato di Fabietto — il film ricostruisce in modo meticoloso la città e l'atmosfera della famiglia in cui egli è cresciuto.

Nato nel 1970, Sorrentino cresce nel Quartiere Vomero di Napoli, sulla collina che si affaccia sulla distesa panoramica del porto della città. Quando ha 16 anni, entrambi i suoi genitori muoiono all'improvviso e in modo del tutto inaspettato per avvelenamento da monossido di carbonio a causa di una fuga di gas nella casa di villeggiatura della famiglia. Di norma, Sorrentino avrebbe dovuto essere insieme ai suoi genitori quel fine settimana. L'unica ragione per cui non rimane anch'egli vittima della tragedia è che ha ottenuto il permesso di restare a casa da solo, per la prima volta nella sua vita, per andare a vedere Maradona che gioca in trasferta con il Napoli.

Sorrentino arriva a percepire Maradona, un uomo già ammantato di divinità sul campo di calcio, come una forza che ha protetto la sua vita. Ma anche il cinema diventa una forza salvifica per lui, una distrazione dall'angoscia. Rifugiandosi nel fare film con grande passione, Sorrentino inizia a lavorare come aiuto regista. Esordisce nella sceneggiatura scrivendo Polvere di Napoli a quattro mani con lo sceneggiatore-regista Antonio Capuano, anch'egli personaggio chiave in È stata la mano di Dio. Di lì a poco Sorrentino passa dietro alla macchina da presa con la commedia L’uomo in più, interpretata da Toni Servillo, l'ultimo film che realizza a Napoli fino a quando non vi tornerà per girare È stata la mano di Dio.

Da quel momento in poi, Sorrentino scrive e dirige i suoi film, tra i quali La grande bellezza, vincitore del premio Oscar per il Miglior film straniero, e Youth - La giovinezza, candidato agli Academy Awards, nonché l'acclamata serie televisiva HBO The Young Pope e la successiva The New Pope.

Conquista una fama a livello internazionale per lo stile vivace che caratterizza una cinematografia dinamica e sfrenata e una narrazione esuberante. Ma nel caso di È stata la mano di Dio, il tratto febbrile scompare e lascia spazio a qualcosa di più esposto e più accessibile di tutte le esperienze che ha creato.

RICORDARE PER POTER DIMENTICARE

È in un momento pervaso da un senso di frustrazione per una sceneggiatura di The New Pope che Sorrentino compie un'inversione a U. Per concedersi una meritata pausa dai rompicapi religiosi, decide di prendersi qualche giorno di vacanza e in quei giorni inizia a sperimentare scrivendo una storia che scaturisce semplicemente dalla propria esperienza interiore, dai ricordi che riaffiorano da un passato che forse ha influenzato il suo lavoro nell'ombra, ma che non ha mai affrontato in modo diretto. Per la prima volta, scrive degli eventi più formativi della sua esistenza, alcuni luminosi e divertenti, altri talmente cupi e strazianti che possono apparire inavvicinabili.

In un primo momento Sorrentino non ha in mente di ricavare un film da quello scritto; al contrario, pensa di poterlo offrire in regalo ai propri figli. “Ho pensato che avrebbe potuto offrire loro la possibilità di capire non tanto il mio carattere quanto i miei difetti”, spiega.

L'obiettivo di una franchezza senza difese e senza vincoli di controllo caratterizza la scrittura. La sceneggiatura emerge in modo organico, come un tutt'uno, nel giro di pochi giorni. Se il processo di scrittura è spesso una guerra tra quello che si nasconde e quello che si rivela, qui la nuda rivelazione possiede l'autore. Tuttavia, Sorrentino ancora non sa di preciso se questa sceneggiatura emotivamente trasparente resterà solo in famiglia o se prenderà vita nella forma di un film.

