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Cineasti invisibili (3) - Simone Massi
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  • Da oggi, noi utenti myHusky e EightAndHalf, con la collaborazione di lorebalda, pubblicheremo dei resoconti biografici e filmografici di alcuni "cineasti invisibili" poco "di moda" che si distaccano dai gusti predominanti e vanno a nutrire un cinema di nicchia che meriterebbe ben altra estensione. Un approccio semplice a grandi registi poco conosciuti: altro che salotti, il cinema è di tutti.
  •  
  • «Nonostante i premi e il lavoro ventennale, Simone Massi è pressocchè sconosciuto al grande pubblico, visto che i suoi film non sono mai stati distribuiti nelle sale cinematografiche e neppure trasmessi in tv. Il suo cinema è <<fuori misura>>. Sono opere che durano pochi minuti, quasi tutte in bianco e nero, contraddistinte da un lirismo che non ha nulla di spettacolare e che non cerca in alcun modo di compiacere il pubblico. Forse è anche per questo che il pubblico, quando le incontra, se ne innamora.»
  • (Fabrizio Tassi)

 

 

  • A rinverdire il panorama abbastanza desolante del cinema d'animazione italiano (più che desolante, quasi nullo, se non per altri rari nomi altrettanto sconosciuti), ci sono i 19 cortometraggi che Simone Massi ha realizzato nell'arco di vent'anni, dal 1994 al 2014, piccoli esperimenti incredibilmente espressivi sufficienti a comprendere i pensieri e l'animo di un uomo molto particolare, lontano dalla modernità («Un personaggio unico, baluardo di un modo di vivere semplice e onesto. Simone rifiuta i valori che la società odierna propone e impone, ristabilendo un legame forte con i valori della cultura popolare e rurale.» [Francesco Montagner], un "animo resistente", come amano chiamarlo i suoi estimatori, un individuo pronto a "tenere la posizione" e a non cambiare, pur di rimanere coerente con le idee (più che con gli ideali) che contraddistinguono la sua vita semplice.

 

  • (Autoritratto)

 

  • Simone Massi nasce a Pergola, nelle Marche, il 23 maggio del 1970, e fin da giovane dimostra l'incredibile "dono" (come lo chiamava la madre) del disegno, benché non sia nelle condizioni, almeno nell'immediato, di svilupparlo ampiamente. Lascia presto la scuola per lavorare sette anni in una fabbrica, sette anni che ricorderà come terribili e infernali, che gli insegneranno la fatica e il lavoro duro, quello manuale, che si addice a un vero uomo di campagna. Anche i genitori insegnano a Simone i valori della praticità e dello sforzo fisico, nonché tutte quelle tradizioni rurali che da un lato Massi cercherà di portare avanti anche in futuro, dall'altro ripudierà con tutto se stesso, come l'usanza per lui barbara e spietata dell'uccisione degli animali. Si iscrive alla Scuola d'Arte di Urbino, dove apprende la tecnica dell'animazione e dove comincia a elaborare le sue prime opere. La prima in assoluto sarà Immemoria (1995), che già si rivela un chiaro manifesto di poetica. E' l'inizio, per Massi, di una lunga carriera, che lo vedrà partecipare a numerosi concorsi, vincere una lunga serie di premi e infine firmare un contratto per realizzare la sigla ufficiale del Festival di Venezia per almeno quattro anni (dal 2012 in poi). Tutto questo senza muoversi mai da Pergola, dalla casa in cui attualmente vive con la moglie, sua collaboratrice, e con il figlio, luogo seminale di tutto il suo cinema.

 

  • (Immemoria, 1995)

 

  • Le principali ispirazioni, per Simone Massi, non sono solo la vita contadina, le vecchie tradizioni e la memoria (un concetto particolarissimo di tempo, che nasce e si fonde con le immagini, rivelando il suo inesorabile trascorrere e le disparità che esso stesso crea in interminabili e vorticosi pianisequenza), ma anche alcuni autori letterari, da Italo Calvino fino a Cesare Pavese, e alcuni grandi registi del passato, da Andrej Tarkovskij a Federico Fellini, da Theo Anghelopoulos a Aleksandr P. Dovzenko. D'altronde, guardando i film d'animazione di Massi, è impossibile non pensare al finale di Nostalghia, con quello zoom all'indietro che contestualizza e ridefinisce ciò che sta davanti alla MdP. Allo stesso modo, infatti, Massi tende a rivelare, andando "indietro" con il suo sguardo, la natura più intima e nascosta di una data immagine, di un dato pensiero. Così com'è impossibile non pensare a E la nave va di Federico Fellini, per la presenza di un enorme rinoceronte in equilibrio precario sulla barca della sigla del Festival di Venezia.

