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Vite vendute

Regia di Julien Leclercq vedi scheda film

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John_Nada1975

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La recensione su Vite vendute

di John_Nada1975
3 stelle

Leclercq aveva anche abbastanza cominciato bene, una decina di anni fa con rudi neo-polàr di ambientazione banlieu e immigrazionista, come "Braqueurs", e altri. Ma già nell'ultimo "La Sentinella" con Olga Kyurilenko, solito film d'azione con eroina una volta si sarebbe detto "in gonnella" oggi bisogna dire ammazzasette e spostamontagne, devoluzionista agli stereotipi femministi  correnti che pretenderebbero di sostituirsi ad altri stereotipi, era chiaro che Leclercq aveva abbracciato la causa mangiona di Netflix ai minimi apparenti di impegno e consistenza.

Quello che potrebbe anche fare un minimo incaz*are, è il pretendere con questo nuovo film, di sfruttare per suscitare interesse e aggancio, ad un capo d'opera, anzi due,  e ad una sceneggiatura citata nei titoli ovviamente digitali, di un capolavoro come quello di Henri Georges Clouzot, e dell'altro capolavoro settantiano, il suo rifacimento ad opera di William Friedkin. Cosa ovvio, assolutamente impossibile, poi con questo tipo di approccio.

E' quindi operazione di solenne cialtroneria utilizzare un simile goffo aggancio, per nient'altro che un "action" sparatutto neanche realizzato malissimo, ma con tanti inseguimenti altrove migliori e pur cialtronate assortite quali la sequenza della strada minata e molte altre, oltre che un tributo scontato ad ogni convenzionalità oggi dovuta, quindi non poteva mancare fiera e coraggiosissima co-protagonista femminile, in un film che un tempo era tutto al maschile, oltre che così poter offrire almeno una scena di scopate e intermezzi sentimentali con baci slinguati. "Non fare il maschio protettivo con me" è la tipica perla di battuta, che non poteva mancare in un prodotto del genere offertoci da Netflix, che quasi sempre vuole soltanto uno spettatore consumatore, non certo pure pensatore.

Almeno essa è però l'unica bianca francese, visto che i molto noti e attivi in Francia- ma di ben poco carisma e intensità per solo poter pensare di accostarsi agli attori dei due film precedenti) Franck Gastambide, Alban Lenoir, sono ovviamente arabi, tanto che oramai in molti film d'oltralpe sembra che gli unici veri francesi siano magrebini e di religione musulmana.

E come è brutto un cinema nel quale le esplosioni, i pozzi petroliferi o di gas in fiamme, i colpi di arma da fuoco e relativi spruzzi di sangue dai corpi, sono anch'essi creati in digitale, con relativo(anche fossero fatti al meglio), fintissimo effetto. 

Così l'immagine nitidissima e senza alcun impasto dello stesso digitale, che tutto potrà mostrare fino al minimo dettaglio, ma che con i suoi colori tutto potrà sembrare, fuorché cinema.

Ma non sarebbe neppure da soffermarcisi tanto, per un prodotto di mero consumo veloce ad uso delle platee domestiche da "italiano medio" tutto piattaforme e partite di calcio, ora di tennis. E come una partita va preso il film, talmente lontano e impossibilitato, dalle riflessioni esistenzialiste financo filosofiche, dalla restituzione della visione di un mondo, dal suo microcosmo di uomini in un "buco del culo del mondo", uniti per la sopravvivenza e il sogno della ricchezza, in una missione disperata e dal finale nero senza speranze, nichilista, dei precedenti. Niente da poter prendere così sul serio, in questa occasione.

Unica sequenza un pò migliore l'attraversamento del guado di petrolio con i camion, anche lì risolta troppo sveltitamente rispetto al pathos che dovrebbe creare, scena tra le centrali dei precedenti, e unica cosa davvero bella i camion MAN da deserto a 4 assi e 8 ruote per il trasporto dei 200 lt. di nitroglicerina. E che dire delle fin troppo stilosissime lussuose Porsche Cayenne nere di scorta, con luci riflettore sul tetto, e griglie antisassi, di scorta al convoglio? Da sculto le ampolle di nitroglicerina gettate come granate dal cassone del camion, sul pick-up dei predoni del deserto inseguitori, ma non esplode appena agitata? E ancora più da sculto il fare della ONG immaginaria, una certa "World Health Organisation", l'organismo che porta vaccini nelle "township" di profughi e sfollati(nel paese arabo immaginario in cui il film è ambientato vi è da poco avvenuto un colpo di stato e successiva guerra civile, ma perché non utilizzare il termine "baraccopoli", forse perché non abbastanza "pulitino"?) e nel film rappresentato dai due eroici co-protagonisti, la bionda e un giovane nero, che soprattutto in tempi di post-covid 1984, e malefatte attinenti dell'OMS, sembra davvero una scelta di sceneggiatura oculata e simpatica, eh si.

 

John_Nada1975

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