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Due sconosciuti, un destino

Regia di Jonathan Kaplan vedi scheda film

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La recensione su Due sconosciuti, un destino

di degoffro
8 stelle

"Essere di colore e essere insoddisfatti sono due cose ben diverse", soprattutto nell'America degli anni sessanta. Due sconosciuti un destino recita il titolo italiano: due persone che fuggono chi da un passato doloroso e sofferto chi da una condizione familiare frustrante e monotona, quasi inesistente ("che differenza c'è tra il carcere e la nostra vita insieme" dirà ad un certo punto Lauren a suo marito). Paul è un uomo di colore sensibile, gentile, semplice e generoso: ha una figlia di cinque anni con la quale cerca di ritornare a casa, per ritrovare pace e serenità dopo la morte della moglie. Lauren è invece una moglie delusa, una madre mancata (ha appena perso un bambino), una chiacchierona inarrestabile ("peggio delle cascate del Niagara" la definisce Paul), un'impicciona nata (crede che la piccola sia stata rapita da Paul e mobilita tutta la polizia dello Stato, sulla base di questa sua sbagliata convinzione, creando guai e incomprensioni a non finire). Ha una spudorata ed esagerata ammirazione per Jackie Kennedy, di cui conserva un album con ritagli di fotografie da ogni tipo di giornale e di cui imita gesti, modi di fare, pettinature, suscitando la rabbia e le perplessità del marito; rimane tremendamente sconvolta e scossa dall'uccisione di Jfk a Dallas, dove vive, tanto da decidere di andare al suo funerale, abbandonando al suo destino il marito, perché il presidente è "l'unico uomo che ha votato", uno che per "voi neri ha fatto davvero tanto", salvo poi ricredersi a contatto con la triste realtà delle persone di colore. Sullo sfondo di un'America razzista e bucolica, ("Love field" campo d'amore è il titolo originale), ancora fragile e ferita per l'omicidio Kennedy (le immagini di quei giorni confusi, esagitati e drammatici scorrono sugli schermi televisivi che la protagonista osserva con attenzione quasi maniacale ed esasperante per essere sempre aggiornata su dove sarà condotta la salma del presidente) l'esperto ed intelligente Johnatan Kaplan imbastisce il ritratto di una donna sola ("è davvero brutto essere soli" dice ad un certo punto la protagonista a Paul, parlando della condizione dell'uomo, ma in realtà con un tono di voce ed un'espressione che ben fanno comprendere come si riferisca soprattutto alla sua triste condizione), superficiale, infantile, ossessionata e persa dietro miti irraggiungibili, illusa e incapace di dare una svolta ed un senso alla propria vuota e scialba esistenza. Solo l'incontro con un'anima altrettanto sola come Paul le farà progressivamente aprire gli occhi e la aiuterà a rendersi più consapevole del fatto che la vita non consiste esclusivamente nell'imitare nei vestiti e nel look la first lady, facendole anche riscoprire quel ruolo di madre che non aveva potuto realizzare prima. Grande prova di Michelle Pfeiffer (candidata all'Oscar per questo ruolo), che, pur di interpretare la parte di Lauren, ha rinunciato, forse troppo frettolosamente, ad interpretare "Il silenzio degli innocenti" e "Thelma & Louise". Riesce comunque con estrema naturalezza a rendere viva, autentica ed appassionata la sua Lauren, donna esagitata, insicura, ficcanaso, alla continua ricerca di un punto fermo, di un motivo che la spinga a tagliare i ponti, un appiglio da cui ricominciare una nuova vita più serena e consapevole. A parte un finale decisamente troppo dolciastro ed hollywoodiano (perché non lasciare che i due protagonisti restino semplicemente amici, evitando di suggerire una inutile e poco funzionale soluzione romantica), e qualche risaputa e non necessaria digressione sul tema del razzismo (Paul che viene malmenato da un gruppo di bianchi violenti, i volti perplessi ed increduli di coloro che vedono i due protagonisti parlare tra di loro con tanta simpatia ed affetto, la polizia sempre sospettosa, prevenuta e violenta nei confronti di persone di colore), un'opera ben scritta (da Don Roos, futuro regista di "The opposite of sex" con Cristhina Ricci), coinvolgente e amabile: un buon esempio di cinema medio, un racconto ispirato e piacevole, veloce e scorrevole, semplice e allo stesso tempo ricco di curiose e affascinanti annotazioni, anche di costume, tutti elementi che purtroppo sembrano mancare sempre più al cinema americano di oggi.
Voto: 7

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