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The Christening

Regia di Marcin Wrona vedi scheda film

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La recensione su The Christening

di OGM
8 stelle

Una patina di gelo metallico avvolge il tradimento. Un patto di sangue si scioglie versando altro sangue, questa volta in maniera definitiva. Michal e Janek. Due uomini legati da un passato oscuro e da un’amicizia consolidata da un debito grande come la vita. Uniti da una complicità segreta che non si può cancellare, e a distanza di tempo riaffiora, impressa com’è nella carne. Il cinema polacco ama celebrare la memoria come uno scrigno in cui è racchiusa la chiave del destino. Il dramma è il tormentato percorso che porta alla sua decifrazione. È il passaggio che separa il peccato originale dalla sua espiazione, e quindi è un cammino di fede, anche se è funestato dalla violenza. Il giovane regista Marcin Wrona raccoglie la lezione di Kieslowski, che vede nell’errore la premessa della rivelazione; in questa storia il battesimo è il richiamo simbolico ad un’iniziazione liberatoria, che recide i vincoli del male attraverso un sacrificio purificatore. Un rito che, in realtà, non fa che sgomberare la strada a nuove, atroci ingiustizie. Michal è sposato con Magda, dalla quale ha appena avuto un figlio, di nome Adam. Il piccolo sta per ricevere il primo sacramento cristiano, e l’uomo ha chiamato Janek a fargli da padrino. I due non si vedono da molti anni, da quando erano due ragazzi che andavano con gli amici a fare il bagno nel fiume. Michal, dopo i suoi giovanili trascorsi criminali,  si è trasferito a Varsavia ed è diventato un imprenditore, titolare di una fabbrica di infissi, mentre Janek è un militare. Nonostante la lunga separazione e le diverse scelte di vita, sentono ancora di appartenere l’uno all’altro. Sotto il velo dei rancori e delle incomprensioni emerge la forte sensazione di un’intimità che la lontananza non ha potuto cancellare: il loro incontro  porta con sé l’ombra di una condivisione morbosa che continua nel presente, e scalfisce la superficie della normalità con una sottile vena di inquietudine. La luce, intorno a loro, è innaturalmente pallida, un bagliore anonimo ed esangue, che sembrare illuminare l’anticamera del nulla. Poco a poco si capisce che la morte è uno spettro che abita già nelle esistenze dei protagonisti, aspettando di materializzarsi. Il cane di Michal è malato di leucemia. Michal è minacciato da una banda di assassini. L’arrivo di Janek imprimerà un’accelerata a quel processo di azzeramento che è già iniziato, silenziosamente, ma non ha non ancora scatenato la tragedia lacerante della perdita, quella che spezza la vita, sconvolge le certezze, e costringe a ricominciare daccapo.  La tensione impregna la storia come un fitto groviglio di misteri: una matassa pericolosa da sbrogliare, così sinistra che si ha quasi paura a scrutarci dentro al fine di vederci chiaro. La soluzione del giallo è l’atroce conferma dell’abisso che alberga dentro l’animo umano: la religione, con quel rito così innocente e confortante, partecipa al gioco come ingenuo spettatore, che, senza rendersene conto, funge da schermo all’azione del demonio. L’amore fa da apripista al desiderio malvagio. Il dono generosamente offerto finisce per diventare il bottino di una rapina.  Non c’è limpidezza che tenga contro la crudeltà in cui si manifesta un istinto primordiale senza confini, totalmente disgiunto da ogni riserva morale. Lo spirito di Chrzest è una disperazione moderna, estrema e desolata come una coscienza priva di punti di riferimento. Le sue radici, però, affondano nel fango antico delle pulsioni bestiali, insensibili al ricordo, e indifferenti alla distruzione del futuro.  

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