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Io capitano

Regia di Matteo Garrone vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Io capitano

di zombi
9 stelle

la commozione che garrone è capace di scatenarci, viene messa a dura prova dagli sguardi che è riuscito a catturare dai suoi preziosissimi attori, principali e non.

ancora e ben prima di essere un film potente per il soggetto che filma, lo è per gli sguardi, e per come questi sguardi vengono visti, guardati e filmati.

seydou è un ragazzo di 16 anni che vorrebbe andare in europa per realizzare il suo sogno di creare la sua musica col cugino moussa.

una terra di promesse brillanti e stordenti, vengono loro offerte dal vaso di pandora di meraviglie sul telefonino.

da molto tempo invece che andare a scuola, o dopo di essa, lavorano facendo qualsiasi cosa pur di raccimolare i soldi per il viaggio.

ne parla affettuosamente con la madre che subito si preoccupa e si dispera, perchè oramai è di dominio pubblico, che questi tipi di viaggi, sono cimiteri ininterrotti di sogni infranti.

quindi il suo viaggio di essere umano, giovane uomo e cittadino del mondo finanziariamente svantaggiato, inizia con un consiglio di prima mano negativo, in cui gli viene intimato di non affrontare il viaggio in nessun modo, e spiritualmente positivo, nel momento in cui lo sciamano, attraverso un rito che coinvolge gli avi defunti dei due ragazzi, gli dice che può partire.

con una scelta registica cruda che affonda nelle esperienze dei sopravvissuti, già dall'inizio della traversata in senegal, dove si perdono e si abbandonano vite umane come effetti personali, si accostano scene poetiche che però non sono inopportune sfoggi di svolazzi registici pindarici e barocchi.

sono necessari accorgimenti per rendere ancora più forte ciò che sta accadendo a quelle persone.

seydou affronta le sue paure che stanno diventando realtà con la forza di chi sa che non può fare altrimenti.

abbandonati dagli autisti, nelle mani di un beduino che gli fa intraprendere un cammino, nel quale è certo che altri se ne perderanno.

stoico il beduino cammina, chi vuole si ferma a suo rischio e pericolo.

seydou tiene per mano una donna che fluttua nell'aria sopra di lui, solo per  essere consegnati nelle mani dei libici che gli prendono i soldi e li dividono in gruppi. 

che verranno divisi in altri gruppi una volta portati in un fortino prigione.

gli aguzzini hanno traduttori che spiegano per filo e per segno ciò che gli accadrà se non avranno un numero da consegnargli per il riscatto.

non c'è tempo per fraintendimenti linguistici.

il viaggio deve continuare, perchè il business è florido e altri flussi arriveranno, e senza sosta continuerà lo sfoltimento di esseri umani, commercializzati senza ritegno come gli schiavi nell'800.

e gli occhi di quegli uomini e di quelle donne raccontano tutto ciò che una mente ha tentato di accantonare, nel solo intento di raggiungere l'europa.

sono occhi di uomini più o meno grandi e grossi, che sono sottoposti ad un giro turistico nel tunnel degli orrori, di altri uomini come loro, seviziati e torturati, oppure ammucchiati senza vita in terra, come sacchi di cemento.

garrone è attento a quegli occhi e a quegli sguardi, perchè dicono più di ciò che non si può filmare(pasolini o torture porn docet).

seydou ne passa tante e in mezzo a tutto questo tour de force nell'orrore, incontra anche persone buone che lo aiutano. tutte persone che fuggono per trovare un futuro altrove.

è sempre successo e  sempre succederà, anche quando i poveracci non avevano la pelle scura.

garrone è magistrale nel raccontare per immagini il viaggio di seydou nella terra degli uomini, che gli uomini hanno saputo trasformare in un grande discount di mano d'opera, con l'effetto collaterale "vittime di guerra".

e ha saputo anche trasmettere il vacuo e fasullo senso di colpa di chi si ritrova a pensare "ma quando son troppi, son troppi".

quegli occhi che vedono le partire di calcio di calciatori "re del mondo", hanno visto cadaveri semi sepolti nelle dune, torture inenarabbili, vissuti momenti di tenerezza infinita con un surrogato paterno che lo hanno salvato da morte certa e una vecchia carriola dei mari ricolma di speranza da portare sino all'agognata costa italiana.

il film di garrone è una sorta di viaggio nel mondo di oz mischiato alle dodici fatiche di ercole, colorato da musiche originali e canzoni che condiscono la visione di dolci nostalgici mali d'africa, tutto tuffato negli occhi di seydou, che messo al timone da un signore dei trafficanti,si fa capitano di una bagnarola arrugginita carica di vite, e il suo urlo finale ripetuto nelle lacrime è uno di quei finali che si farà fatica a dimenticare senza avere un tuffo nel cuore, cuore di occidentale privilegiato

 

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