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M. D. C. - Maschera di cera

Regia di Sergio Stivaletti vedi scheda film

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La recensione su M. D. C. - Maschera di cera

di scapigliato
8 stelle

Stivaletti esordisce alla regia con un prodotto ambizioso. É un film che avrebbe dovuto dirigere il grandissimo Lucio Fulci, che partecipò anche alla sceneggiatura, e già questo è motivo di grande sfida. In più, lo script originale è quello di due celebri horror di un tempo, difficili da eguagliare, e poi ci si mette la contingenza italiana che nel 1997 dà per spacciato il genere horror. Hanno ragione a dire che la recitazione è da fotoromanzo e che Stivaletti scoppiazza senza mestiere dal Grand Guignol e dalla Hammer, ma il film va salvato ugualmente. La storia, infatti, è quelle tra le più conosciute, eccitanti ed imperfette della mitologia nera. La storia di uno sculture di cere che si aiuta con cadaveri umani per raggiungere la perfezione dell’opera d’arte che poi sarebbe la perfezione della vita sulla morte, ricorda l’archetipo moderno di Frankenstein, ma anche “Il Ladro di Cadaveri” di Stevenson. Questo porta lo spettatore e chiaramente il devoto culture dei topoi orrorifici ad eccitarsi, quasi morbosamente, davanti ad un impianto narrativo che prevede delitto, sensualità, dominio sull’altro, superonismo, e così via. Ma è anche imperfetta nella sua fascinazione. L’impeto, per certi versi erotico, che sottostà alla costrizione di un corpo all’interno di un involucro che lo rende immortale e lo avvicina all’opera d’arte, viene castrato dal brusco finale che in ogni versione è poi sempre quello: l’incendio, dove tutto si scioglie, e si palesa così il marcio del cadavere sotto la bellezza dell’estetica perseguita. Un tocco di originalità al mito del “museo delle cere” è arrivato nel novembre del 1998 da un albo della serie “Magico Vento” di Gianfranco Manfredi. Per il resto, l’imperfezione resta. E anche il film non sa come giocarsi le belle carte che gli si presentano davanti. Il mostro meccanico, poi, cozza con un’iconografia primo-novecentesca che io avrei puntato più sul misterioso e nero, in stile “città magica” di Praga.

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