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Atto di forza

Regia di Paul Verhoeven vedi scheda film

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La recensione su Atto di forza

di Cinedelia
8 stelle

Nel giro di un decennio (dal 1987 al 1997) Paul Verhoeven, regista tra i più controversi dell’odierno panorama (non solo) Hollywoodiano, ha dato vita ad una trilogia di film futuristici (Robocop, Atto di forza e Starship Troopers) accomunati da una riflessione su tematiche attuali e più che mai disperate (definite da alcuni persino estreme).
Un’attualizzazione legata principalmente da un evidente nesso temporale – un futuro asettico e al tempo stesso documentaristico – e riconducibile ad un’estremizzazione mediatica che trova il suo leitmotiv nella, anch’essa asettica, ricorrente interruzione dell’azione ad opera di brevi spazi (tele)giornalistici.
Interruzioni poco rassicuranti, facilmente riconoscibili perché dotate di quel marchio di fabbrica, caratteristica di quegli autori che hanno raggiunto la piena padronanza dei mezzi e uno stile personale.
Di questi tre film Atto di forza è sicuramente il più criptico, sebbene nascosto sotto le ingombranti vesti di "innocuo" Action Movie.
Questo perché pone le sue fondamenta su di un paradosso ben preciso, per certi versi riconducibile all’analisi avanzata da Paolo Bertetto nel suo saggio su Il gabinetto del dottor Caligari.
Quale porzione di realtà ci viene mostrata all’interno della storia?
La cruda, spietata e al tempo stesso didascalica rappresentazione degli eventi?
O forse sarebbe più logico pensare che l’intera vicenda non rappresenti altro che il “tamarro” e adrenalinico innesto sensoriale (peraltro mal riuscito) cui Doug Quaid, il nostro protagonista, si è sottoposto, alla ricerca del ricordo di un finto soggiorno marziano?
A guardar bene, tutto porterebbe ad appoggiare la seconda ipotesi.
Principalmente per due motivi, riconducibili a due momenti chiave della vicenda:
Il preinnesto sensoriale, durante il quale a Quaid viene concesso di scegliere la tipologia del suo viaggio e della sua avventura (esattamente quello che succederà con il procedere della trama).
E’ qui che veniamo a conoscenza della conclusione della storia, è un membro dello staff della Recall (l'agenzia che offre l'illusione di viaggi intergalattici) a dircelo, sfogliando i vari programmi che il soggiorno prevede:
“Cieli azzurri su Marte.”
Il secondo momento chiave avviene pressappoco a metà film ed è rappresentato dall’incontro tra il nostro protagonista e un misterioso individuo che lo mette in guardia proprio riguardo la sua situazione (“Lei non è realmente in piedi davanti a me.”), preannunciando peraltro (e per la seconda volta) il corso degli eventi da lì in poi.
Certo, questa suggestiva ipotesi non è immune alle più svariate perplessità, tra le quali una sembra essere la più rilevante.
Se tutto quello che ci viene mostrato è un sogno, ad opera dello stesso protagonista, le parti in cui Quaid non è presente cosa rappresentano e come può lui sognare eventi che non lo riguardano?
In questo caso appellarsi all’onniscienza dello spettatore potrebbe rappresentare una facile via di fuga, ma non una certezza, perché in fin dei conti Total Recall trova nella duplicità – continuamente evidenziata durante lo svolgersi degli eventi – il suo principale punto (o Atto, se mi è permesso il gioco di parole) di forza. Il mio blog: http://cinedelia.blogspot.com/

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