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Barbie

Regia di Greta Gerwig vedi scheda film

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La recensione su Barbie

di steno79
6 stelle

Dopo oltre due mesi dall'uscita, "Barbie" è ancora in programmazione in alcune sale cittadine, dopo essere diventato campione d'incassi e fenomeno di costume anche da noi (a livello mondiale ha raggiunto la cifra, altissima, di un miliardo e quattrocento milioni di dollari). Si tratta del terzo film da regista della Gerwig, a cui il record assoluto di incassi aprirà sicuramente nuove porte, un film-fenomeno accolto anche molto positivamente dalla critica a stelle e strisce e che probabilmente ci ritroveremo anche agli Oscar, una prosecuzione del suo discorso femminista intrapreso già in "Ladybird" e "Piccole donne", una parabola chiaramente metaforica sul ruolo della donna in una società che ancora non vuole bandire concetti vetusti come il patriarcato e il maschilismo, e infine un romanzo di formazione di una bella bambola che passa dal mondo fatato a quello reale, fatto di lacrime e sangue, e alla fine fa una scelta molto simile a quella di Pinocchio nel libro di Collodi e negli infiniti film che sono stati tratti da esso. Rispetto a "Piccole donne" mi sembra però un passo indietro perché, a parte una confezione scintillante e scelte fotografiche, estetiche e scenografiche di prim'ordine, per il resto questo "Barbie" affronta le sue tematiche senza molta verve o inventiva, con una sceneggiatura che soprattutto nella seconda parte difetta di originalità e di una visione più ampia, accontentandosi di riproporre l'ennesima guerra tra l'universo femminile e quello maschile in una chiave ormai un po' obsoleta e superficiale, non riuscendo a caratterizzare in maniera incisiva neppure l'incontro fra Barbie e la bambina e la mamma del mondo reale, con i discorsi di quest'ultima che appaiono un aggiornamento risaputo di proclami femministi ascoltati fin troppe volte sul grande schermo. Proprio la sceneggiatura scritta a quattro mani dalla regista con l'abituale compagno Noah Baumbach mi sembra il tallone d'Achille dell'operazione, perché in definitiva non aggiorna in maniera appassionante il dibattito sul profilo rinnovato della Donna in un'epoca che giustamente non sopporta più discriminazioni di genere, perdendosi in lungaggini e non riuscendo ad aggirare il rischio della noia. Efficace, invece, l'apparato figurativo, con una fotografia sciccosissima di Rodrigo Prieto che gioca con magistrale evidenza sui contrasti cromatici e sul profluvio di tinte pastello, così come apprezzabile il contributo degli attori più importanti, soprattutto una Margot Robbie schieratissima con la causa Me too e nel complesso convincente nel rendere il dilemma esistenziale della sua bambola, che troverà un approdo felice nel finale. Nel ruolo di Ken un Ryan Gosling non al suo meglio, che sembra essere finito nella pellicola più per un rilancio commerciale che non per ambizioni artistiche, mentre i caratteristi fanno tappezzeria. A conti fatti, per essere un fenomeno globale di tale portata, che supera il merchandising fino a riscrivere le regole dei rapporti cinema/produzione industriale serializzata di beni di consumo, "Barbie" mantiene meno di quel che promette.

Voto 6/10

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