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... e divenne il più spietato bandito del sud

Regia di Julio Buchs vedi scheda film

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La recensione su ... e divenne il più spietato bandito del sud

di scapigliato
10 stelle

Come restare immuni dal fascino bantitesco di Billy the Kid? Di cinque anni precedente al capolavoro definitivo di Sam Peckinpah del 1972, il film di Julio Buchs (o chi per lui, ma con ogni buona probabilità è lui il regista, e né Lucio Fulci né Nick Nostro come si vocifera) è un solido spagowestern dalle maestranze quasi tutte spagnole che, nonostante sia stato concepito come “classico”, riesce a tirar fuori un’anima tutta europea con cui ridisegnare i labili confini della leggenda americana. Molta critica apprezza il film, e sostiene pure che la sceneggiatura si basi puntuale sui fatti della vita del bandito newmessicano. In realtà ci sono libertà narrative che allontanano dalla veridicità della storia del Kid e di Pat Garrett. Innanzitutto, non è mai stato provato che i due fossero stati amici. Qui invece, Pat Garrett è addirittura amico intimo del padre di Billy e sposimante della di lui madre. Nel film Buchs prende fatti realmente accaduti ma li risistema e incasella a nuovo all’interno di una narrazione fittizia che segue i passi della Storia per ridipingerne romanzescamente i suoi lati più interessanti. Lo fa con l’omicidio dell’uomo che attenta alla madre, scena ambientata in un luogo isolato, accanto ad un fiume. Nella realtà, oltre ai dubbi sulla veridicità di questo delitto da parte del giovane Billy, il fatto sarebbe comunque accaduto in paese. A seguire, ecco la morte di Tunstall, la guerra di Lincoln, e la morte del Kid, tutto davvero accaduto, ma con modalità diverse che nel film. Soprattutto la morte. Infatti, la peculiarità della vicenda del Kid è la sua morte per mano di Garrett che qui invece muore per mano di un ex amico bandito, il Morris di Antonio Pica (un vago richiamo all’ex-amico e poi rivale Jesse Evans?). Inoltre il Kid muore a casa di Pete Maxwell, nel film invece Buchs l’ambienta a casa dei parenti della figlia di Tunstall di cui Billy è innamorato. Anche questo aspetto, dico dell’amore tra la figlia d Tunstall e del Kid, è pura invenzione cinematografica. Bisogna quindi andare cauti ad accostare la vicenda reale del Kid con il film di Julio Buchs, anche perchè a questo manca uno degli snodi più conosciuti, più documentati e più affascinanti di tutta la vita di Billy the Kid: la fuga da Lincoln con la morte di J.W. Bell e di Bob Ollinger.
Ma come il film di Peckinpah ci insegna, è la figura del Kid a catalizzare l’intera narrazione a spingerla là dove deve arrivare: al culmine del destino. E il Kid in “...E Divenne il Più Spietato Bandito del Sud”, meno classico dell’originale spagnolo “El Hombre que Mató a Billy el Niño”, ha il volto unico ed irripetibile del più tragico attore spagowestern: Peter Lee Lawrence. Se Anthony Steffen è l’attore della tristezza e della compassione, Peter Lee è quello della tragedia e del titanismo. L’attore tedesco, che a parte ad un piccolo ruolo in un film a episodi di Gianni Puccini esordiva nient’altro che in “Per Qualche Dollaro in Più”, è uno dei Kid meglio riusciti nella storia del cinema. Credo che comunque quasi tutti gli attori che hanno interpretato il Kid siano stati baciati dalla grazia del ruolo consegnandoci ognuno una grandissima interpretazione. Parlo di attori come Paul Newman, Jack Buetel, Kris Kristofferson e Val Kilmer tra i tanti. Ma l’impareggiabile è lui, Peter Lee Lawrence. Cavalca e spara come un demonio. Impreziosisce la sua già ispirata performance banditesca con il suo fisico e il suo volto evocativi. Sussurra a pelo di labbra frasi lapidarie tenendo lo sguardo da lupo rabbioso fisso negli occhi del rivale o irrimediabilmente lontano dagli occhi di chi ama. Cambia di look diverse volte nell’arco del film, ed ogni volta ci esprime qualcosa di lui che il testo non dice, ma che ci dice l’attore con il suo corpo. All’inizio è stereotipato come il bel ragazzino biondo, gioiello di sua madre, e infatti lo vediamo a petto nudo per tutta la seconda metà della sequenza. Ammazza l’uomo che stava violentando la madre accoltellandolo da dietro. Lui mezzo nudo, con un’arma fallica uccide da dietro, penetrandolo, l’uomo che stava per abusare della donna che lo ha partorito. In seguito veste la camicia larga dell’amico Pat che lo accoglie a casa sua dopo il delitto. Fuggirà anche con