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Murina

Regia di Antoneta Alamat Kusijanovic vedi scheda film

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La recensione su Murina

di mck
8 stelle

“Ha morso la sua stessa carne per liberarsi.”

 

 

Con la nominale benedizione co-esecutivamente produttiva di Martin Scorsese, il dalmata esordio nel lungometraggio della croata Antoneta Alamat Kusijanovic, classe 1985, scritto con Frank Graziano e vincitore - conquistando Mélanie Thierry e compagni di giuria - nel 2021 della Caméra d’Or (dopo essere stato invitato a partecipare alla Quinzaine des Réalisateurs al fianco di eccellenti lavori quali “A Chiara” di Carpignano, “Re Granchio” di Rigo de Righi e Zoppis e “Futura” di Marcello, Rohrwacher e Munzi), convince davvero: basato in parte sul precedente cortometraggio del 2017, “Into the Blue”, che, con la stessa protagonista...

 

 

...Gracija Filipovic, classe 2002, raccontava una storia un po’ diversa, ma con delle forti e inequivocabili assonanze con questa, non costituisce una rivoluzione cinematografica, ma - come qualsiasi altra cosa fatta a “regola” d’arte, con cognizione di causa e soprattutto con una qual certa urgenza percepibilmente aleggiante - splende di luce propria, e le pietre, il sole, l’acqua, i corpi (quelli vivi, diguazzanti, e quelli scarnificati e mummificati), gli sguardi, le relazioni costitutive e sedimentate (rimpianti, rimorsi, minacciate ferite incombenti e cicatrici conquistate crescendo) e quelle estemporanee e baluginanti (estive speranze coltivate, sopite, ridestate ed estirpate) sono il tessuto con cui è tramata questa mappa del desiderio (la messa in scena di una "ottusa" aspirazione alla libertà e all'affermazione di sé).

 

locandina

Murina (2021): locandina


A fianco di una recitativamente matura e selvatica Gracija Filipovic nei panni di Julija (per intendersi: in zona Angela e Marianna Fontana), lantropomorfa murena - il teleosteo anguilliforme Muraena helena (Linnaeus, 1758) - del titolo, che "ha morso la sua stessa carne per liberarsi”, stanno ed orbitano Leon Lucev (Ante, il padre-padrone), Danica Curcic (Nela, la madre “amica & rivale”) e Cliff Curtis [Javier, la “ruthless icon” - che si rivelerà essere un tender uncle & family friend - spagnoleggiante con “colonizzante” - l’attore di the Piano, Once Were Warriors, Rapa-Nui, Three Kings, Bringing Out the Dead, the Insider, Whale Rider, the Fountain, SunShine, 10.000 BC, Fear the Walking Dead, the Meg, Doctor Sleep, Reminiscence e Avatar: the Way of Water (in attesa di… Meg 2: the Trench di… Ben Wheatley) è neozelandese di etnia maori - ad altezza cintura kirituhi].

 


Fotografia (riprese subacquee coadiuvate da Zoran Mikincic-Budin estremamente valide) di Hélène Louvart (Corpo Celeste, le Meraviglie, the Smell of Us, Arianna, Beach Rats, Lazzaro Felice, Never Rarely Sometimes Always, la Chimera), montaggio di Vladimir Gojun, musiche di Evgueni e Sacha Galperine e sound design di Julij Zornik, con “Pensiero Stupendo” di Patty Pravo (Fossati/Prudente) e “Volver a los DieciSiete” di Violeta Parra che sembrano nate (anche) per questa luce, questa terra e questo mare.

 

 

Al cinema di Antoneta Alamat Kusijanovic voglio augurare - date le concrete premesse, e con un pensiero anche a Giorgia Cecere, Laura Bispuri e Laura Samani - una progressione artistica ed espressiva à la Lucrecia Martel, Céline Sciamma, Eliza Hittman, Alice Rohrwacher, Julia Ducournau e Léa Mysius.  

 


“Ha morso la sua stessa carne per liberarsi.”

* * * ¾ (****)  

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