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Diario Venezia 75. Giorno 1
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Il primo giorno di Festival è sempre un po' come il primo giorno di scuola: non si sa come vestirsi, sì ritrovano i  vecchi compagni, si cerca un posto dove stare. Io il mio primo giorno ho deciso di iniziarlo facendo una bella colazione e avviandomi  con  calma alla sala Giardino per guardare "Sulla mia pelle", di Alessio Cremonini, per la sezione Orizzonti. Con me uno Spaggy rilassato e con baffi.

Alessandro Borghi

Sulla mia pelle (2018): Alessandro Borghi

Il film narra le vicende degli ultimi giorni di Stefano Cucchi, uno dei fatti di cronaca italiana più tristi degli ultimi anni. Avevo paura di questo film, lo confesso. Avevo paura di come un fatto così noto ai più potesse essere trattato dall'industria cinematografica, che può esaltare o macinare qualsiasi cosa. Mi auguravo  ci fosse il rispetto per la vicenda e per le persone che ne sono state toccate da vicino (la famiglia in primis ovviamente). Mi sono imposta di non scrivere sui film in questione su questo diario - per le valutazioni dei film ci saranno le recensioni mie e dei miei amici sul sito- ma di sottolineare solamente le emozioni che  mi hanno suscitato. Con "Sulla mia pelle" ho versato le mie prime lacrimucce (che non possono mancare qui al Lido ormai); sono una sorella prima di tutto, mio fratello è una parte fondamentale di me, la mia empatia nei confronti di Ilari Cucchi è totale. La storia di Stefano Cucchi rimane  a oggi una vicenda ancora da risolvere giuridicamente, trovo sempre positivo che il cinema si presti a non far dimenticare.

Andare al Festival è come andare in bicicletta, basta il primo film per rprenderei i ritmi: caffè,  pipì,  seconda fila per il secondo film. Sempre Sala Giardino, sempre con Spaggy, con il quale abbiamo capito di avere lo stesso programma di visioni per la giornata.

Ryan Gosling

Il primo uomo (2018): Ryan Gosling

Il mio secondo film, a dire il vero, per la maggior parte degli accreditati è stato il primo: "First Man" di Damien Chazelle, film in concorso e scelto per l'apertura del festival. Sono sincera? In vecchiaia mi tengo lontana dai film che superano i 90 minuti, questo ne dura addirittura 135, che per me equivalgono ad una mezza eternità.  Alla Sala Giardino ci sono affezionata perché un paio di anni fa la inaugurarono e ci fu Dario Argento come ospite a presentare la copia restaurata di Zombi di George Romero. Una sala particolarmente scomoda, con poco spazio tra le poltroncine, inoltre la gente non perde occasione per essere maleducata ed io per essere "spigolosa"....ma...ma ho promesso di essere buona e non mi rimaggio i miei buoni propositi solo dopo le prime 2 ore. Usciti dalla sala ho bisogno di mangiare , il film è durato tanto (troppo) e oltrettutto sapevo  già come andava a finire.

Il self service del Festival non è molto invitante, i cibi che vengono proposti sembrano di plastica, in piatti di plastica, ricoperti da una pellicola di plastica. Opto per una insalata, confidando per la cena in qualcosa di più consistente.

Un caffè? So già che  a fine giornata arriverò a quota 5/6, ma anche  la tachicardia a fine settimana fa parte dei giochi festivalieri.

Luis Brandoni

My Masterpiece (2018): Luis Brandoni

Terzo film  (sempre con Spaggy) , ce lo riserviamo per le 15.00, ora "morta" per molti accreditati che  si disperdono nella lunga fila per la piccola Sala Casinò che ospita la divertente commedia argentina di Gaston Duprat  "Mi Obra Maestra", film fuori concorso. Con il mio pass riesco ad entrare con gran fortuna, lasciandomi alle spalle  un brusio di scontento di moltissime persone  che devono trovare altra occupazione per passare i 100 minuti (ben spesi) previsti dal film.

Mi piacciono le commedie di lingua spagnola, intanto perché dopo qualche scena inizio a comprendere il senso dei dialoghi senza leggere i sottotitoli,  poi perché ho una cara amica argentina che prendo spesso in giro in maniera bonaria sulle sue origini. Questo film le piacerebbe  (ed è piaciuto pure a me) perché è anche una dichiarazione di amore per Buones Aires, città che io non conosco e che lei mi racconta con il suo accento inconfondibile quando ritorna dall'Argentina. Finito il film si va in sala stampa, dove incrociamo Supadany. In effetti con gli altri ragazzi ci siamo già persi per le sale dei cinema, ma abbiamo una chat che ci tiene in contatto,  Whatsapp diventa utile anche solo per capire chi è dove.

Tye Sheridan, Jeff Goldblum

The Mountain (2018): Tye Sheridan, Jeff Goldblum

La serata si conclude con il quarto film: "The Mountain", in concorso, di Rick Alverson. Recitano nel film due attori che amo molto: Denis Levant e Hugo Kier. In sala Darsena ci ritroviamo con Alan e Eight nella nostra solita fila, manca Supadany, so che c'è ma si è perso nella sala affollata di gente. Il primo giorno si conclude così, con una veloce  cena e il ritorno a casa.

Una giornata particolare.

Trovo sempre rilassante stare nel buio di una sala cinematografica. Fin da ragazzina era per me una sorta di rifugio, una enorme pancia nella quale accoccolarsi per qualche ora. La Sala Giardino ha una particolarità che la rende speciale, un gioco di luci all'interno colora le pareti e gli spettatori di rosso, di verde o di blu. È consuetudine ormai da un paio di anni farmi una foto colorata all'interno con l'amico che mi accompagna per l'occasione. Il rosso è stato per Dario Argento, il blu per Kim  Ki Duk, oggi il verde per Cremonini. Con me Spaggy.

 

 

 

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