Presentato in concorso all’82ª Mostra del Cinema di Venezia, il film Un film fatto per Bene di Franco Maresco nasce come un progetto su Carmelo Bene ma assume rapidamente un’altra forma. Le riprese vengono interrotte dopo numerosi incidenti sul set, e il regista scompare. Da questo stallo si sviluppa un’opera che si concentra sul processo stesso del film mai realizzato, trasformando il backstage in materia narrativa.
Nell’intervista rilasciata a Fulvio Baglivi per FilmTv n. 33/2025, in edicola, Maresco racconta uno scontro reale con la produzione, motivato da incompatibilità profonde tra il suo metodo di lavoro e le logiche dell’industria cinematografica. Il risultato è un film costruito sul racconto di questo attrito, in cui elementi autobiografici, materiali incompiuti e testimonianze si stratificano. La figura di Carmelo Bene resta sullo sfondo, come riferimento iniziale che viene successivamente ridimensionato.
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La macchina che si rompe
Il film Un film fatto per Bene si apre con l’interruzione di un progetto: un lavoro su Carmelo Bene che, secondo quanto dichiarato, avrebbe dovuto essere realizzato in cinque settimane con un budget ritenuto inadeguato dal regista. Dopo numerosi problemi, il produttore Andrea Occhipinti decide di bloccare le riprese. Maresco interrompe ogni comunicazione. A prendere in mano il materiale girato è Umberto Cantone, amico e collaboratore storico, che avvia un’indagine tra gli altri membri della troupe.
Questo percorso dà struttura al film: un tentativo di ricostruire le ragioni del naufragio e, parallelamente, di restituire un ritratto del regista, della sua posizione rispetto al cinema contemporaneo e del contesto produttivo in cui il progetto ha preso forma e si è interrotto. La possibilità che Maresco stia continuando a lavorare al film in segreto viene lasciata come ipotesi.
Maschere senza ritmo
Umberto Cantone assume nel film Un film fatto per Bene il ruolo di testimone e tramite. Non è solo narratore ma anche figura di raccordo tra il progetto iniziale e ciò che ne rimane. La sua presenza tiene insieme il racconto frammentario, cercando coerenze nel materiale disponibile.
Franco Maresco compare anche in scena, non solo come regista ma come personaggio. Questa scelta segna una discontinuità rispetto ad alcuni suoi lavori precedenti, in cui la sua presenza si limitava alla voce fuori campo. La sua rappresentazione attraversa più registri: regista, testimone e protagonista della crisi raccontata.
Il resto del cast – tra cui Bernardo Greco, Francesco Conticelli, Antonio Rezza, Francesco Puma e altri – appare in funzione di questa ricostruzione, tra testimonianza diretta, ruolo nel progetto iniziale e riflessione sul contesto in cui il film si è interrotto.

La tragedia dell’impossibile
Uno dei temi del film Un film fatto per Bene, dichiarati dal regista, riguarda la distanza tra la sua pratica e i meccanismi produttivi attuali. Nella conversazione con FilmTv, Maresco descrive uno scontro con una “macchina cinema” in cui, a suo dire, “conta tutto tranne il cinema”. Il progetto originario – un film d’epoca su Carmelo Bene – non avrebbe trovato, secondo lui, le condizioni necessarie per svilupparsi secondo le sue esigenze artistiche. Da qui nasce lo scontro e la successiva trasformazione del film.
L’inserimento del regista nella narrazione sposta l’opera su un piano che intreccia autobiografia, riflessione artistica e documento. Maresco non delega ad altri la narrazione del proprio punto di vista, e questa scelta contribuisce a strutturare il film come un racconto che incrocia elementi personali e professionali, senza distinzione netta tra i due.
Carmelo Bene è presente nel film come origine mancata: l’autore dichiara che il progetto iniziale prendeva spunto da una storia palermitana raccontata da Letizia Battaglia, legata a Bene e alla figura di Gaetano Mascellino, maestro elementare e agiografo. Questa trama secondaria, che coinvolge il “santo volante” Giuseppe Desa da Copertino, resta nel film Un film fatto per Bene in forma ridotta. L’approccio dichiarato da Maresco è non intellettualistico, più legato a suggestioni personali che a un’analisi critica o filologica.
Una narrazione sospesa
Il film Un film fatto per Bene è costruito attraverso materiali visivi eterogenei: pellicola, video analogico, digitale e riprese da cellulare. Questa varietà corrisponde, secondo quanto affermato dal regista, alla volontà di mostrare i diversi strati della sua produzione e del contesto in cui lavora. Non si tratta di una scelta estetica in senso stretto ma di una modalità che riflette, anche visivamente, la discontinuità e la frammentarietà del progetto.
Un film fatto per Bene non segue una struttura tradizionale né presenta una narrazione compiuta. A partire da un progetto interrotto, costruisce un racconto che si muove lungo direttrici multiple: la crisi produttiva, la posizione del regista, la funzione dei testimoni, l’eco di un’ispirazione iniziale. Il film si sviluppa come un processo di ricostruzione, con materiali grezzi, testimonianze e segmenti non finalizzati.
La visione proposta da Maresco, come dichiarato nell’intervista, è quella di un’opera sincera, sviluppata nel contesto di un’industria che, secondo lui, non lascia spazio a modalità di lavoro indipendenti. L’effetto è un film che documenta non solo una storia ma anche un metodo, una posizione e un sistema in crisi.
Disclaimer
Questo testo è stato redatto sulla base di informazioni e note di regia condivise dalla produzione, supportate dalla visione di interviste e materiali promozionali, ma senza avere visto il film. In alcun modo, quindi, questa presentazione di Un film fatto per Bene può essere intesa come una recensione o una critica cinematografica.
Filmografia
Un film fatto per Bene
Documentario - Italia 2025 - durata 100’
Regia: Franco Maresco
Con Franco Maresco, Umberto Cantone, Marco Alessi, Francesco Conticelli, Bernardo Greco, Francesco Puma
Al cinema: Uscita in Italia il 05/09/2025
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