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La figlia del samurai

Regia di Arnold Fanck vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La figlia del samurai

di Ryo
8 stelle

Stanotte RaiTre e Fuori Orario ci hanno voluto fare omaggio di questa perla. 

Questo perchè si tratta di un film che fa pensare. Non c'è altro modo di definire una pellicola che può causare lo sconcerto di constatare l'indiscutibile, e per certi aspetti mai più uguagliata bellezza, poesia e integrità di sequenze quali quella iniziale che descrive la natura giapponese incontaminata, o la carrellata sull'istruzione della giovane sposa promessa (fra gli altri, letteratura, musica, nuoto, kyuudo e naginata, in una scena dall'indimenticabile tensione marziale) oppure quella che mostra il progressivo distacco del protagonista dalle sirene occidentali e moderniste del jazz per tornare nel cuore caldo ed autentico delle arti e tradizioni del suo paese (il canto, il sumo, il teatro No) che gli parlano dei suoi avi e delle sue radici, e contemporaneamente di dover riconoscere che il film è pervaso da una retorica nazista agghiacciante.   

E' un'esperienza nuova e sconvolgente, quali spettatori abituati da tempo ad annusare la puzza della propaganda fascista lontana un miglio, rimanere troppo presi dall'autentica bellezza di questa pellicola, dalla sua onirica forza, da accorgersi del suo messaggio di fondo: un film che designa l'Europa come patria delle libertà individuali mentre la Polonia sta per essere invasa, che predica l'abbandono dei vizi borghesi e canta le lodi del ritorno alla vita semplice e alla madre terra come scusa per il militarismo, un film dove i neoalleati giapponesi parlano tedesco, mentre i tedeschi parlano perfettamente giapponese, un film dove il protagonista riesce innocentemente a sognare l'invasione della Manciuria come se fosse una terra disabitata, senza cinesi, che non vede l'ora di essere arata dalle mani dei figli del sol levante.  

Si razionalizza solo alla fine del film, nella scena in cui i neosposi depongono felicemente il loro bimbo in un solco nella loro nuova terra di Manciuria dichiarandolo "figlio della terra", sorvegliati a vista da un soldato giapponese che si concede un istante di tenerezza alla vista della sacra famiglia prima di tornare a scrutare torvo l'orizzonte in attesa di un nemico che verrà, oh se verrà!  Questa pellicola è la dimostrazione che il male può celarsi dietro il viso di un angelo. E si prova lo stesso imbarazzo che si sentirebbe immaginandosi al centro di una parata nazista, rapiti dalla sua scenografia e dalle sue geometrie, senza avere la minima idea di quanti morti la sua retorica costerà.  

Ma è facile rimanere oggettivi e distaccati di fronte alle buffe sequenze in bianco e nero di alcuni documentari d'epoca, impietosamente commentate da una voce fuori campo: provate a rimanere indifferenti a questo, di film, se potete.

Su Arnold Fanck

Un maestro. Talmente abile da dare genuinità alla propaganda nazista, anche perchè quest'ultima è frammista a carrellate di autentica, sentita umanità.

Su Setsuko Hara

Brava e bella come poche.

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