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Il raggio invisibile

Regia di Lambert Hillyer vedi scheda film

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Eliaabbondanza

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il raggio invisibile

di Eliaabbondanza
7 stelle

L'horror, tra i generi cinematografici, è di sicuro il più sottostimato, il più trascurato, il più bistrattato da parte dei critici e dei cinefili, che raramente ne dimostrano entusiasmo o particolare interesse, raramente ne sottolineano l'estrema importanza che ricopre all'interno della settima arte, raramente ne riconoscono il ruolo fondamentale che ha svolto nella nascita e nell'evoluzione del cinema stesso, relegandolo ( salvo che in rare occasioni)  all' etichetta di cinema popolare ( o di serie b) o di cinema di nicchia, mettendolo (erroneamente) in secondo piano rispetto a tipologie considerate più nobili quali il dramma o la commedia, ritenute più prestigiose, più imponenti, più idonee nell'affronto di tematiche autorevoli e di rilievo: invece l'horror  , se realizzato con classe e  maestria ( come in questo caso), può raggiungere vette artistiche che sfiorano l'empireo, riuscendo ad esaminare e a raccontare l'essere umano , la sua psiche, i suoi contrasti, le sue paure, le sue manie, le sue ossessioni, le sue angosce e le sue sfaccettature con la stessa forza , la stessa tenacia, la stessa intraprendenza e la stessa austerità della tragedia e della satira, categorie di pellicole di cui condivide il fine ma non i mezzi, utilizzando le armi della sgradevolezza, del macabro,  dello shock e dell'aggressività anziché quelle del pathos e della risata,  martellando le capacità visive, uditive e psicologiche dello spettatore anzichè accarezarle , armi con cui riesce a scavare nel profondo dell'inconscio sia del suo pubblico che dei suoi personaggi, creando disagio , incertezze, sgomento, una sensazione di malessere che fatica ad allontanarsi dai nostri animi, ma anche amare considerazioni sulla nostra personalità,  sul nostro subconscio, lanciando ipotesi e spunti di riflessione solo in apparenza faceti, ma in realtà degni di attenzione e studi accurati, e non inferiori a quelli esposti e messi in immagini da un melò. Ecco, questo è l'immane potere che ha tra le mani un artista ( o un artigiano) dell'horror!  E quando si ha la fortuna di veder uniti in matrimonio horror e melodramma (quando spavento e pathos vengono amalgamati, quando due generi cinematografici così vigorosi, così diversi e allo stesso tempo così simili, vengono miscelati,come nel caso della pellicola che mi sto accingendo a recensire entusiasticamente, pur riconoscendone limiti e pecche che non permettono di elevarlo allo status di capolavoro ) ci si può trovare davanti a una progenie unica, irripetibile, di alto livello qualitativo: e se a celebrare le nozze c'è la persona adatta ( e possiamo dire che Lambert Hillyer,  regista nello stesso anno anche dell'ottimo " La figlia di Dracula", da questo punto di vista sia l'uomo giusto al posto giusto)e al cocervo di essenze e sapori si agggiunge una spruzzata di science-fiction e un pizzico di avventura esotica i risultati possono essere ancora più sorprendenti, strabilianti e possono lasciare ancora di più a bocca aperta.

Questa pellicola è un perfetto esempio della rilevanza che il cinema orrorifico meriterebbe di occupare all'interno della cultura cinematografica non solo dell'epoca, ma anche contemporanea:Il raggio invisibile", gioiellino misconosciuto del gotico anni' 30 ( forse, assieme al " Mistero della camera nera" di Roy William Neil e sempre con Boris Karloff, il piu` sottostimato del periodo), riesce difatti a trattare, attraverso i cliché del genere e riuscendo a non perdere mai di vista il suo obiettivo principale (trasmettere trepidazione e palpitazione nel cuore dello spettatore attraverso una dimensione e un atmosfera da incubo, non facendo mai calare la tensione e la suspense) argomenti dolenti, delicati e dotati di una notevole consistenza drammatica ( l'abbandono e il distacco da parte di una persona amata, la solitudine, il rancore di chi si sente tradito e defraudato da tutto) e lo fa con rigore, partecipazione, perspicacia, arrivando a toccare corde emotive di una forza lacerante insolita per una pellicola dalle tinte dark ,  riuscendo a misurarsi e a confrontarsi con stati d'animo, disagi esistenziali, affetti e relazioni interpersonali ( quelli che si creano e coesistono tra due giovani innamorati, tra due coniugi, tra madre e figlio) , ovvero con concetti che ci riguardano tutti da vicino , dando vita a una maschera ( quella del protagonista) mesta ,tormentata,  a tratti commovente, che si discosta dagli altri " mostri" Universal di quel periodo, un mostro confuso, ferito, affranto, con cui il pubblico è portato ad immedesimarsi: schiavo di un destino e di una condizione raccapriccianti, costretto a