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Paprika

Regia di Satoshi Kon vedi scheda film

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AndreaVenuti

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La recensione su Paprika

di AndreaVenuti
10 stelle

Paprika è un film d'animazione giapponese del 2006; scritto, diretto e disegnato da Satoshi Kon e prodotto dalla Madhouse.

 

Sinossi: Un manipolo di geniali psichiatri giapponesi è riuscito ad inventare un dispositivo, denominato DC Mini, in grado di penetrare all'interno dei sogni dei pazienti per scorgere nel loro subconscio l'origine del malessere che poi si riflette nella vita di tutti i giorni del malcapitato.

Il dispositivo non è ancora stato lanciato nel mercato ed è in fase di sperimentazione, ma sfortuna vuole che un giorno alcuni prototipi siano stati rubati ed il panico inizia a diffondersi...

Paprika (discorso analogo per la serie anime Paranoia Agent) rappresenta la summa della poetica stilistica e contenutistica di Satoshi Kon, un autore che ha contribuito moltissimo al rinnovo dell'animazione giapponese nonostante una carriera molto breve spezzata da un male incurabile; un autore che fin dagli esordi ha puntato e proposto tematiche estranee al mondo dell'animazione o quantomeno analizzate solo da un numero ristrettissimo di autori; pensiamo allo psycho-thriller Perfect Blue (//www.filmtv.it/film/27976/perfect-blue/recensioni/911097/#rfr:none) oppure alla compenetrazione tra reale e immaginario già perno in Millennium Actress (//www.filmtv.it/film/27977/millennium-actress/recensioni/900099/#rfr:none).

 

L'incipit è pura poesia e si potrebbe tranquillamente considerare come un film a se stante per quanto complesso, affascinante e stratificato in cui emergono diverse tematiche care al suo autore: l'opera si apre mostrandoci un fastoso spettacolo circense, poco dopo la telecamera si focalizza sul detective Konakawa nel bel mezzo di un'indagine (siamo sempre al circo) con il poliziotto in procinto di cattuare un misterioso criminale ma improvvisamente il tutto si rivela essere una sorta di incubo grottesco del soggetto; ed ecco che il regista inizia ad esprimere senza freni la sua visionarietà, catapulando il detective in luoghi ed epoche diverse che rispecchiano determinati generi cinematografici come i film d'avventura (si cita apertamente Tarzan) oppure il thriller hitchcokiano.

Dunque fin dai primi minuti per lo spetattore sarà davvero difficile distingue tra sogno e realtà, tematica predominante dell'autore nipponico.

Satoshi Kon ci presenta una struttura a scatole cinesi, contraddistinta da una messa in scena artificiosa dove ad un primo livello di analisi emerge l'incredibile follia visionaria di Kon; noi spettatori verremo travolti da una serie d'immagini ultra-pop, pschicadeliche, cervellotiche ed incredibilmente grottesche ma in realtà il tuttò si rivelerà essere una profonda analisi della società giapponese che ha da poco superato una profonda crisi economica (altro aspetto fondamentale per il regista).

Attraverso i lidi infiniti del subconscio Satoshi Kon esplora tematiche rilevanti ed attuali, ad esempio viene effettuato un parallelismo tra sogno ed internet, in quanto in entrambi i luoghi possono prendere forma e vita i desideri più repressi dell'uomo; internet inteso come mezzo dalle potenzialità infinite ma allo stesso tempo luogo pericoloso, meta dei più temibili criminali.

Satoshi Kon inoltre ragiona su quali siano i limiti della scienza, richiamando il suo maestro Otomo (omaggiato apertamente nel finale apocalittico); nel film emerge come in alcuni casi, non sempre ovviaemente, la ricerca scientifica possa in realtà trasformarsi in "masturbazione mentale" dove l'uinico vero obiettivo dello scienziato è soddisfare il proprio ego senza minimamente preoccuparsi del bene del prossimo che scaturirebbe dalle sue invenzioni.

 

Interessante anche la considerazione del regista che pone il sogno come ultimo porto in cui rifugiarsi; qui bisogna soffermarci un attimo poichè obiettivamente la nostra privacy in concomitanza con l'evoluzione della tecnologia è continuamente messa in pericolo e clamorosamente il sogno potrebbe essere l'ultimo baluardo in cui conservare ricordi preziosi.

Allo stesso tempo però il sogno rappresenta l'emblema della sofferenza dell'individio, impossibilitato ad imporsi in una società troppo competitiva ed iper-capitalista, è costretto a ripiegare nel sogno.

Paprika si distingue anche per una sceneggiatura molto più complessa ed elaborata di quanto possa sembrare; nel film ci sono due/tre sub-plot interessanti che si evolvono in maniera assolutamente innovativa come comferma il matrimonio finale della protagonista (messo fuori campo, evitando un classico chichè del genere) che sfida le convenzioni sociali; oppure pensiamo all'indagine iniziale del detective, una sorta di macguffin hitchcokiano e puro pretesto per indagare sul passato del soggetto.

 

Nel film inoltre emergono altre tematiche importanti: dalla protagonista/eroina femminile (costante nel cinema di Kon) passando per il tema del doppio (in simbiosi con l'utilizzo dello specchio) fino ad arrivare ad una serie di problematiche sociali tipicamente giapponesi come la piaga di coloro che effettuano fotografie sotto la gonna di ragazzine, fino ad arrivare al ruolo dell'Imperatore mal visto dalle nuove generazioni.

 

Infine impossibile non menzionare l'elemento metacinematografico; nel film si parla addirittura di linguaggio tecnico spiegando cosa sia "l'asse di ripresa" oppure il "panfocus", inoltre Kon si concede un meritatissimo momento di autoreferenzialità (vi rimando al finale del film).

Paprika è un capolavoro assoluto della storia del cinema, da vedere e rivedere più volte, arigatò Satoshi Kon.

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