«Non trovi che internet e i sogni si somiglino?» domanda Paprika, alter ego onirico-virtuale della dottoressa Chiba nell’omonimo capolavoro finale (non solo perché suo ultimo film) di Satoshi Kon. Il mondo onirico e quello virtuale sono infatti entrambi dimensioni dove «il conscio represso» trova un’emersione, una purga, un sollievo. Ma anche molto altro. Paprika, 2006, conclude prematuramente il corpus audiovisivo di Kon, tanto breve (quattro lunghi e una miniserie, Paranoia Agent) quanto tuttora sbalorditivo. Perfect Blue è la sua opera prima, dopo e durante l’attività da storyboarder e mangaka (altrettanto imprescindibile per navigarne lo sviluppo tematico). Come Paprika/Chiba e le protagoniste che seguiranno (per Kon è sempre femminile il mezzo attraverso cui vagliare la realtà), la nostra eroina, Mima, è anche lei doppia. Suo malgrado.

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Perfect Blue (1997) scena

Siamo nel 1997, il World Wide Web ha appena mosso i primi passi, e il mondo delle idol, le popstar giapponesi imperativamente adolescenti-bellissime-irraggiungibili, si confronta con un improvviso (e temporaneo) tramonto. Così, Mima deve ripiegare su una carriera più fruttuosa, più matura: quella di attrice. E tradire la promessa eterna dell’idol, prodotta e proposta in serie a fan voraci, proprietà artificiale di un’industria pronta a espellerla al primo scivolone (oggi come nei 90). L’idol è un sogno di bambina arduo da scaricare, una pelle da togliersi per indossarne a fatica una nuova, anzi, più di una: per cominciare, un ruolo minore nella serie poliziesca Doppio legame. Ma quel sogno è pervasivo, un simulacro che, in accordo con le teorie di Baudrillard, parassita la realtà della Nostra (appunto) perché appartiene anche ad altri: La stanza di Mima, blog che la ventunenne ha modo di leggere quando la sua manager, Rumi, le installa un monitor in cameretta, annota minuzioso le sue azioni quotidiane, i pensieri, i tentennamenti, fino a scartabellare il suo animo, a portare alla luce, dandoli in pasto a utenti senza volto, i suoi veri desideri, le sue vere paure: no, quel servizio fotografico osceno non sarebbe dovuto esistere; no, quella scena di stupro è stata una violenza, io, Mima, non avrei mai voluto che mi vedeste così, non avrei mai voluto vedermi così.

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Perfect Blue (1997) scena

Chi è l’autrice, o l’autore? Qualcuno oppone resistenza alla dissoluzione del blu perfetto (il titolo è lo stesso del romanzo di Yoshikazu Takeuchi che però Kon smantella); un colore culturalmente duplice, con un significato morale di purezza e fanciullezza, ma anche, nel teatro Kabuki, associato agli antagonismi, ai nemici ebbri di gelosia. La prova uno stalker, Me-Mania (!), ma soprattutto la prova Rumi, i cui sogni da idol sono appassiti molto tempo prima, e alla quale è insopportabile vedere la protetta - una figlia putativa, una proiezione riparativa - corrodersi in una nuova immagine, antitetica, altra. Orrendamente carnale, lordata di una nuova verità dell’io: la crescita che presuppone la fallibilità, e che nemmeno in questa fase, forse sbagliata, Mima può permettersi.

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Perfect Blue (1997) scena

L’impossibilità di vivere nel mondo da bambina (oggettificata, controllata, castrata) come da adulta (ipersessualizzata, violata, criticata) è un trauma che Kon fa risuonare in una narrazione ripetutamente franta e allucinatoria, su un impianto realistico inceppato da incubi immateriali e da un vorticoso aprirsi e chiudersi di scatole cinesi fuori e dentro il set. Già, perché il cinema amplifica il disorientamento, asseconda la frammentazione, dunque è, per questo regista dalla voce ancora così nitida e irrinunciabile, un mezzo estremo per studiare la crisi dell’identità nella società postmoderna grazie a un mirabile gioco distorto di specchi e sguardi da uccidere (lo slancio è fortemente depalmiano, mentre Aronofsky, tra i molti epigoni occidentali, innamorato del film ne farà un remake non dichiarato con Il cigno nero). «Io sono reale!» afferma Mima nel finale, guardandoci libera e trionfante dallo specchietto retrovisore. Ma io chi?


Qui sotto la puntata speciale del podcast F for Film Tv dedicata a Perfect Blue condotta da Lorenzo Curti e Nicola Cupperi






Autore

Fiaba Di Martino

Fiaba riceve in fasce un nome lezioso che le profetizza l'amore per le storie, nel cinema, sul cinema e del cinema: a dieci anni vota i film disegnando a matita i pollici di Film Tv accanto ai biglietti della multisala più bella di sempre, l'Arcadia; di lì a poco si innamora delle finestre di Hitchcock, degli occhi di Jean Gabin e dell'aplomb di Lauren Bacall, e lo urla al mondo prima dal giornalino scolastico del classico poi dai siti web (MyMovies, Players, PositifCinema, BestMovie.it), mentre frequenta corsi di scrittura alla Scuola Civica di Cinema milanese e scrive un libro su Xavier Dolan con la collega positivista Laura Delle Vedove. Lost in translation nello stereo totale, ritrova se stessa nella pioggia di Madison County, nelle lettere di Gramsci, nelle ferite di David Grossman, nelle urla liberatorie di Sion Sono, nelle risate di Shosanna Dreyfus, nei silenzi di Antonioni, nelle parole di Frances Ha («non sono ancora una vera persona») e nello spazio tra i titoli di testa e quelli di coda.

Il film

locandina Perfect Blue

Perfect Blue

Animazione - Giappone 1997 - durata 81’

Titolo originale: Perfect Blue

Regia: Satoshi Kon

Al cinema: Uscita in Italia il 22/04/2024