“Capita a volte di provare l'esigenza di registrare i ricordi, di fissarli da qualche parte”, afferma. “Ma con il passare del tempo, ho pensato che forse sarebbe stata una buona idea farne un film perché avrebbe potuto aiutarmi non tanto a risolvere i problemi che ho avuto nella vita, quanto ad osservarli da una posizione molto più vicina e a conoscerli meglio. Tutti i miei film sono nati da sentimenti che mi appassionavano, ma dopo averli realizzati quella passione è svanita; così ho pensato che se avessi fatto un film sui miei problemi, forse sarei anche riuscito a dimenticarli, almeno in parte”.

Forse, scrivendo per dimenticare, i ricordi diventano ancora più elettrizzanti e vividi e generano un'immersione totale nei vari momenti rievocati. Per Sorrentino potrebbe essere pericoloso avvicinarsi così tanto al cavo sotto tensione della sua sofferenza personale, ma addentrandosi in questo territorio si rende conto che il processo di realizzazione del film gli consente al contrario uno spazio per prendere un po' di fiato.

“Per me l'aspetto interessante di fare un film autobiografico è che a quel punto quei problemi non sono più i miei problemi, ma sono i problemi del film”, spiega. “E non appena diventano i problemi del film, diventano più affrontabili. Quando ho iniziato a montare il film, guardare e riguardare quei ricordi è diventata quasi un'abitudine ed è molto più facile affrontare un'abitudine che affrontare un ricordo”.

Se è vero che il cinema può congelare il tempo, Sorrentino percepisce anche il suo potere di aggiungere un'altra dimensione alla storia del film: una comunione con gli spettatori che portano in sala le proprie esperienze di perdita, il proprio vissuto di quei momenti nella vita in cui le cose meravigliose e le cose terribili entrano in collisione. Questa connessione di sicuro non contiene una risoluzione, ma forse può offrire una sorta di conforto. “Se altre persone potranno relazionarsi e identificarsi con le mie esperienze, se si vedranno specchiate nel film, significa che la mia sofferenza sarà divisa a metà”, commenta Sorrentino, che ancora cerca di comprendere la strana logica del dolore infinito.

LA FUGA DALLO STILE DI SORRENTINO

Le emozioni che circondano È stata la mano di Dio sono talmente potenti, e a tratti persino rischiose, che Sorrentino decide che se realizzerà il film, farà quello che non ha mai fatto prima: ridurre all'essenza ogni singolo elemento. Laddove l'ironia intensa e la stilistica formale sono da sempre gli strumenti distintivi, e in costante evoluzione, nella sua scatola degli attrezzi, qui sceglie di metterli da parte e di permettere alla pura narrazione di posizionarsi al centro della scena.

“Ho cercato di raccontare questa storia senza alcun filtro, in un modo semplice. L'unico filtro è l'evocazione del passato, i ricordi e i sentimenti che provavo quando ero ragazzo”, dichiara. “Per questo film non mi sono preoccupato di un'idea specifica di stile. Ho sentito che sarebbe dovuto emergere in maniera naturale. A dire il vero ho pensato che sarebbe stato molto liberatorio per me fare un film senza uno stile prevalente e mi sono ritrovato ad apprezzare quello che in passato avevo sempre cercato di evitare”.

Tuttavia, per quanto minimale, una ricca energia cinematografica caratterizza È stata la mano di Dio. La struttura è intessuta non solo di tormento e amore famigliare, ma anche in egual misura di mistero, calore, umorismo e desiderio, tutti elementi che entrano in gioco sullo sfondo della palpabile bellezza di Napoli. L'ordinario e lo spettacolare occupano lo stesso spazio. I dettagli umani dei personaggi brillano della loro stessa vitalità. Si percepisce il senso di come il tempo perduto possa in sé diventare stimolo per l'arte e la creazione.