portarsi dietro una croce inespugnabile causa di afflizione e tormento, una croce che lo porta a vivere un calvario tortuoso e senza fine ma che impara ad usare a proprio vantaggio, come tagliente arma di rivalsa con cui combattere la sua battaglia personale e rivendicare il torto subìto . È attraverso di lui che questa curiosa ( ma, a causa di alcune debolezze e irrisoluzioni di sceneggiatura e di qualche scelta di casting insipida o fuori parte , solo parzialmente riuscita) fusione tra ambientazioni lugubri, losche, spettrali e ben poco rassicuranti ( rese con la complicità di un un'incredibile e maestoso impianto scenografico, visibile specialmente nelle magnetiche riprese all'interno del maniero ,e di alcuni tocchi registici che sembrano richiamare il periodo dell'espressionismo) , inusitati spunti fantascientifici d'antan ( l'intreccio prende vita dalla creazione di un telescopio dotato della rivoluzionaria capacità di mostrare eventi accaduti a distanza di migliaia di anni luce, e poggia le sue fondamenta su pezzi di meteorite radioattivi capaci di rendere luminescente e mortalmente pericoloso chi entra in suo contatto: idee strampalate ma ricche di estrosa creatività che celano dietro la loro ingenuità e la loro sgangherata realizzazione a basso costo un nonsochè di affascinante, di seducente, facendo approdare il racconto su binari quasi fumettistici, per poi indirizzarlo nel tunnel senza ritorno della favola nera, cupa, senza speranza e senza redenzione) e analisi introspettiva riesce, oltre che a sfruttare al massimo la potenzialità del binomio campione d'incassi Karloff/ Lugosi (entrambi icone del gotico tra cui però ,a causa dell' invidia del secondo nei confronti del primo,  beneficiario di una paga ben quattro volte più alta e a cui era stato affidato il ruolo più di spicco e di rilievo,  non sembra scorresse buon sangue, tanto che Lugosi, qui imbrigliato in una caratterizzazione al di fuori delle sue corde,  ricorderà in futuro la produzione di questa pellicola come un vero e proprio inferno!) a  creare una variazione non banale sul tema della vendetta mostrando ( e  approfondendo più di quanto appaia in superficie)  quali confini è disposto a superare un uomo sconfitto in cerca di riscatto e di giustizia, una giustizia privata non dettata dalla legge o da un codice penale ( o morale), ma dell'ira,  dall'indignazione, dal risentimento, una giustizia insensata e autoimposta che non conosce assoluzioni e che confida nel più estremo dei gesti ( il delitto, cruento e perverso) come unico rimedio e atto punitivo estremo( precorrendo i tempi e anticipando le tematiche di cult futuri come il grandguignolesco " L'abominevole dr Phibes", e il più farsesco" L' oscar insaguinato", entrambi con Vincent Price).
La sequenza iniziale ricorre all'utilizzo dei più svariati topos del genere ( il castello dall'aspetto funereo avvolto dalla nebbia, il temporale burrascoso che accompagna l'arrivo degli ospiti ),dispiegando tutto l'armamentario del miglior cinema orrorifico anni'30 e confermando la resa spettacolare e suggestiva di stilemi e stratagemmi che, seppur già collaudati in precedenza ( e che verranno poi sfruttati fino al midollo negli anni a venire) e qui riproposti senza particolari novità o innovazioni,  mantengono intatto tutto il loro potenziale scenico e figurativo , raggiungendo appieno lo scopo da loro prefissato, non deludendo le aspettative e contribuendo alla realizzazione di un'atmosfera fosca, oscura e opprimente a stretto contatto con il mondo dell'occulto e dell'inspiegabile , impreziosita ulteriormente da tre fattori  significativi che concorrono in maniera determinante alla sua riuscita:il  personaggio  della genitrice cieca preoccupata per le sorti del figlio, enigmatico, autoritario,saggio, premuroso e minaccioso allo stesso tempo,di spessore; il primo incontro/scontro recitativo tra Karloff e Lugosi, una vera e propria sfida, con battute affilate come rasoi e sguardi raggelanti che valgono più di tanta artiglieria: un duello attoriale coi fiocchi, in cui non è difficile intravedere una certa competizione( e l'astio che serpeggiava) tra le due star ; un viaggio interspaziale a ritroso nel tempo tra galassie e costellazioni girato e messo in immagini ( complice la maestria dell'addetto agli effetti speciali John P. Fulton)con estro visionario e di grande impatto visivo , con cui il regista , nonostante la scarsità di mezzi a disposizione, riesce a emozionare e sorprendere lo spettatore, solleticandone la curiosità  per ciò che non rientra nell'abitudinario, nel consueto, facendogli ritrovare la meraviglia e lo stupore di quando era bambino, lasciandolo incantato ed estasiato davanti allo schermo ( d'altronde il cinema serve anche a questo: a farci ritrovare quell' ingenuità,  quella candida fanciullezza che credevamo ormai perdute, e che ci fanno rimanere ammaliati anche di fronte alle cose più elementari!).
