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Ganz und gar

Regia di Marco Kreuzpaintner vedi scheda film

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La recensione su Ganz und gar

di OGM
8 stelle

Ganz und gar, ossia in tutto e per tutto. Un richiamo all’integrità posto a titolo di un film che, invece, parla del dramma di aver perso una parte di sé. Con la storia di Torge, un ragazzo a cui viene amputata una gamba in seguito ad un infortunio sul lavoro, il giovane regista tedesco Marco Kreuzpaintner, qui al suo primo lungometraggio, sviluppa il dramma di sentirsi diversi e svantaggiati: un tema che riproporrà, in altri contesti, anche nei suoi film successivi. In Sommersturm (2004) sarà il turno dell’omosessualità, in Krabat (2008), una  cupa favola esoterica, il disagio riguarderà invece la schiavitù dell’anima, assoggettata ai condizionamenti di un ambiente ristretto ed esclusivo, qual è quello di una setta capeggiata da un tirannico stregone. E anche in Trade (2008), un film non “suo” (in quanto cedutogli da Roland Emmerich, a cui era stato inizialmente affidato), le protagoniste – donne e bambine rapite, deportate e vendute come merce – sono esseri umani costretti a soffrire in silenzio, all’interno di un  mondo rispetto al quale risultano invisibili. Non essere come la maggioranza, non appartenere alla normalità significa, infatti, non esistere. Quando Torge, dopo essere accidentalmente caduto da un’impalcatura, si risveglia in un letto di ospedale con un arto in meno, la sua vita si chiude a riccio, estromettendolo dal circuito della socialità, fatto di lavoro, amore, amicizie. Torge non può più fare il carpentiere nei cantieri edili, non ha più successo con le ragazze, e la solitudine, unita alle difficoltà economiche, lo costringe a condurre un’esistenza ritirata, in parte coperta dalla finzione di un benessere solo millantato.  Ed è ancora nella menzogna che il giovane cerca il suo riscatto contro una sorte avversa che l’ha privato di tutto: per scommessa, farà in modo di conquistare il cuore di Lisa, la ex fidanzata del suo amico e collega Micha, fino a portarla a un passo dalle nozze. Il suo essere si svuota di verità e coraggio per riempirsi di puro e dissennato cinismo. Anziché tentare di ricostruire la propria identità sulle nuove premesse, Torge preferisce prolungare artificialmente la sopravvivenza di una patetica illusione. Il terreno di un gioco assurdo sostituisce la base della realtà, per lui diventata impraticabile, in senso letterale e metaforico. La sua  personale vicenda si sviluppa col tono tipico del cinema giovanilistico, che concepisce la vita come un’avventura goliardica, in cui tutto può accadere e nulla va preso sul serio. Tuttavia, questo percorso lo porterà gradualmente a scoprire quanto possano essere veri i sentimenti e il dolore che si suscitano per scherzo. A Marco Kreuzpaintner piace raccontare le situazioni con il linguaggio semplice delle cose che si dicono e si fanno senza pensarci troppo su; il suo stile narrativo è spontaneo ed esplicito, eppure curato nei dettagli, nei quali si annidano le sfumature psicologiche rivelatrici. Il suo cinema è blandamente didascalico, totalmente privo di sottintesi, e quindi pulsante di una vitalità in cui ogni cosa risulta immediatamente chiara, pur se moralmente incupita dalla tristezza o dalla malizia.  Un realismo naïf che, in questo film, si applica, con naturalezza ed una gradevole ironia, anche alla rappresentazione della crudeltà e dell’irreversibilità del destino.

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