Regia di Dana Adam Shapiro vedi scheda film
Sondare i percorsi alternativi all’amore coniugale: è l’attività a cui, alla vigilia del matrimonio, si dedica Theo, un fotografo professionista il quale, improvvisamente, scopre un modo virtuale di evadere dalla routine della convivenza con la sua compagna Nat. I riti domestici intorno alla cucina e alla camera da letto diventano una realtà da cui fuggire nel momento in cui all’uomo capita di assistere ad una provocatoria scena di libertà individuale, di piacere spregiudicato e fuori dagli schemi: a sconvolgerlo è l’incontro con una sconosciuta, che, contattandolo tramite internet, lo incarica di fotografarla di nascosto mentre, sulla panchina di un parco, pratica l’autoerotismo. La sorpresa e l’imbarazzo di lui si trasformano subito in un interesse morboso, che è, contemporaneamente, un sogno artistico ed una curiosità umana e per questo motivo diventa oggetto di una ricerca appassionata e metodica. Le sue analisi digitali delle immagini scattate ed i suoi pedinamenti diventano una dimensione di rigore ossessivo, di indagine pura, di razionalità applicata al mistero, in cui la sua anima trova un sofisticato rifugio dall’approssimazione della quotidianità. Non riuscire ad adeguarsi alla tranquillità di un rapporto diventato normale è la malattia di chi ha bisogno di sensazioni fuori dall’ordinario, di esperienze nuove per sentirsi al mondo. Il solitario viaggio di Theo è un flirt mentale con l’idea del tradimento: è, precisamente, un’esplorazione di ciò che è altro rispetto alla banalità di una pentola sul fuoco, un promemoria attaccato al frigorifero, un dito ferito che si infetta, una serata del dilettante che salta, un ricovero in ospedale con la mano fasciata. Di fronte all’eccitante eccezionalità del proibito, la vita a due fatta di premure, di difficoltà pratiche, di problemi condivisi, inizia a pesare come un macigno, fatto di obblighi che implicano noia e responsabilità, rassegnazione ad un’esistenza mediocre e priva di emozioni, in cui non si può lasciar correre, dimenticare, abbandonarsi alla fantasia, sostituendo una chitarra vera con una chitarra giocattolo. Il realismo di questo film è delicatamente stemperato da una romantica leggerezza, che spennella le situazioni con un fresco velo di ingenuità, rendendo tutto facile da classificare: ciò che è innocuo, e rientra nella consuetudine e ciò che, invece, si colloca in una dimensione a parte, sospesa al di sopra degli impegni, dei vincoli, dei giudizi. Il dramma di Theo si consuma nel segreto, perché è implicito nell’insanabile contrasto tra due diversi livelli della realtà. A questo conflitto Monogamy propone, nel finale, una soluzione che suona come una morale, e, a prima vista, può sembrare deludente, per il modo in cui, in un colpo solo, demolisce il presupposto di un dilemma cruciale. Il cerchio si chiude, in effetti, ma questa conclusione ammette anche una lettura differente, che non azzera la tensione fra gli opposti e ne fa, invece, la prova tangibile della splendida ambivalenza dell’amore.
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