Nella parte centrale ha inizio la tragedia vera e propria , ma prima di esporre l'avvenimento che cambierà per sempre l'esistenza del nostro protagonista questo brano appare anche come il più malizioso, il più sensuale della pellicola, malizia e sensualità che esplodono in tutto il loro fulgore quando la telecamera riprende fugacemente il corpo accaldato di Frances Drake ( eccellente presenza femminile, già vittima delle fisime degenerate del chirurgo pazzo Peter Lorre in Amore folle del 1935,  e che qui non fa rimpiangere la mancata presenza di Gloria Stuart, inizialmente contattata per il ruolo)mentre è intenta ad asciugarsi il sudore dal collo e a sistemarsi i capelli, immagine casta e assieme conturbante ( grazie anche al provocante sex appeal dell' attrice newyorkese,  fattore che fa provare rammarico per il suo precoce ritiro dalle scene a soli 30 anni, ovvero nel 1942, in seguito al matrimonio con il figlio di Henry Howard , all'epoca noto nobile e militare inglese). È questo il blocco narrativo in cui (prima di presentare al pubblico l'infausto incidente vero fulcro dell'intreccio)viene dato più spazio alla storia d'amore tra i due giovani coprotagonisti ( Diana, la consorte del professor Rukh sposatasi solo per ammirazione e gratitudine interpretata dalla giá citata Drake, e Ronald, nipote di una celebre scienziata partecipante alla spedizione in Africa interpretato dallo scialbo e incolore Frank Lawton), sensibili e  vulnerabili nel loro disperato tentativo di resistere al richiamo dei sensi: durante la cena , purché seduti allo stesso tavolo, i due evitano di guardarsi, evitano qualsiasi contatto fisico e visivo, anche il più impercettibile, consapevoli che un loro coinvolgimento sentimentale andrebbe contro le regole morali imposte dalla società e dalla loro coscienza ,eppure i loro gesti, i loro movimenti esprimono una brama incandescente,lancinante e trattenuta di passione, desiderio, sensazioni che faticano a domare  e che divamperanno da lì a poco in tutta la loro tenace e incontenibile veemenza. Anche se gli intermezzi romantici rappresentano i punti più deboli (leziosi,  infarciti di retorica e frasi fatte) del racconto , rispetto ad altre operazioni analoghe appaiono meno gratuiti:  essi infatti svolgono una precisa funzione all'interno dell'intrigo , rafforzando e accentuando il dolore e il cordoglio del personaggio di Janos Rukh( la cui maschera si tinge con ancora più poderosità di umiliazione e di amarezza ), nonche' la gravità` e la mortificazione del fenomeno che di li a poco lo perseguiterà'( portando allo stremo le sue facolta' mentali e cognitive). Perchè questo torbido e intrigante mix di sessualità repressa ed erotismo velato  fa da sfondo e da preludio alla sciagura  che si sta consumando nei pressi degli scavi archeologici richiesti dal professore stesso,  colpito da una terribile e inumana disgrazia che ne deteriorerà per sempre l'esistenza , rendendolo , suo malgrado, una temibile macchina di morte. La sequenza in cui Boris Karloff , intento a consumare una cena frugale con accanto il suo adorato cane e a godersi il primo momento di svago dopo una giornata estenuante, viene a conoscenza dell'infido male che lo ha colpito è stupefacente:  Rukh si rende conto, una volta rimasto al buio, di essere diventato radioattivo in seguito al contatto con il meteorite, osservando impaurito e scioccato il suo corpo risplendere di un accecante luce fosforescente nelle tenebre che lo avvolgono ; incredulo ed esterefatto si tasta il viso e il corpo, come se tentasse di risvegliarsi da un incubo, poi afferra uno specchio tra le mani e guarda il suo riflesso, accertando quello che in realtà già aveva capito e di cui tanto aveva timore ..  considerevole è l'escalation emotiva che questo segmento riesce a creare e il palpabile senso di afflizione che riesce ad emanare, senso di afflizione che sfiora il suo apice nel breve momento in cui, ignaro del potere distruttivo che ha nelle mani,  Rukh provoca la dipartita del cane, o quando, successivamente, allontana la moglie con toni bruschi e schietti( consapevole che questo gesto potrebbe portargliela via per sempre), metodologie dietro la cui freddezza e cinismo si cela un ardito tentativo di protezione e tenerezza, tentativo che però rimane incompreso, finendo con lo spingere lei ( ignara del forte sentimento che il marito prova e del fatto che lui, mandandola via, aveva solo intenzione di proteggerla)in maniera definitiva e irrevocabile tra le braccia del suo rivale .Straziante la scena in cui , dopo aver cacciato via la giovane consorte , il protagonista sente in lontananza il pianto di lei, vorrebbe far qualcosa, confortarla, spiegarle, darle un chiarimento per far cessare quel pianto irrefrenabile ma non può, non può proprio perché la ama e non potrebbe mai riuscire a farle del male  ( dato che anche la più esigua vicinanza con lei potrebbe causarne il decesso):  il suo sconvolgimento e il suo senso di opppressione nell'essere totalmente impotente ad ogni tipo di risoluzione, nel non poter porre alcun rimedio a questa terribile circostanza sono evidenti ,sinceri, dilanianti , e portano lo spettatore a una totale identificazione con il suo struggimento, con il suo malessere, con la sua fragilita' ( identificazione rafforzata dal pezzo di bravura recitativa in cui si lancia Boris Karloff, qui in una delle sue migliori e più sottovalutate interpretazioni).
