“ Non c’è rappresentazione critica della violenza che non sia già una confessione della fascinazione verso la violenzache si vorrebbe denunciare. Una fascinazione che tocca anche, inevitabilmente, lo spettatore. In particolare quando la rappresentazione della violenza è cinematografica: violenza proiettata sul grande schermo verso cui tutti i canali sensoriali dello spettatore - immobile, silenzioso, immerso nel buio - sono polarizzati, in uno stato definito di “veglia sognante”.”
(Simone Regazzoni IL SECOLO XIX)
Prima Diaz ora Hunger (anche se quest'ultimo quattro anni dopo, giusto il tempo di vedere Steve mcQueen assurgere ai fasti delle cronache dopo Shame, altrimenti chi se lo filava... ) e visto che il gore/splatter truccato da cinema “civile” tira, siamo in grado di illustrarvi in anteprima le prossime uscite previste che mireranno poco alla sensibilizzazione dell'utenza (e giusto un po' anche ai possedimenti dei distributori...) ma affrontano le tragedie con gran senso del cinema”
“Fare film che, rappresentando l’orrore della guerra, o di pestaggi selvaggi e torture ad opera della polizia, non siano troppo facili da guardare significa, per il cinema, fare i conti con quello che Lacan chiamava il “reale”. Che a differenza della realtà come costruzione stabile dotata di senso è l’elemento traumatico, senza senso, violento, che fa vacillare la nostra idea di realtà. Il cinema, se vuole raccontare il lato oscuro della storia, deve provare a incorporare il reale traumatico della violenza nel racconto della realtà storica, senza con ciò lasciare dissolvere il senso del racconto in una accumulazione caotica di violenza”
(Simone Regazzoni IL SECOLO XIX)
Quello che mi chiedo è perché il “reale traumatico della violenza” dovrebbe sopraffare deduzioni e motivazioni elevandosi (ma a mio avviso, riducendosi) a Spettacolo.
Ci facciamo veramente domande, ora, dopo aver visto Bobby Sands morire il 5 maggio del 1981?
Io non escludo il richiamo apposito di un diffuso e compiacente edonismo voyeuristico a viaggiare di pari passo col bisogno di “fare soldi” di chi fa cinema non solo per arte, ma anche per mangiarci.
Utoya - the island that floats on the blood In Norvegia vengono uccisi ragazzi e ragazze, bagno di sangue in 3D e pezzi di maschietti e femminucce alla rinfusa nella boscaglia.
Certo siamo lontani dalle dinamiche mentali norvegesi ma il film è girato in uno splendido bianco e nero virato seppia.
Con Corso Salani, Angela Finocchiaro, Ivo Garrani, Laura Rossi, Antonello Fassari
In streaming su Infinity Selection Amazon Channel
Ustica - the air that fly on the blood Aereo esplode in volo (chissà perchè) ma questo è il primo film che si cura del vero quesito: dove sono le frattaglie?
Certo siamo lontani dalle strategie di guerra internazionali ma alcuni fotogrammi di nubi cremisi sangue rimarranno indelebili.
Lubjanka - the subway that runs in the blood Attentato nella metro di Mosca. Utenti indifesi usciranno dal tunnel a mo’ di sottospalla, girello e fesa arrotolata. Stripperà d'invidia perfino Takashi Miike...
Certo siamo lontani dai meccanismi dei trasporti russi ma i chiaroscuri delle gallerie metropolitane garantiscono una surreale poesia.
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