Espandi menu
cerca
La colt era il suo Dio

Regia di Dean Jones (Luigi Balzella) vedi scheda film

Recensioni

L'autore

scapigliato

scapigliato

Iscritto dall'8 dicembre 2002 Vai al suo profilo
  • Seguaci 136
  • Post 124
  • Recensioni 1361
  • Playlist 67
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su La colt era il suo Dio

di scapigliato
6 stelle

Poverissimo film di Batzella quando il genere stava iniziando un fisiologico e lento tracollo (finirà solo sei anni più tardi). Questo, come sappiamo dalla critica, è un riassemblaggio di “Anche per Django le Carogne Hanno un Prezzo” sempre di Batzella e sempre con Jeff Cameron, e di “Quelle Sporche Anime Dannate” sempre si Batzella e sempre con Jeff Cameron e anche Donald O’Brien, oltre che buona parte del cast precedente. Infatti la telefonatissima storia di un losco affarista messicano (Marco Davis alias Gianfranco Clerici), della sua donna (la Barros) e del suo tirapiedi (il sempre notevole Donald O’Brien) che mettono in ginocchio i poveri abitanti di Landford City è apprezzabile solo in alcune scene, nate e prese dagli altri film. Il film si salva giusto per alcune sequenze ispirate che già nei film originali facevano da scene madri, vista la fama della coppia Batzella-Solvay (che poi Solvay è lo stesso Batzella quando firma il montaggio dei suoi film). Molto bello è infatti il momento in cui Donald O’Brien va a casa della donna che desidera e tenta di violentarla mentre nella stanza accanto dorme il marito ferito a morte proprio da lui stesso. Però arriva il duro Jeff Cameron, al secolo Nino Scarciofolo, che gli impone di fermarsi e gli spara ad un orecchio come per ammansirlo. Di buona fattura è anche la sparatoria tra Jeff Cameron e gli uomini di Marco Davis nel villaggio desertissimo di Landford City. La povertà di mezzi, l’aria e la luce invernale, la puerilità della cadenza scenica, diventano, con parecchia fantasia, i punti di forza per gustarsi il film. La sparatoria secca, senza fronzoli inutili, ma anche senza troppo mestiere, inscenata in un paese deserto, ma non abbandonato, suscitano una suggestione particolare e piacevole. Altro bel momento è il finale. Prima la morte di Donald O’Brien, ereditata da “Quelle Sporche Anime Dannate”, bella e in un accennato rallenti che le da gusto; poi il duello tra Jeff Cameron e Marco Davis, che suona meglio che dire “il duello tra Nino Scarciofolo e Gianfranco Clerici”. La loro è innanzitutto una rissa, poi un confronto all’arma bianca, e infine una pistolettata veloce: Cameron spara a Davis che tradito dalla sua donna le spara a sua volta uccidendola. Notare che in “Anche per Django le Carogne Hanno un Prezzo” la Barros e Davis son due fratelli. Il film si chiude così con una bella scena che fa dimenticare il resto: messa in scena posticcia, dialoghi e recitazione da fotoromanzo, da cui il regista eredita la direzione artistica, ed un montaggio, complice il riassemblaggio di altri film, che è solo un feroce pugno in un occhio. Va detto però, giusto per difendere il genere, che molti film minori, i cosidetti dozzinali partoriti come conigli, nella loro sgrammaticatura hanno un fascino popolare particolare, tipo bambini che s’inventano il West sotto casa e s’atteggiano come i pistoleri del cinema imitandone pose e dialoghi, piazzandoli e usandoli però nei momenti più ridicoli e posticci. A questo punto, fatelo fare ai bambini e basta.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati