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L'abbraccio mortale di Lorelei

Regia di Amando de Ossorio vedi scheda film

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La recensione su L'abbraccio mortale di Lorelei

di moonlightrosso
3 stelle

Rivisitazione in chiave ultrafolle di un'antica leggenda teutonica.

Verso la fine del franchismo il cinema commerciale spagnolo, fermo a caratteristiche essenzialmente derivative, soffriva d'esser nulla più che una pallida imitazione dei corrispondenti generi di casa nostra, a contraltare di personalità come Carlos Saura, Luis Garcia Berlanga o Rafaèl Azcona, che ispirandosi più o meno direttamente alla "nouvelle vague" francese, erano sempre più dediti alla ricerca di nuove forme di espressione filmica.

A parte lo sperimentalismo cialtrone del prolificissimo Ed Wood locale Jess Franco, i films spagnoli si connotavano per messe in scena pedestri e per un modo di girare statico e antiquato, che andava inevitabilmente a sottolineare una sostanziale e costante povertà di mezzi.

Amando (o Armando) De Ossorio, che trovò nell'horror la sua migliore affermazione con la "Saga dei Templari" o dei "Resuscitati Ciechi", riprende in questa sede un'antica leggenda teutonica nella quale una splendida sirena di nome Loreley distraeva con la sua bellezza e il suo canto ammaliatore i naviganti del Reno che andavano a schiantarsi con le loro imbarcazioni sugli scogli.

Una favola nera che il cineasta madrileno stravolge completamente per regalarci una pellicola pazzesca come solo nei gloriosi settanta si aveva il coraggio di girare.

Secondo la fervida fantasia del De Ossorio, unico autore anche del soggetto e della sceneggiatura, la sirena Loreley, tornando in vita da un sonno di secoli, fuoriuscirebbe dalle acque del Reno per trasfigurarsi nelle notti di luna piena in un mostro rettiloide, una sorta di lupo mannaro preistorico, che ucciderebbe giovani donne nutrendosi del loro cuore al fine di riposare in pace (sic!). Figura centrale dell'intera vicenda è il fascinoso Sigurd, il cui ruolo è affidato al nostro e oggi compianto Tony Kendall, al secolo Luciano Stella, "romano de Roma" già utilizzato dal De Ossorio in altri episodi della summenzionata "Saga dei Templari". Sedicente cacciatore di lupi e di orsi (sic!) è incaricato dal Sindaco per proteggere dal detto mostro e su richiesta dell'arcigna professoressa Ruth (Silvia Tortosa) un collegio femminile situato a poca distanza dal villaggio in cui si verificano i cruenti misfatti. Perfettamente in linea con lo spirito e la cultura di un regime che sotto certi aspetti altro non fu se non una maldestra scopiazzatura del nostro famigerato ventennio, s'incarnano in Sigurd i topòi del più goffo dei cloni del superuomo nietschiano, figura tanto cara a certi leaders d'estrema destra nazionalista. Una bellezza selvaggia da "re del Tuscolano" (o del raccordo anulare), unita a un abbigliamento degno delle più scalcinate esibizioni televisive in playback di Little Tony, è di per sè sufficiente a far cadere ai suoi piedi praticamente tutte le pulzelle che gli capitano a tiro. Ne faranno le spese la medesima Loreley, la cui beltà è affidata alla tedesca e allor quarantunenne Helga Linè, autentica icona del cinema spagnolo a basso budget. Non potendo esimersi dal perdere la testa per l'aitante Kendall, gli proporrà nel finale di vivere con essa nell'eternità a contemplare il tesoro dei Nibelunghi dalla stessa custodito (cosa???), senza però poter spendere un solo centesimo! Sai che soddisfazione!!! Si prosegue poi con la rigidissima professoressa Ruth, vera e propria rivale di Loreley. Inizialmente contraria a ospitare il bel trasteverino in collegio, in quanto possibile turbativa per la moralità delle ragazze, gli confesserà che il manifestato sentimento d'antipatia nei suoi confronti dissimulava in realtà il timore d'innamorarsi (e te pareva!!!). Ciò senza dimenticare l'attempata preside che, guardando il Kendall con aria sognante, s'immagina i numeri che avrebbe potuto fare se avesse avuto qualche lustro di meno.

Donne dunque raffigurate, sempre secondo la logica ultramaschilista del regime, ora come totalmente sottomesse al nostro superuomo d'accatto, ora come delle povere deficienti. A migliore incarnazione della femminile stupidità "deossoriana", ecco che le studentesse dell'arcigna professoressa Ruth si presentano sempre ridacchianti in maniera sconclusionata e demente e alle quali non rimane altro che trastullarsi nella piscina del collegio, in attesa del mostro sventratore, con tristissimi palloni da spiaggia e salvagenti a forma di paperelle!!!

A corroborare un contesto assolutamente weirdo, dominato per nostra somma gioia dall'abbondanza di "gore" (le estirpazioni dei cuori sono ai limiti del sostenibile), non possiamo non citare le numerose ulteriori assurdità che costellano la pellicola (davvero impossibile enumerarle tutte): tra queste svettano: la donna-mostro Loreley, sirena senza tempo e senza età, perennemente coperta da economici costumi da bagno recuperati da qualche bancarella dei paraggi (ma non doveva provenire dal Medioevo??) e alla quale tocca trasformarsi in uno dei mostri più ridicoli della storia del cinema, mutuato dal peggior filmetto giapponese dei vari Gappa o Godzilla di turno o di certi horrors "low costs" di produzione filippina; le incredibili invenzioni del professor Vollander (Angel Menendez) come il raggio laser dalla composizione simile a quella di un raggio lunare (eeh?), che sarebbe in grado di trasformare un arto umano in quello di un essere preistorico (cosa???!), nonchè il pugnale dall'alto potere radioattivo direttamente ispirato alla "Spada di Sigfrido" (???), da utilizzare come arma per uccidere Loreley; ultime ma non ultime le esibizioni del Kendall in veste di provetto sommozzatore che da vero macho indossa le bombole d'ossigeno senza la relativa muta, in barba cioè alle più elementari regole in tema di sicurezza e scendendo ovviamente da solo nelle profondità del Reno.

A ciò aggiungiamo deliziose scenografie ultrapoveristiche come l'antro subacqueo di Loreley, visibilmente di cartapesta, con la sua penosa esplosione finale causata da una bomba recuperata dal Kendall da non si sa dove e che, azzardo io, ha fatto forse da ispirazione per lo "Squalo" spielberghiano, nonchè per i successivi cloni, più o meno riusciti o più o meno maldestri.

A ideale commento della strampalata vicenda, Anton Garcia April, recentemente scomparso causa COVID-19, ci regala una colonna sonora a dir poco straniante con sonorità classicheggianti "alla Lavagnino" inframmezzate da allucinanti "progressive-psichedelici" piazzati lì completamente a casaccio.

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