Il film offre anche un commovente spaccato di vita nella forma di una serie di momenti — un pranzo di famiglia illuminato da sole, una avventata vittoria a calcio, le insensate parole di un dottore, un giro notturno in motoscafo, un treno che sfreccia verso una nuova città — che scivolano tra le nostre dita e tuttavia ci rendono quello che siamo. Il riso alleggerisce costantemente il dolore, risoluta forma di ribellione contro di esso.

Come nell'autofiction in letteratura, Sorrentino fa saltare le linee che separano il vero e l'immaginario, trasformando uno stesso elemento in evento reale e fabbricazione e sfruttando la confusione che caratterizza il procedimento per trovare un modo fresco per evocare l'essenza di un periodo della vita in cui tutto è immerso in un limbo.

“Non è detto che tutto quello che vediamo nel film è realmente successo”, osserva. “Alcuni eventi sono accaduti, altro no. Ma è del tutto autentico nel riflettere quello che ho veramente provato in quel periodo del passato”.

Sorrentino continua: “Penso che la principale differenza tra questo film e gli altri che ho fatto stia nel rapporto tra verità e bugie. Se gli altri miei film si alimentano di falsità nella speranza di individuare un barlume di verità, questo parte da sentimenti reali che sono poi stati adattati alla forma cinematografica”.

Il produttore Lorenzo Mieli, che ha lavorato con Sorrentino sulle serie The Young Pope e The New Pope, rimane sorpreso quando il regista gli parla della sceneggiatura. “Mi ha detto che aveva finalmente scritto un film a cui pensava da molti anni e di averlo scritto di getto, nel giro di 48 ore”, ricorda Mieli. “Quando l'ho letto, sono rimasto scioccato per come era riuscito a scrivere un racconto così intenso, così apparentemente semplice e tuttavia così complesso nelle tematiche che tratta, in un lasso di tempo così breve”.

Per Mieli, È stata la mano di Dio evoca “quel momento delicato e cruciale in cui passiamo dall'essere dei ragazzi al diventare adulti. È un cambiamento che può essere assimilabile a un salto nel buio, ma è anche il momento in cui impariamo la pratica del vivere”.

Malgrado la differenza stilistica, Mieli considera il film parte integrante della visione generale della vita e del cinema di Sorrentino — conservando l'essenza e i temi che sono incontestabilmente tipici dell'autore. “A prima vista, il film è senz'altro diverso da gran parte dei lavori precedenti di Paolo”, commenta Mieli. “È facile notare come la grandezza visiva del suo cinema o l'uso della musica differiscano rispetto agli altri suoi film. Eppure, in È stata la mano di Dio Paolo esplora cose di cui ha sempre parlato, malgrado lo faccia in un modo nuovo. Penso che ad oggi sia il suo film più maturo e consente a tutto quello che abbiamo sempre osservato nel suo cinema di sbocciare”.

 

Il cast

A dirigere È stata la mano di Dio è Paolo Sorrentino, regista e sceneggiatore nato a Napoli nel 1970. Nel 2001, il suo primo lungometraggio, L’uomo in più, è selezionato alla Mostra del Cinema di Venezia. Nel 2004 gira Le conseguenze dell’amore e nel 2006 L’amico di famiglia, entrambi in concorso al… Vedi tutto

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Commenti (22) vedi tutti

  • Il film più bello di Sorrentino. Realistico e stupendo. Sorvillo sempre all'altezza e una Luisa Ranieri meravigliosa. Non perdibile. Godibilissimo.

    commento di Tommy1810
  • Bel film autobiografico e intimista dove il regista si apre allo spettatore.

    leggi la recensione completa di Carlo Ceruti
  • Bene regia e fotografia, male la dizione complice il dialetto. Bene le interpretazioni e la resa dei personaggi con qualche eccesso di istrionismo. La sceneggiatura procede più per episodi che linearmente e questo permette a Sorrentino di sviluppare la sua poetica e inventare più che raccontare. Così il film è bello però non prende più di tanto.

