La recensione su Back to the Wharf

di alan smithee

6 stelle

FAR EAST FESTIVAL 23 - COMPETITION

Alla morte della madre, Song Hao fa ritorno alla città natale dopo essere fuggito da circa un quindicennio.

Casualmente al suo rientro l'uomo incontra una loquace ex compagna di classe, con la quale inizia, nonostante la reticenza iniziale, un rapporto sentimentale che si consolida oltre le aspettative di entrambi.

In loco incontra il padre, che si è risposato con una donna che potrebbe essere sua sorella, dalla quale ha avuto un figlio ancora in età scolare.

Prima di ciò tuttavia il film si prodiga con una certa accuratezza a raccontare le circostanze drammatiche che hanno costretto alla fuga il nostro uomo, al tempo ancora ragazzo in procinto di godere del premio che lo avrebbe condotto alla università più prestigiosa di diritto, grazie al suo encomiabile prfitto scolastico.

Ma quel diritto gli viene usurpato proprio dal suo miglior amico e protettore, a sua volta figlio di un boss dell'immobiliare che spadroneggia incontrastato in quella cittadina di mare sbattuta dai venti e dalle onde in tempesta.

Senza entrare più di tanto nei dettagli di una trama densa di svolte e di sorprese, che svelerebbero particolari di cui è bene godere durante la visione del film, la pellicola del cinese Xiaofeng Li si rivela un noir d'effetto che si premura di curare la narrazione di tutto l'intrico, allo scopo di mettere in risalto la meschineria di una umanità che agisce sottobanco e sopravvive di crimini che poi addossa a sventurati di fatto innocenti, capitati nel posto sbagliato al momento ancor più sbagliato.

Un film sul raggiro, sulla malizia, sulla sporcizia di una umanità che vive di prepotenza e di soprusi a danno dei pochi onesti che non riescono, a differenza dei molti scorretti e corrotti, a continuare a vivere con quel rimorso che toglie loro il fiato per tornare a respirare in piena coscienza.