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Diabolik - Chi sei?

Regia di Antonio Manetti, Marco Manetti vedi scheda film

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La recensione su Diabolik - Chi sei?

di YellowBastard
6 stelle

I Manetti Bros. tornano a raccontare le gesta di uno dei personaggi più iconici del fumetto italiano di sempre come l’oscuro e misterioso Diabolik, creato dalle sorelle Angela & Luciana Giussani negli anni Sessanta con il terzo e ultimo capitolo della saga iniziata con Diabolik nel 2021 e proseguito con Diabolik – Ginko all’attacco! l’anno dopo, e girato in contemporanea con il secondo.

 

Diabolik  Chi sei chiude la trilogia all'insegna del vuoto

 

Come anche nei precedenti capitoli, i Manetti Bros. riprendono la trama di un fumetto del 1968, al quinto anno di pubblicazione degli albi del Re del terrore, ovvero il numero 107 dal titolo omonimo nel quale le sorelle Giussani rivelano finalmente le origini del loro diabolico protagonista che è tale soprattutto per le sue mancanze: un passato privo di identità e/o radici, non ha mai avuto un nome o una famiglia e la totale mancanza di empatia verso gli altri lo hanno trasformato in una belva priva di emozioni e senza pietà, come l’animale, una pantera nera assassina, di cui porta orgogliosamente il nome.

 

Parimenti ai due precedenti capitoli, e col consueto entusiasmo, i Manetti Bros. trasfigurano su schermo le pagine del fumetto per quello che è l’incisivo epilogo di una trilogia concettualmente originale (!) in un lodevole (o azzardato?) tentativo di trovare una via (italiana?) europea alla trasposizione di un fumetto sul grande schermo (qualcosa del genere era già stato tentato da Steven Spielberg con Le avventure di Tintin - Il segreto dell'Unicorno).

Ma rispetto ai primi capitoli le atmosfere dagli anni’60 si spostano agli anni’70 che diventa anche l’occasione per i Manetti Bros. di giocare i generi, con evidenti “tracce” che vanno dal poliziottesco al thriller italiano, da Fernando Di Leo a Lucio Fulci (e la presenza di Barbara Bouchet in questo senso, e molto di più di un semplice cameo) e Mario Bava (Sei donne per l’assassino) in un sentito omaggio alla Golden Age del cinema (di genere) italiano mentre per raccontarne le origini, invece, il duo di registi sceglie per l’occasione un bianco & nero espressionista, stilosissimo, e con atmosfere da fumetti anni’40 o ’50, tra scienziati pazzi orientali e/o criminali pseudo/post nazisti e con immagini macchiato da un rosso sangue che omaggia, probabilmente, il Sin City di Frank Miller.

 

Diabolik chi sei? dei Manetti: trama, cast, recensione | Style

 

Girato tra Bologna, Milano, Trieste e parte del litorale laziale, con Praia di Mare in Calabria trasformata nell’isola della cattiva adolescenza di Diabolik, il film dei Manetti Bros. cerca di trasportare lo spettatore in un’epoca ormai lontana la cui voluttuosa immagine retrò e la cura e l’amore per i dettagli d’epoca trasformano la pellicola in un’operazione virtuosamente vintage, tra night club fumosi e basettone puntate che lo rendono un sussidiario illustrato, più che degli anni’70, del Cinema Italiano di quegli anni.

 

La colonna sonora è curata, come nei precedenti capitoli, da Pivio & Aldo De Scalzi e presenta sonorità tipicamente anni’70, tra funky e rhythm and blues, ed il film è interpretato da Giacomo Gianniotti, Miriam Leone, Valerio Mastandrea, Monica Bellucci, Lorenzo Zurzolo, Andrea Arru e Pier Giorgio Bellocchio, e presenta anche i camei di Max Gazzé, Carolina Crescentini e Paolo Calabresi.

 

Puro film “di genere”, in un suggestivo stile retrò più rappresentativo che realistico, l’intera trilogia di Diabolik dei Manetti Bros. è soprattutto cinema di maschere e una "carnevalata" (!) oscura e violenta, eco (e spettro) di un fumetto nero come la peggiore cronaca dell’epoca o il miglior noir all’italiana, va comunque riconosciuta ai Manetti Bros. la coerenza (soprattutto estetica) e una filologia portate avanti indipendentemente dal successo riscontrato e uno stile visivo (e di racconto) per delineati in confini prestabiliti per un’idea di cinema controllatissimo, stilizzatissimo, quasi glaciale nel suo estremismo visivo, progressivo ma mai conciliante con il pubblico.

Un’idea cinematografica che non lascia indifferenti ma anche poche scelte da affrontare: o lo si accetta o lo si rifiuta, categoricamente.

Ed è probabilmente questo il suo peggiore limite (invalicabile?).

 

Diabolik - Chi sei?, la recensione del terzo film - Gamesurf

 

VOTO: 6,5

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