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Che fine ha fatto Osama Bin Laden?

Regia di Morgan Spurlock vedi scheda film

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La recensione su Che fine ha fatto Osama Bin Laden?

di FilmTv Rivista
8 stelle

L’approccio empirico è il metodo d’indagine prediletto dal giornalista e filmaker Morgan Spurlock. Ne ha dato prova in Super Size Me (2004), attacco cristallino alla malnutrizione per abuso di junk food. Questo suo secondo documentario (pronto da oltre due anni, passato al Sundance nel 2008) ricalca lo stesso andamento a tappe del libro omonimo (o forse sarebbe meglio dire il contrario, dato che il libro pare scritto come una sceneggiatura desunta). Ossia, il viaggio di Spurlock da New York in Medio Oriente (e ritorno), fino in Arabia Saudita, per capire le ragioni del presunto odio mediorientale verso gli Stati Uniti. Anche qui per un attimo si rifà all’immaginario McDonald’s, quando – per spiegare alla massa gli obiettivi dello sceicco – ricostruisce, parodiando, un ipotetico fast food arabo: le specialità di Al Qaeda sarebbero, nell’ordine, il Paradiso, le vergini, la ricchezza, la beatitudine; ultimo viene il falafel. «Tutti al costo della vita, a parte il falafel». Un procedimento dissacratorio, che si affianca al tipico pragmatismo statunitense nel decifrare le cause. In più, a sdrammatizzare la seriosità dell’inchiesta giornalistica propriamente detta, Spurlock mette un quid di scemenza pop, come il training fisico all’attentato o al sequestro, e un finto Osama che balla su U Can’t Touch This o protagonista di un videogioco sparatutto (del resto, dopo l’attentato alle Twin Towers, perfino nei Griffin appariva una gag sulla grotta nascondiglio…). Se la comunicazione va verso la semplificazione, appoggiandosi a grafici e animazioni alla Michael Moore, l’obiettivo è alto: chiarire, a se stesso e al mondo, come l’Islam non ha mai proclamato che si deve uccidere o farsi esplodere. E ricordare il tragico, diabolico nonsense statunitense: quello di aver armato un “amico” per poi raccontare, una volta divenuto lui nemico, la favola della sua irreperibilità. La scena in cui Spurlock cerca Osama spulciando l’elenco telefonico di Jedda è la prova del suo metodo conoscitivo: dopo essersi informati, ridere, per non (più) piangere.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 27 del 2010

Autore: Raffaella Giancristoforo

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