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Indagini sporche - Dark Blue

Regia di Ron Shelton vedi scheda film

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La recensione su Indagini sporche - Dark Blue

di degoffro
6 stelle

Da una storia originale di James Ellroy, intitolata "The plague season" ed inizialmente ambientata durante gli analoghi tumulti della popolazione di colore nel quartiere Watts di Los Angeles nel 1965, episodio a cui Ellroy aveva già dedicato alcune incandescenti pagine di "Le strade dell'innocenza" prima avventura letteraria del suo eroe Lloyd Hopkins. (Ri)scritto da David Ayer, già sceneggiatore del similare "Training Day", tanto che lo stesso Ellroy ha dichiarato di non avere avuto niente a che fare con la pellicola, di cui, a suo dire, Ayer ha mantenuto solo il nome di qualche carattere. Ellroy, dopo avere visto il film, ha persino chiesto che il suo nome non venisse usato per il lancio della pellicola: decisamente non un buon segno.

"Dark Blue" (è la divisa della polizia di Los Angeles) è un poliziesco ruvido, sporco, per nulla consolatorio (tranne nel grossolano e pomposo finale), dal ritmo ineccepibile e serrato e dalla costruzione narrativa solida (a parte qualche coincidenza e/o stereotipo di troppo), asciutta e credibile, ma, come il film che ha fruttato il secondo Oscar a Denzel Washington, non molto originale negli spunti e troppo insistito e ridondante, quasi didascalico, ai limiti del manicheismo, nei suoi, pur lodevoli, intenti di denuncia. Così l'ennesima descrizione della corruzione dilagante che regna sovrana in polizia finisce per risultare piuttosto ripetitiva e schematica, ai limiti del grottesco (c'è persino un giudice che firma mandati di arresto al bar, mentre si beve un aperitivo). Il regista Ron Shelton, ex giocatore professionista di baseball (non a caso specializzato in pellicole sportive, la più celebre delle quali resta il gradevole "Bull Durham" con Kevin Costner e Susan Sarandon) ha però il notevole pregio (è questo il vero merito della pellicola) di contestualizzare efficacemente la storia in un periodo storico ben preciso, il 1992, quando Los Angeles era in subbuglio, in preda ad un'autentica guerriglia urbana per l'incredibile assoluzione di quei poliziotti bianchi che erano stati ripresi mentre pestavano a sangue e senza motivo l'automobilista di colore Rodney King (su quelle tristi immagini, infatti, si apre il film in un curioso mix tra fiction e realtà). In questo senso decisamente inquietanti e disturbanti, oltre che molto efficaci, le sequenze della rivolta rovinosa, disordinata e violenta dei quartieri popolari di periferia che mettono a ferro e fuoco la città. Peccato poi per la lunga e retorica oratoria finale quando il poliziotto Eldon Perry, appartenente ad una famiglia di poliziotti, un debole per la bottiglia e prossimo alla promozione a tenente, uno che "tiene molto di più alle persone che odia", come gli viene rinfacciato dalla moglie che lo sta per abbandonare, ed interpretato da un eccellente, coriaceo, a tratti dolente Kurt Russell (meno plateale e caricato di Washington), dopo avere toccato il fondo, ha un barlume di etica e di dignità e denuncia tutti i mali, i ricatti, le macchinazioni e le disonestà del dipartimento. Un moralismo ed un sentimentalismo tipicamente hollywoodiano che però suona stonato e poco plausibile con il resto della vicenda, oltre che poco ellroyano.

E anche il personaggio interpretato da Brendan Gleeson, sbrigativo, spietato e ambizioso capo della polizia, che fa dell'abuso di potere il suo marchio di fabbrica, con un sogno molto chiaro in mente (“Io mi vedo in grandi barche con grandi motori in grandi laghi con acque limpide.”) e capace delle azioni criminali più squallide e riprovevoli, bravo a comandare i suoi uomini come burattini, dietro continue minacce ed intimidazioni, sfiora il luogo comune. Sotto questo profilo appare più convincente, pur nell'inevitabile stereotipo, il personaggio di Bobby, interpretato da Scott Speedman, il solito giovane poliziotto idealista, alle prime esperienze sul campo, coinvolto fin da subito in un gioco estremamente pericoloso, in un micidiale meccanismo di connivenze ed omertà ben più grande di lui, dove ogni poliziotto è disposto a mentire e a manomettere le prove pur di aiutare i colleghi ed a cui inizialmente soggiace, quasi inconsapevole ed inerte, ma anche affascinato, soprattutto per la stima e l'ammirazione che nutre per il suo compagno di lavoro, per lui maestro e guida. Solo dopo il suo primo, inutile, omicidio, preso dai rimorsi di coscienza e da forti sensi di colpa si ribellerà a quello stato di fatto inaccettabile (nel rapporto tra i due poliziotti protagonisti, molti i punti di contatto con "Training day"). Bello e commovente infine il personaggio di Lolita Davidovich, compagna nella vita del regista e protagonista, da "Scandalo Blaze" in poi, di quasi tutti i suoi films. Il suo addio a Kurt Russell, dopo un matrimonio infelice in cui è stata ripetutamente trascurata, è uno dei momenti più struggenti del film. La battuta migliore? Davanti ad un cadavere trovato in un frigorifero Perry esclama: "Questo l'hanno freddato sul serio!". Distribuito prima in Italia (dalla CDI di Giovanni di Clemente) che negli States, dovunque però è passato sotto silenzio. Vincitore al Noir Film Festival di Courmayeur del 2002. Nella realtà Chapman Russell Way l'attore che interpreta il figlio di Kurt Russell è il nipote dell'attore (il figlio di sua sorella).

Voto: 6 e mezzo

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