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Blu cobalto

Regia di Gianfranco Fiore Donati vedi scheda film

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La recensione su Blu cobalto

di mm40
6 stelle

Le vite di tre persone si intrecciano all'interno di un reparto di oncologia; un anziano, una ragazza e un medico, in realtà anch'egli malato, mostrano tre differenti maniere di reagire al cancro.


L'esordio cinematografico di Gianfranco Fiore Donati, copywriter e pubblicitario, avviene con questo Blu cobalto, un film che dire 'sui generis' è ancora poco. Siamo nel 1985 e va riconosciuto il coraggio di parlare di tumori in un'epoca nella quale il tema era ancora molto distante dall'opinione della massa, e di farlo poi con toni laconici, veristi, totalmente umani che non fanno nulla per cercare il facile pietismo, né per raccontare esplicitamente il dolore, per metterlo in primo piano sotto ai riflettori, sebbene attraverso al dolore l'intera storia passi. Il soggetto è frutto di una collaborazione a tre firme: quella del regista, quella di Giovanni Loreto Carbone e quella di Maria Lori Zaccaria; sulla sceneggiatura compaiono invece Fiore Donati e Aldo Braibanti. Blu cobalto è una pellicola dotata di un'anima, un lavoro che può arrogarsi l'etichetta di poesia per immagini e non sorprende a questo punto constatare che nel cast, tra gli interpreti principali peraltro, ci sia anche il critico cinematografico Enrico Ghezzi, altro debutto degno di sottolineatura. Ghezzi è Ghezzi, nel bene e nel male: certamente non un attore, ma un'icona e un marchio di garanzia qualitativa sì, senz'altro; al suo fianco compaiono poi Anna Bonaiuto, Flavio Bonacci ed Enea Cesari. Ma di cinema in senso stretto qui c'è poco; la trama si disperde in mille rivoli e certe sequenze brillano di luce propria; il metodo (anti?)narrativo di Fiore Donati procede per ellissi e per suggestioni, colpendo in ogni caso l'obiettivo: Blu cobalto, dalla produzione a bassissimo budget a cui ha contribuito anche il Ministero dello Spettacolo, e che ha ricevuto il patrocinio culturale della Lega italiana per la lotta contro i tumori, è un'opera fuori (al di sopra) degli schemi, il cui messaggio di umanità e di speranza – la malattia è parte della vita, l'unica via è l'accettazione – vale la pena della visione, al di là degli evidentissimi limiti formali. 6/10.

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