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Vinyan

Regia di Fabrice Du Welz vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Vinyan

di alan smithee
6 stelle

Vinyan... ovvero lo "spirito errante", che vaga rancoroso e impaurito tra le macerie di un mondo devastato da una catastrofe naturale, alla ricerca di una spiegazione, dell'affetto perduto di cui conserva un ricordo solo generico ma prezioso e necessario.

Se lo sconcerto e la paura prendono l'animo della vittima, figurarsi la condizione di chi lo ha amato e rifiuta di accettare la sua scomparsa come una questione definitiva.

Sei mesi dopo lo tsunami che devastò le coste sull'Oceano Indiano nel 2004, causando la morte di oltre 270 mila persone, troviamo una giovane coppia europea che ha deciso di fermarsi in Thailandia, nella speranza di poter avere notizie del figlio ancora bambino, inghiottito dalla furia delle acque, ne confronti del quale la madre rigetta ancora l'idea ormai consolidata che lo stesso abbia trovato la morte nella catastrofe.

La vita della coppia prosegue in una mesta tranquillità, fino al giorno in cui, partecipando ad una evento di beneficienza a favore dei bambini scampati alla sciagura, in un video la donna pare riconoscere, dal dettaglio di una maglietta da calcio che vede indossata ad un bambino ripreso di sfuggita dalla telecamera, la figura esile del proprio figlio scomparso.

Da quel momento sarà impossibile per il marito più realista, riuscire a fermare la donna dall'intenzione di riprendere le ricerche presso un arcipelago rimasto isolato e popolato unicamente da etnie locali: gli stessi luoghi oggetto delle riprese del video di cui sopra.

Durante quel massacrante peregrinaggio, la coppia verrà sottoposta a diverse vessazioni e ricatti da parte di scaltri abitanti del luogo, che si improvviseranno maldestramente nel ruolo di guide all'interno di un percorso sempre più complicato dalla presenza di una natura rigogliosa ed incontrollata, al solo scopo di estorcere somme ai due europei, giocando perversamente sulla fragilità della donna, disposta a tutto pur di ritrovare in vita il proprio bambino; ma il vero pericolo si rivelerà sotto altre e ben più perverse ed impalpabili forme, trasformando l'intimità di coppia pressoché perfetta, in uno scontro psicologico tra coniugi, ove visioni cupe e torve di una popolazione complice del paesaggio ostile ed impervio, finirà per far vacillare e compromettere la ragione dei due, fino alle più estreme conseguenze.

Dopo un incipit sin troppo da cartolina, con una coppia esteticamente molto e sin troppo bella e perfetta (Rufus Sewell macho e possente ed Emmanuelle Béart in bichini ridottissimo e sgambatissimo che rende giustizia ad un fisico scolpito ed affusolato con grazia, costituiscono una famiglia da calendario sexy che stenta a ritrovarsi facilmente plausibile nella realtà schietta di tutti i giorni), la controversa opera seconda di Fabrice Du Welz finisce per convincere, almeno in parte, quando l'azione si sposta nelle viscere di una natura che pare perfida e pervasa da spiriti ostili: qui il cineasta belga, nell'intenzione di rendere palpabile la paranoia che divide i due coniugi - uno ancora razionale e scettico, l'altra completamente protesa a fidarsi dei loschi individui che la conducono per un amore materno che non accetta compromessi - pare avvicinarsi in modo interessante, rispettoso ed ispirato, all'incubo conradiano della ricerca estatica di una salvezza e di una fuga che, nella sua essenza, avvicina i protagonisti allucinati e resi folli dalla disperazione per l'atmosfera di morte concreta che si trovano a condividere, ai personaggi - parimenti folli e disperati - dell'odissea senza speranza che pervade le pagine di Cuore di tenebra.

L'inquietudine e il disagio diventano quindi palpabili ed il film, con i suoi fantasmi erranti che a quel punto è quasi impossibile discernere dai nativi ridotti all'età della pietra, riesce finalmente e solo in quella mezz'ora finale ad assurgere ad un ruolo di film di genere, come è lecito aspettarsi dal regista di Calvaire: un horror d'atmosfera e di inquietudini mortali, comunque e nonostante tutto piuttosto saldamente legato alle devastanti cronache dei fatti che sconvolsero i territori indo-oceanici di inizio anni duemila. 

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