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Fase 7

Regia di Nicolás Goldbart vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Fase 7

di alan smithee
6 stelle

Bell’inizio inquietante ed esilarante assieme: due coniugi argentini in un centro cittadino fanno la spesa. Lei è incinta con un emisfero che sembra esplodere da un momento all'altro, segno inconfutabile dell'ultimo periodo di gestazione; ed ha un bel caratterino vivace che scarica sul consorte pacione, un'anima cheta di nome Coco; lui infatti è un bonaccione che si fa passar tutto addosso e resiste come può ai diktat della consorte peperina. Lo shopping diviene come di consueto occasione per sfogare ire represse o malcontenti di coppia mai sopiti e mentre i due baruffano senza tregua attorno comincia a succedere l’inverosimile: già dalle retrovie noi spettatori notiamo improvvise corse ad acquisti compulsivi, fughe, disperazione, panico, incidenti, deflagrazioni minacciose. Senza tuttavia che ciò riesca a distogliere minimamente l’attenzione della coppia capricciosa, troppo impegnata a sfidarsi in una ripicca senza sosta sulle solite futilità.
Sarà solo a casa, ma dopo un bel po’ di tempo e grazie alla chiamata del genitore di uno dei due che i protagonisti si renderanno conto che fuori, tutto attorno, una improvvisa epidemia sta spargendo vittime e panico e le forze dell’ordine stanno isolando singole abitazioni e palazzi per cercare di contenere la tragedia.
Ecco che a questo punto il caseggiato dei due coniugi, isolato da tendoni di plastica asettici per impedire al contagio di propagarsi (non si sa se da fuori o dal di dentro), diviene teatro di un microcosmo di ripicche e tentativi di sopravvivenza degli uni alle spalle degli altri: una via di mezzo tra l’horror puro della coppia Plaza/Balaguero’ (penso a "Rec" naturalmente) e le sanguigne riunioni condominiali dello spassoso e a volte geniale regista iberico Alex De La Iglesias col suo esilarante "La comunidad".
Il bello di Fase 7 è infatti quello di saper bilanciare sapientemente  il coté horror con quello della commedia scanzonata ed ironica, che la butta pure un po’ in vacca quando può grazie a scenette al limite della farsa: e tra vicini di casa fuori di testa, killers spietati che non sbagliano un colpo, motivati dal fatto di essere accusati di essere tra i portatori della pandemia (il cecchino è reso nella sua ruvida scorza alla perfezione dal grande attore Federico Luppi), ed un altro amico di pianerottolo amante delle armi e patito per i rifugi antiatomici, peraltro mai utili come in questa occasione, il film è tutta una corsa contro il tempo per una sopravvivenza,  che appare subito dall’inizio come una condizione fine a se stessa e frutto più di un istinto di conservazione della specie che di un piano tattico ben ragionato. Con un finale semiserio, musicato efficacemente per rendere piuttosto bene le incognite di una fuga del manipolo di sopravvissuti nell'atto di affacciarsi nuovamente alla luce abbagliante del giorno, tra gli spettri di quel che resta di una civiltà di inutili e sciocchi prepotenti che si sono distrutti con le proprie mani.

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