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Il tatuaggio del drago: il dovere di un leone

Regia di Masahiro Makino vedi scheda film

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AndreaVenuti

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La recensione su Il tatuaggio del drago: il dovere di un leone

di AndreaVenuti
7 stelle

Il tatuaggio del drago: il dovere di un leone è un film giapponese del 1969, diretto da Masahiro Makino.

 

 

Sinossi: Hidejiro Hanada è un yakuza tutto d’un pezzo, disposto a tutto pur di assolvere ai suoi doveri. Il ragazzo ha da poco scontato una pena per aver ucciso il boss del clan Kaminarimon, ed una volta fuori dal carcere decide di trasferirsi a Nagoya, dove stringe un particolare legame di amicizia con il saggio Hayashida, boss dell’omonimo clan. 

La famiglia Hayashida nonostante si tenga in disparte da lotte e dispute con le altre organizzazioni criminali, finisce ugualmente nell’occhio del temibile clan Kabashima, i quali iniziano una vera e propria faida che coinvolge lo stesso Hidejiro Hanada …

 

Sesto film di una lunga saga denominata Swowa Zankyo-den, avviata nel 1965 dal regista Kiyoshi Saeki ed incentrata sul divo Ken Takakura, a partire dal 1967 viene presa in mano dal maestro Masahiro Makino. 

Makino intraprende una vera e propria rivoluzione, effettuando un lento e graduale passaggio dal jidaigeki all’allora nascente yakuza-eiga, che poi tra l’altro verrà poco dopo sovvertito da registi quali Seijun Suzuki o Kinji Fukasaku.

 

Il Tatuaggio del drago-Il dovere di un leone possiamo dunque consideralo come una sorta di prototipo di yakuza-eiga classico dove i valori ed ideali dei samurai, protagonisti assoluti del genere jidaijeki, si trasferiscono nei moderni eroi dell’era Showa, anche loro dediti ad preciso codice morale ed il personaggio interpretato da Ken Takakura lo dimostra fermamente: Hidejiro Hanada è un uomo d’onore, lui impugna la spada solo se strettamente necessario in difesa dei più deboli oltre a dimostrare fedeltà assoluta al suo capo Hayashida (interpretato da Takashi Shimura).

 

Masahiro Makino in questo suo secondo capitolo -del serial cinematografico Swowa Zankyo-den- richiama essenzialmente gli stessi attori già visti nel film del 1967 (Il Tatuaggio del drago-una cascata di sangue) assegnandoli ruoli simili, ciò nonostante le due storie non sono collegate da un punto di vista narrativo-continuativo. 

La pellicola ripropone oltretutto una struttura generale analoga e se nell’opera del 1967 trovavamo due famiglie impegnate a contendersi un appalto per  la costruzione di un padiglione, qui il motore propulsore deriva essenzialmente dalla gestione di una nota cava di pietra. 

Presente pure quella deriva nichilista, marchio di fabbrica del regista, infiltrata nei diversi drammi sentimentali.

 

Detto questo Masahiro Makino riesce ad offrire allo spettatore nuovi spunti riflessivi. 

In primis si focalizza con maggiore attenzione sul mondo della yakuza. 

Nel corso del film verranno presentate diverse famiglie mafiose, estremamente differenti tra di loro. 

I Kabashima ed i Kaminarimon sono dei criminali senza scrupoli, non sanno cosa sia l’onore ed il loro unico obiettivo è il denaro ed il potere e non hanno paura di compiere nefandezze di ogni tipo pur di raggiungere i loro scopi. Interessante invece il clan Hayashida; in passato anche loro si sono macchiati le mani di sangue però hanno deciso di seppellire il loro spirito bellicoso e dedicarsi ad affari legali aiutando  la famiglia Asanoya, famosi nel campo dell’edilizia.

 

Continuando a soffermarci sul mondo yakuza il regista mette in scena diversi rituali/parametri che poi diverranno elementi tipici del genere, riproposti ancora oggi. 

Ad esempio si sofferma, con un enfatico particolare, sulla schiena di Hidejiro inquadrando bene il suo tatuaggio e tale rituale è denominato Irezumi, atto ad evidenziare l’importanza simbolica del suddetto tatuaggio, inteso come simbolo di appartenenza. 

Il regista dedica anche una bella sequenza al cosiddetto Michiyuki, ovvero la camminata dell’eroe verso la sede del clan rivale; scena seguita dall’immancabile Nagurikomi, ossia la resa dei conti finale. 

 

Un altro elemento di rilievo riguarda una regia sicuramente più frizzante ed articolata rispetto all’approccio classico-hollywoodiano proposto da Masahiro Makino nel precedente Il Tatuaggio del drago-una cascata di sangue e l’inizio è abbastanza chiarificatorio.

L’opera si apre in effetti con un dettaglio suggestivo su di una spada insanguinata, impugnata con risolutezza dal protagonista. Hidejiro ha appena ucciso il boss del clan Kaminarimon (tutto omesso, grande uso dell’ellissi) tuttavia per lui non è assolutamente finita e si ritrova costretto ad affrontare un nuovo duello, sfidando un fidato membro di quel clan (interpretato da Ryo Ikebe) che vuole vendicare il suo capo. Inizio in medias res estremamente accattivante, ambientato in un boschetto isolato ai margini di Asakusa al chiaro di luna.

Nel corso dell’opera il regista ricorre anche a diverse carrellate laterali e pensiamo al frangente in cui gli Asanoya insieme al clan Hayashida, festeggiano la vittoria dell’appalto per la gestione della cava di pietra ed il regista appunto servendosi di una lenta carrellata laterale mostra i vari festeggiamenti. 

Verso la fine troviamo troviamo pure un virtuosismo tecnico incredibile, una sorta di replay dove una stessa scena (Hidejiro si appresta a raggiungere il clan rivale) viene riproposta diverse volte modificando però le angolazioni (tecnica utilizzata in futuro da Jackie Chan nella celeberrima scena del palo in Police Story).

 

Il Tatuaggio del drago-Il dovere di un leone è uno dei primi esempi di Yakuza-eiga classici targati Toei ed incentrati sullo spirito cavalleresco dell’eroe, che se pur fuorilegge dispone di un animo generoso (per gli amanti delle statistiche il primo yakuza-eiga è ritenuto essere Jinsei Gekijo-Hishakaku del 1963 di Tadashi Sawashima, sempre prodotto dalla Toei).

 

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