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La terra degli uomini rossi

Regia di Marco Bechis vedi scheda film

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La recensione su La terra degli uomini rossi

di FilmTv Rivista
6 stelle

Alcuni appassionati di ornitologia (i birdwatchers del sottotitolo) vedono, sulle sponde del fiume che navigano in barca, un gruppo di indios silenziosi e allo stato selvaggio. In realtà sono comparse, che una volta pagate si rivestono e tornano alla loro riserva, in prossimità della quale troveranno due ragazze impiccatesi a un albero. Un attacco folgorante, quello di La terra degli uomini rossi, che passa da un dettaglio grottesco a una verità tragica. Il fenomeno dei suicidi è del resto realmente in crescita in queste comunità, e la morte delle due giovani scatena la protesta di Nádio, che guida una trentina di indios a occupare le terre di una fazenda. La sua è una resistenza silenziosa e ricca di dignità, che rifugge dalla retorica dei discorsi e non cerca la pietà delle istituzioni né la spettacolarizzazione dei media. Quando il fazendero rivendica il diritto allo sfruttamento del territorio che coltiva producendo generi alimentari (oltre che profitto), Nádio risponde mangiando in silenzio una manciata di terra perché, lasciato il corso alla natura, dalla foresta ricava tutto il necessario alla propria sussistenza, anche spirituale. La rivolta impone rispetto ma l’esito è ineluttabile e si assiste al susseguirsi degli eventi come davanti al mito della marcia dei lemming. Rimane misterioso il grido di vittoria del giovane Osvaldo, figlio di uno sciamano, che all’iniziazione attraverso il ritiro ascetico preferisce l’esperienza della carne. Queste penetranti sequenze sono però poche e distanti tra loro: se infatti il film non è mai didascalico o paternalistico, nell’adesione a uno spirito documentario e antropologico (ma Santamaria guardiano della fazenda è una distrazione) difetta di respiro cinematografico. La malickiana varietà delle voci degli uccelli, e gli accostamenti herzoghiani tra indios e musiche sacre, sono suggestioni che si smarriscono in numerose sequenze prive di nerbo. Un peccato perché il tema è encomiabile e la sincerità e il coraggio di Marco Bechis sono fuori discussione.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 37 del 2008

Autore: Andrea Fornasiero

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