questa camicia indosso e fino a che non capiterà a lavorare in un droghiere che gli darà cibo e vestiti, la vestirà come se fosse il corpo del padre/amico che non ha più. L’adolescenza finisce, e con essa la sua esplicita ambiguità, e lo troviamo nel fiore della giovinezza sessuale. Billy indossa un’erotica maglia rosa attillata, con lo spacco vistoso. Accoglie con rudezza e distacco l’amico/padre Pat Garrett. Poi continua nelle sue peripezie, cambia abito all’occorrenza, fino ad indossare un completo nero da pistolero professionista. E questa è l’età adulta che porta con sé i colori di una morte prematura. Il destino fatale che incombe sulle vite eccezionali, mai tenute a freno dal sistema perchè è un sistema incapace di ingabbiare gli spiriti liberi. Il Kid di Lawrence è una furia della natura. Amletico nel suo disturbo isterico, in questa sua attrazione/rifiuto per la violenza e l’omicidio, è il bandito della tragedia moderna, di una gioventù persa. Persa tra il passato classico e certo di solide direzioni, e il futuro ormai rivoluzionato, libero, sessantottino. Una generazione ribelle e tragica perchè il sogno s’infrange contro le mura dei poteri forti, del sistema borghese e delle regole del quieto vivere ipocrita. Delitto e Libertà cercano di dialogare, ma non ci riescono. Il Kid cerca di conciliare una pratica violenta con un obiettivo di pace, ma non ci riesce. É il suo volto, il suo corpo adolescente e stanco, il suo ruolo, spesso e volentieri perpetuato in varie declinazioni lungo la sua carriera attoriale, ad esprimere la potenza intima e fisica di Peter Lee Lawrence. Infatti l’attore sarà un personaggio psicolabile, arrabbiato, titanico e in definitiva analisi tragico, in Spaghetti Western come “Dove Si Spara di Più”, “Garringo”, “Quando Satana Impugnò la Colt”, “Arriva Sabáta!”, lo stesso “...E Divenne il Più Spietato Bandito del Sud” e il seminale “Per Qualche Dollaro in Più” che già lo definisce come bello, maledetto e tragico.
E l’attore tedesco è solo il più brillante di una serie di diamanti che vengono posti in bella luce per la confezione finale del film. Infatti ad interpretare Garrett c’è un Fausto Tozzi in grande spolvero, in una aderenza al ruolo che, nonostante le palesi differenze con la Storia vera, è solida ed incisiva. Così come la modulazione narrativa scelta da Julio Busch resta in ultima analisi l’ossatura che permette al film di non sbavare e cadere su se stesso. Ripercorrendo una personale vita del bandito di Fort Sumner, il regista lo fa cavalcare nel deserto, rubare cavalli, incontrarsi coi banditi, lavorare per Tunstlall, vendicarne la morte a Lincoln che altro non è che la famosa El Paso almeriense della Mini Hollywood, difenderne la proprietà dagli uomini di Murphy (tra cui Frank Braña e Luis Induni che muore in un duello dalle traiettorie bellissime), e così via, come incontrarsi con un pittoresco e cimiteriale Francisco Paco Sanz in pieno deserto oppure, bellissima scena!, l’isteria di Billy che lo condanna a morte: mentre Garrett lo porta al giudizio della legge, un vecchio cittadino accusa Billy di aver fatto morire sua madre di crepacuore, ma Billy non resiste e gli spara sotto gli occhi di Garrett, sotto gli occhi dell’intero paese, sotto gli occhi del mondo. E queste sono alcune, le migliori credo, delle più belle scene del film, la cui mano registica è solida. Sulla paternità del film posso dire che non c’è traccia della mano di Lucio Fulci, a meno che girò scene in cui non era previsto un suo commento autoriale, e il film, benchè abbia dei momenti più ispirati di altri, sembra essere condotto dalla stessa mano, seguendo un ritmo preciso. Un lavoro a più mani sarebbe, credo, più riconoscibile. Stupisce quindi, a monte di tutto questo, il lavoro finale, un film solido, fatto con tutti i crismi della tradizione classica, ma già ammantato (grazie a Peter Lee Lawrence e alla sua performance) di tutte le modernità sentite all’epoca. Anche le riprese sono ispirate in più di un’occasione, soprattutto nelle sparatorie, dove la mdp insegue il Kid in ogni sua posa, ogni suo tuffo, ogni sua pistolettata, tale da rendercelo mitico ad ogni inquadratura. Forse è il capitolo finale, la morte, che sebbene diretta con polso è comunque troppo rapida come scena e si chiude senza incisività. Ma nulla toglie che per tutto il film abbiamo assistito ad uno spettacolo pieno di grinta e di rabbia, con un grande attore tra i migliori del genere: Peter Lee Lawrence.

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