Da questo momento in poi la pellicola non smette per un attimo di crescere, le tinte si fanno sempre più tenebrose , sempre più spietate, sempre più allucinate e vibranti , regalandoci momenti di singolare e perturbante poesia ( Boris Karloff che si aggira con modi biecamente raffinati sotto la pioggia di Parigi) ed erompendo in un finale da pelle d'oca in cui l'amore è l'unico elemento che riesce a fermare l'orda di omicidi e di crimini efferati che si è abbattuta sulla città , non la polizia o qualsiasi altra istituzione giudiziaria ma l'amore, l'amore di un marito per la propria moglie( che blocca il " mostro" dal commettere l'ennesimo delitto, e lo fa riflettere per la prima volta sull'atrocità dei crimini che sta perpetrando ) e l'amore di una madre per il proprio figlio : infatti sarà proprio la madre di Rukh a porre fine all'incontrollabile susseguirsi di misfatti , distruggendo ciò che lei stessa aveva creato, il frutto dei suoi lombi, un essere accecato dall'odio in cui non riconosce più la persona a cui tanto aveva dato affetto ma solo una bestia ormai in preda alla più disumana delle malvagità e delle sofferenze  ( tanto che il distruggerlo diventa un atto caritatevole per rukh stesso, oltre che un atto di giustizia).
La vera ragione per cui questo film meriterebbe di essere considerato un classico è che racchiude una delle più grandi interpretazioni e una delle più  grandi figure drammatiche del cinema horror dell'epoca : lo studioso e astronomo infelice e beffato dalla vita  jonas rukh di Boris Karloff, scienziato impavido e irruento desideroso di  scoprire la verità su fenomeni e avvenimenti dal cui ambiguo fascino si sente calamitato ,tentando di porre una risposta a quesiti che da sempre attanagliano l'umanità e la scienza,quesiti che ,dietro la loro attrattiva e dietro l'interesse che possono ispirare, celano segreti che possono portare alla rovina e a ripercussioni disastrose chi cerca di avvicinarsi alla verità,  segreti che sarebbe meglio lasciare rintanati nell'oscurità, senza mai esporli alla luce della conoscenza. Sotto questo aspetto Jonas rukh può sembrare un discendente del professor Frankenstein e di Jack Griffin ( alias " L'uomo Invisibile") , uomini che, per un motivo o per un altro( per avidità o per tentativo di innovazione, che sia la tentazione di poter dar nuova vita a gente defunta o rendere la figura di un un'individuo impercettibile alla vista umana) , tentano di portare a galla (senza pensare alle agghiaccianti conseguenze che ne possono derivare) aspetti che sarebbe meglio rimanessero sconosciuti,  oltrepassando ( attraverso le loro ricerche) limiti invalicabili che non è lecito superare, andando così incontro alla devastazione, alla rovina, alla morte. 
 Un' opera imperfetta? Forse ( vista anche la precipitosità con cui è stata realizzata). Un' opera datata? Senza ombra di dubbio. Ma anche un 'opera capace di turbare,un' opera che pone interrogativi non scontati, un' opera che induce il suo pubblico a riflettere , lasciandogli infine un acre retrogusto di malincona  e irrequietezza. Di sicuro il punto più alto ( assieme a " The black cat") della collaborazione ( redditizia ma travagliata) tra Boris Karloff e Bela Lugosi!
Voto: 7,5 
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