 

  • (Breve frammento del cortometraggio Venezia/Massi realizzato per il Festival del Cinema di Venezia)

 

  • La maggior parte dei cortometraggi di Simone Massi è in bianco e nero, e il colore interviene soltanto a illustrare o a enfatizzare qualcosa (il momento folgorante e colorato di Adombra, la sciarpa e l'incarnato in Tengo la posizione). La durata non supera mai i 10/11 minuti, e così facendo Massi riesce ad essere immediato e schietto, pur realizzando fulminei viaggi "mentali" tra i luoghi della sua infanzia, dei suoi sogni e delle sue ossessioni: egli inserisce in pochi minuti così tanti accostamenti e collegamenti da rendere ogni suo lavoro un'opera completa e unica. L'andamento delle immagini del cinema di Massi è l'andamento inconsapevole dei pensieri: pensieri e sogni che saranno pure soltanto immaginazione (vedasi la didascalia iniziale di Pittore, aereo), ma che sono anche un'operazione di immedesimazione emozionale che è l'elemento caratterizzante del profondo umanesimo che pervade l'intera filmografia di Massi. Spesso nei suoi film entriamo e usciamo dalle cose e dalle persone, seguiamo fili rossi che ci conducono nel nostro passato, oppure ci ricordiamo dei limiti crudeli che attanagliano la nostra esistenza fisica. A volte penetriamo nella mente di qualcuno, per osservarne i sogni, mentre altre volte ne contempliamo semplicemente il volto, "vuoto ma saturo" (come tiene ad indicare in un suo scritto Olivier Cotte), quasi inespressivo, vittima di un'ideologia lontana dalla logica comune, rurale e tradizionalista, pronta a tutto pur di perseguire le sue leggi e i suoi regolamenti (i volti di Dell'ammazzare il maiale sono più che eloquenti al riguardo).

 

  • (Tre immagini da Pittore, aereo)

 

  • Se il capolavoro riconosciuto di Massi è La memoria dei cani (2006), struggente riflessione sulla distanza che intercorre fra infanzia e maturità, fra gioiosa e ingenua solitudine e struggente e allucinante consapevolezza, il suo lavoro probabilmente più intimo (almeno nella seconda fase della sua filmografia) è Nuvole, mani (2009), che ripercorre i luoghi e i gesti più ricorrenti della sua infanzia, riuscendo in quell'intento che Niente (1996) non era riuscito a perseguire: raccontare il nulla e, al contempo, il Tutto – tutto ciò che c'è nell'autore, e tutto ciò che è l'autore (Io so chi sono [2004]).

 

  • (Io so chi sono, 2004)

 

  • Il cinema di Massi non cerca i favori del pubblico. Non va a tal proposito dimenticata tutta la prima fase della sua opera, sperimentatrice e fresca, molto più intima nelle conclusioni e molto più insofferente dei limiti di un Io estraneo al mondo (verrebbero da citare i Radiohead, nell'agonia percepibile in film come Adombra, che inseriscono un uomo nell'artificiosa società metropolitana; ma il nome a cui fare riferimento senza dubbio è invece Tom Waits, alle cui melodie Massi tenta di ispirarsi nell'accompagnamento musicale realizzato da Nik Phelps nel suo Piccola mare).

 

  • (Jean-Paul Belmondo con la faccia dipinta di blu in Pierrot le fou)

 

 

  • Film giovanili e parzialmente immaturi, come In aprileMillennioRacconti o anche Keep on! Keepin' on! rivelavano la grandissima forza visiva che Massi era in grado di raggiungere con la tecnica della china, della grafite, del carboncino o addirittura della colorazione digitale, mostravano la grazia con cui egli riusciva a citare volti e arti del passato (spontaneo il richiamo a Pierrot le fou in Pittore, aereo, anche se pregno di tutt'altro senso, così come splendida l'influenza che può avere avuto René Magritte in immagini come quelle di In aprile o Adombra con la costante presenza dell' "uomo con la bombetta") e illustravano il gravoso dilemma esistenziale che contraddistingueva l'artista già in quel periodo, prima fra tutte la riflessione sull'identità e sulla incredibile distanza dal proprio corpo e dalla sua usabilità. Insomma, già dal primo periodo Massi crea un'arte e una figura d'artista degna di altri tempi, e che oggi, pur essendo ossessionata dai temi come la Resistenza o il passato marchigiano (non si smentisce l'ultimo corto presentato a Venezia nel 2014, L'attesa del maggio), riesce ad essere paradossalmente innovativo, fortemente liberatorio ed emozionante. Forse perché lui solo sa ancora guardare al passato in un paese aridamente rivolto alle speranze disilluse del futuro.

 

  • (Sopra, una scena di Adombra [1999], con l'uomo con la bombetta fermo a mezz'aria; sotto, Golconde di René Magritte)

 

  • Il processo creativo di Massi (vedasi anche Lieve, dilaga [2012]) è illustrato, fra le altre cose, nell'introspettivo  documentario di Francesco Montagner e Alberto GirottoAnimata resistenza, presentato sempre al 71° Festival del Cinema di Venezia.

 

  • «Io non voglio lanciare messaggi. Vorrei semplicemente che qualcuno, guardando i miei film, si sentisse toccato in qualche modo o riuscisse a riconoscersi in ciò che racconto. Ma se un messaggio ci deve essere per forza allora è questo: le piccole cose sono preziose. Quelle che ci hanno saputo incantare da bambini e che adesso ci sforziamo di liquidare come sciocchezze o di scacciare come mosche. » (Simone Massi)

 

 

 

 

  • Articoli di riferimento
  • Vertigine lieve di Fabrizio Tassi, in Nuvole e mani edito da Minimum Fax
  • Il vuoto è pieno di Oliver Cotte, in Nuvole e mani edito da Minimum Fax

 

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