    commento di bombo1
  • Squallida pellicola. Misera scopiazzatura della genialità di Fellini. Più che autobiografica, direi autoreferenziale. Ammucchiata a casaccio di personaggi e situazioni. Bella, ma insulsa, la fotografia. Più demenziale del suo precedente film "La grande bellezza".

    commento di iro
  • L'ennesimo buon film di Sorrentino.

    leggi la recensione completa di tobanis
  • Grande performance di Sorrentino. Fino alla commozione.

    commento di pippus
  • Ehhhh ... ehhh ... siamo vicini al Capolavoro! Ma non è un capolavoro! Forse non sarà il miglior film di Sorrentino, ma è certamente il più autobiografico e non lo poteva essere di più! E' un film pregiatissimo, delicato, vero ed emozionante. Io ho vissuto da adolescente quegli anni ed è stato per me un film rievocativo. Ha raggiunto il suo scopo

    commento di GARIBALDI1975
  • Candidato a molti premi, è il film più autobiografico di Sorrentino, ma non il migliore. Comunque notevole

    leggi la recensione completa di Furetto60
  • Noioso spaccato napoletano ai tempi del loro dio Maradona, recitato in parte in dialetto.

    commento di gruvieraz
  • Credo renda bene la "morbosa" necessità di Sorrentino di voler vedere tutto da tutti i punti di vista possibili. Dimostra ancora una volta di saper far girare la macchina da presa, soprattutto nel cuore del film, che è il confronto con Capuano. Qualcosa da dire ce l'ha. Film da vedere

    commento di Gibbon92
  • Davvero un bel film compiuto, su una vita ricordata come una Grande Bellezza....tutti i personaggi bucano lo schermo,si ricordano,gran bel lavoro....da non perdere.

    commento di ezio
  • Fotografia 10, sceneggiatura 10, costumi 10, dialoghi 10...insomma film da oscar!!!!

    commento di VINSENBAR
  • E’ stata la mano di Dio”: la consacrazione di Sorrentino!

    leggi la recensione completa di siro17
  • Il nudo integrale di Luisa Ranieri già varrebbe interamente il prezzo totale del biglietto. Ma questo è niente. Siamo di fronte a un film perfetto come la Venere di Botticelli. Poesia purissima incastonata in immagini poetiche oltre il concetto di stupendamente incantevole.

    leggi la recensione completa di 79DetectiveNoir
  • Sorrentino ci sa fare con la macchina da presa, infatti la regia è ottima e per questo il film lo si vede volentieri fino alla fine. Ma coinvolge poco e non emoziona. Merita comunque una buona sufficienza. 6,5/10

    commento di xale78x
  • Comincia discretamente, scopiazzando, pardon, citando Fellini e Scola, esattamente come ne La grande bellezza, poi si perde, come sempre, in scene inutili, ridondanti e, in alcuni casi, brutte proprio. P.S. La suora nana che fuma è stata sostituita dal munaciello.

    commento di Winnie dei pooh
  • Ho trovato questo film decisamente sopravalutato dalla Critica. Lo ho visto su Netflix, e lo ritengo - a parte la magistrale recitazione di , una storia personale generalmente incapace di trasmettere pathos, mal recitata, dialoghi in dialetto al 30% incomprensibili (SOTTOTITOLI PER FAVORE) ed anche - a tratti - noioso.

    commento di Cino3
  • Bello, bello, bello... nel suo film più intimo Sorrentino cala l'asso e racconta la propria giovinezza nella Napoli degli anni '80, tra l'arrivo di Maradona e la perdita dei genitori. Divertente ma dolente, una magia per gli occhi e per il cuore.

    leggi la recensione completa di inthemouthofEP
  • Un gran film con una forte anima.

    leggi la recensione completa di SandraG59
  • Sorrentino riesce mirabilmente a destreggiarsi sul terreno scivoloso della rievocazione della propria intimità, grazie alla prima parte del film che mette in scena una famiglia napoletana come tante (ma a suo modo unica), senza mitizzazioni e senza sconti. Il tanto reclamizzato ruolo di Maradona resta sempre sullo sfondo. Voto: 7,5.

    leggi la recensione completa di andenko
  • Il personale "Amarcord" Sorrentiniano passa dalle gioie e i dolori di un timido adolescente, attraversa il vitale foclore di una numerosa famiglia, ma sopratutto si nutre della Napoli più vitale, erotica e magica, nutrita dalle prodezze del "pibe de oro" Maradona.

    leggi la recensione completa di GIMON 82
  • Cosa centrano un camorrista, una zia pazza, ma gnocca, un regista, Maradona e uno studente del classico? Una beata mazza - direte voi. Si ma in un mondo non sorrentiniano! Invece, nell'universo, perchè dire mondo sarebbe troppo ristretto, di questo stralunato orfano, orfano come lo fu il geniale Miloš Forman, come Cenerentola, Remì o Oliver Twist

    leggi la recensione completa di gaiart
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Recensioni

La recensione più votata è positiva

steno79 di steno79
8 stelle

Arrivato al nono film, Paolo Sorrentino decide di approdare a lidi autobiografici che lo portano nuovamente dalle parti del suo idolo Fellini, stavolta in zona "Amarcord"; la mossa risulta arrischiata e certamente non scontata, anche perché il regista ha il coraggio di rievocare la morte di entrambi i genitori a causa delle esalazioni velenose di una stufa nella casa di montagna a… leggi tutto

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2023
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Malpaso di Malpaso
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In seguito alla visione in sala nel 2021, a proposito di È stata la mano di Dio iniziai a scrivere che “la realtà messa in scena da Sorrentino, col progredire della sua filmografia, ha seguito una strada sempre più tendente all'estetismo, in bilico tra una compiaciuta mostra sfarzosa del decadente ed una sensibilità capace di illuminare gli anfratti più…

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CineAle88 di CineAle88
7 stelle

"Napul'è mille colori", cantava Pino Daniele, qui presente nei titoli di coda. E' il Sorrentino più intimo, quello di "E' stata la mano di Dio"; la mano di Dio (Diego Armando Maradona) che, involontariamente (oppure no) gli ha salvato la vita. La scomparsa dei suoi genitori, avvenuta quando aveva 16 anni, narrata in maniera molto delicata, sarà l'evento da cui…

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Tutti i registi arrivano a dirigere prima o poi un film autobiografico, è successo anche a Paolo Sorrentino, uno dei nostri migliori registi a livello internazionale, con un film sentito, ispirato, ma soprattutto molto personale. Per l'occasione ha voluto cambiare la squadra con cui di solito lavora, per poter avere un risultato più limpido e meno costruito. L'operazione gli…

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A tien ‘na cosa a ‘raccuntà?...e dimmèll!   Così urla Antonio Capuano a Fabietto Schisa alias Paolo Sorrentino. E qualcosa da raccontare finora ce l’ha avuta l’autore napoletano. Qualcosa con una buona dose di fantasia. In questa pellicola è la sua vita ad essere messa in scena, con qualche incursione inventiva e poca…

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lao di lao
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CITTA’ DOLENTI--“il cinema non serve a niente, ma la realtà è scadente” è la voce di un Fellini divinità invisibile che si ode più o meno in coincidenza dell’epifania di Diego Maradona in auto: le parole acquisiscono il valore di una profezia destinata a essere compresa  dal protagonista del film, l’introverso adolescente…

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darionanni di darionanni
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Un film onesto e sincero in cui il regista si spoglia delle sue sovrastrutture - almeno in parte - per raccontarci qualcosa di vero e personale.  Bene che in maturità ora abbia smesso il bisogno adolescenziale di dover dimostrare il suo talento. D'altronde il film ci racconta da dove viene la supposta arroganza e supponenza che aveva contraddistinto il suo inizio e buona parte della…

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tobanis di tobanis
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Gangs 87 di Gangs 87
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