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Circles

Regia di Srdan Golubovic vedi scheda film

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La recensione su Circles

di OGM
8 stelle

1993, Bosnia. Un giovane soldato viene ucciso dai compagni per futili motivi. Dodici anni dopo, il dramma è più vivo che mai, e nel frattempo si è esteso. I cerchi prodotti da un sasso lanciato nello stagno si sono allargati, ed hanno proseguito la loro corsa, raggiungendo persone che ora abitano lontano da quel luogo, oppure bambini che all’epoca non erano ancora nati. La realtà non dimentica, ed è così che nascono le storie. Sono i travagliati fili logici che fanno del passato, del presente e del  futuro i capitoli di un flusso incontrollabile che travolge i cuori e passa, con un tocco ruvido e indelicato, sulle anime fragili dei sofferenti. Padri che hanno perduto i figli. Figli di assassini costretti a pagare le colpe dei padri. Madri sole, abbandonate a se stesse in conseguenza di una vita che è sempre stata sbagliata. Ma anche amici che ricordano con gratitudine, e sono, a loro volta, pronti a sacrificarsi per salvare un innocente. Ed altri che, nonostante tutto, pur non riuscendo a perdonare, rinunciano a vendicarsi. La guerra nei Balcani è una tragedia dei giorni nostri che ci ha riportato, davanti alla porta di casa, un male antichissimo, bagnato nel sangue e nelle lacrime, e fonte inesauribile di quei dilemmi fondamentali su cui si misura la virtù dell’uomo. L’ingiustizia umana apre ferite profonde, che rappresentano una colossale sfida per la memoria e la coscienza, trasformando i torti inflitti o subiti in punti di svolta dell’esistenza, in biforcazioni che impongono scelte radicali, infinitamente coraggiose o squallidamente vili. Il film di Srdan Golubovic ne descrive gli effetti a lunga scadenza, mai così netti come quelli imposti dalle leggi della logica, perché immancabilmente diluiti nell’esitazione, corrosi dal dubbio, diradati dall’incertezza.  Il rancore, il rimorso ed il rimpianto sono le scie di un gusto amaro che si trascina lento e zoppicante, massacrato dai contraccolpi di un percorso accidentato i cui contorni taglienti procurano dolore senza fornire chiarezza. Il dopo, in questo caso, è il retroscena che diventa racconto principale, disorganico, disperso in mille rivoli, eppure tenuto insieme dalla comune, tacita richiesta di un perché. Le sue diramazioni sono le diverse articolazioni della domanda, che cambia accento a seconda dell’età e della condizione di chi la formula. Si può essere più o meno abili a trovare una risposta, ma tutti i personaggi sono ugualmente determinati a fare di tutto per cercarla, dentro o fuori di sé. Nel proprio amore, oppure fra le pietre di una vecchia chiesa. Nella solitudine che nasce dal rifiuto o nella fuga verso l’ignoto. Nell’ostinazione di chi si chiude al mondo e in quella di chi si oppone all’inflessibilità dell’odio. La realtà si sfalda, mettendo a nudo i sentimenti che, una volta cessati i fragori delle armi, continuano, di nascosto, a combattere tra loro. Circles sfoglia il romanzo quotidiano della guerra che non finisce, degli strappi che si vorrebbero ricucire con le parole dolci o con i gesti violenti, con la persuasione o con le minacce, oppure, semplicemente, con la silenziosa, eppure eloquente, pratica del buon esempio.

 

Questo film è stato selezionato per rappresentare la Serbia agli Academy Awards 2014.  

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