Regia di Amos Gitai vedi scheda film
Il film migliore di Gitai,se non altro perchè non ricorre a quel doloroso estetismo dell'inizio e del finale di Kippur.Una città israeliana,un condominio,un soldato che utilizza nella clandestinità una stanza per esercitare la propria fragilità sadica su una donna bellissima e senza amore per sè;una donna delle forze dell'ordine e dell'abuso che minaccia a destra e a manca e nel suo grottesco sembra l'ordigno dissennato dell'odio sottopelle al quartiere;un marito senza dignità che resta legato al seno della pragmatica consorte e non sa se ammirare,invidiare o distruggere il figlio che si rifiuta al servizio militare;un reduce dai campi di sterminio che invoca un' apocalisse e la sepoltura di tutto e tutti.Gitai restando ancorato al realismo,insistendo sui dettagli quotidiani,sul rito di stanchezza o dolore dei vari micromondi nel palazzo,restituisce senza forzatura alcuna quanto di folle le guerre e il terrore producono,incistano nell' uomo.La fotografia di Berta ci illustra una città quasi normale dove la morte gli attentati e i compromessi della politica sono lasciati alla voce di una radio;tutto scorre e,perchè no,assume la forma di scelte,in sè giuste,condivisibili, liberanti(la donna che rifiuta il militare e la sua paranoica sessualità,il padre che distoglie il ragazzo dall'assurda imposizione delle armi);ma anche questo non pare sollevare l'animo dei personaggi,non più di tanto.Perchè il nemico è fuori e dentro,e,forse per un attimo,può persino non essere la tragica comodità dello scontro israeliani/palestinesi:il nemico è dovunque,è quel vuoto atroce che qualcuno utilizza per seminare morte certo che la disperazione umana non potrà non rispondere all' appello.
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