In un bistrot di Lione si svolge una vicenda che intreccia scelte personali, contesti familiari e dinamiche culturali: il film La petite cuisine de Mehdi, opera prima di Amine Adjina, mette al centro un personaggio sospeso tra due mondi e costretto a nascondere parti della propria vita. La trama segue le tensioni che emergono quando le identità personali si confrontano con le aspettative familiari e sociali, in un racconto ambientato tra cucine, bar, appartamenti e spazi pubblici urbani.


In anteprima alla Festa del Cinema di Roma.

Younes Boucif
La petite cuisine de Mehdi (2025) Younes Boucif

Due vite non fanno una verità

Mehdi è un giovane chef che lavora in un bistrot francese. Vive una relazione con Léa, con cui progetta di rilevare il ristorante, ma tiene segreta la loro storia alla madre, Fatima. A casa, interpreta il ruolo del figlio devoto, conforme a un ideale familiare che non lascia spazio per la verità sulla sua vita sentimentale e professionale.


Quando Léa insiste per conoscere sua madre, Mehdi decide di chiedere a Souhila, una conoscente, di fingere di essere Fatima. Questa scelta segna l’inizio di un intreccio in cui le menzogne si moltiplicano e i rapporti si complicano.

Un figlio in affitto tra due madri

Al centro del film La petite cuisine de Mehdi si trovano due figure materne: Fatima, madre biologica di Mehdi, e Souhila, che accetta temporaneamente di interpretare quel ruolo.


Fatima è legata a un passato migratorio e a un lutto che ha marcato la sua visione della Francia. Souhila, invece, si presenta come una presenza più imprevedibile, in grado di generare reazioni nei personaggi che la circondano.


Il rapporto tra Mehdi e queste due donne apre uno spazio di confronto tra modelli diversi di maternità e di gestione dell’affettività e della parola.

Clara Bretheau, Younes Boucif
La petite cuisine de Mehdi (2025) Clara Bretheau, Younes Boucif

Il piatto della memoria

La cucina, nel film La petite cuisine de Mehdi, rappresenta un territorio carico di implicazioni identitarie. Mehdi ha appreso la gastronomia francese, mentre la cucina della sua infanzia rimane marginale nella sua pratica quotidiana. Questo scarto tra formazione e origine culturale diventa un nodo rilevante, che attraversa anche la costruzione del personaggio.


Il piatto della blanquette de veau à l’oranaise (uno stufato di vitello cotto lentamente in una salsa bianca cremosa arricchita con ingredienti tipici della cucina algerina, in particolare della zona di Orano) diventa un punto di congiunzione tra due mondi che finora Mehdi aveva tenuto separati.

La Francia tra bistrot e bar popolari

Gli spazi attraversati da Mehdi nel film La petite cuisine de Mehdi mostrano ambienti sociali differenti. Il bistrot “Le Baratin”, poi ribattezzato “Babel”, rappresenta un luogo ordinato, legato al progetto imprenditoriale del protagonista. Il bar “Mostaganem”, gestito da Souhila, appare invece come uno spazio informale, abitato da presenze eterogenee.


I luoghi domestici, l’appartamento di Fatima e la casa dei genitori di Léa, completano un percorso fatto di transiti continui tra mondi che raramente si incontrano. La città di Lione, scelta per le riprese, è segnalata dal regista come luogo emblematico per le sue connessioni con la storia dell’immigrazione e della gastronomia.

Younes Boucif, Gustave Kervern
La petite cuisine de Mehdi (2025) Younes Boucif, Gustave Kervern

L’eredità invisibile del padre

La figura paterna è assente nella narrazione presente ma opera come riferimento costante. Morto per lavoro, il padre rappresenta una generazione di lavoratori immigrati le cui vite si sono consumate in silenzio. Fatima attribuisce alla Francia la responsabilità della morte del marito e teme che possa accadere lo stesso con suo figlio.


Mehdi, cresciuto in questo contesto, si ritrova unico uomo in una famiglia composta da donne che esprimono ruoli diversi. Il peso dell’eredità familiare si lega alla difficoltà di costruire un percorso autonomo.

Il corpo della verità

Il film La petite cuisine de Mehdi alterna dispositivi visivi differenti in base agli spazi e ai personaggi. Secondo le parole del regista, le scene ambientate nel bistrot seguono una messa in scena composta, con piani fissi o movimenti fluidi. Al contrario, nel bar di Souhila la camera si muove a mano, aderendo al dinamismo dell’ambiente.


Alcune sequenze, come quella nel treno, sono costruite attorno alla relazione tra corpo e spazio, con la camera che segue i movimenti dei personaggi. Souhila diventa, anche in questo senso, una figura che orienta lo sguardo e il ritmo della narrazione.

Una narrazione di attraversamenti

La petite cuisine de Mehdi sviluppa un intreccio in cui la gestione del segreto, il confronto tra culture e il ruolo della parola si combinano nella traiettoria di un protagonista diviso tra aspettative e desideri. Le relazioni familiari, le scelte personali e gli spazi sociali si intrecciano senza che una sintesi definitiva venga suggerita.


Il film si muove dentro un insieme di contraddizioni che rimangono aperte. La cucina, come elemento culturale e personale, si propone come uno dei possibili luoghi in cui queste tensioni trovano una forma.


Disclaimer

Questo testo è stato redatto sulla base di informazioni e note di regia condivise dalla produzione, supportate dalla visione di interviste e materiali promozionali, ma senza avere visto il film. In alcun modo, quindi, questa presentazione di Le petite cuisine de Mehdi può essere intesa come una recensione o una critica cinematografica.

Autore

Redazione

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Filmografia

La petite cuisine de Mehdi

Commedia - Francia 2025 - durata 104’

Titolo originale: La petite cuisine de Mehdi

Regia: Amine Adjina

Con Younes Boucif, Clara Bretheau, Hiam Abbass, Gustave Kervern, Laurent Stocker, Birane Ba