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Gli inaffidabili

Regia di Jerry Calà vedi scheda film

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La recensione su Gli inaffidabili

di mm40
2 stelle

Drogarsi, ubriacarsi, canticchiare, dire cazzate e fare sesso con ragazzine: questa è la vita ideale prospettata da Jerry Calà e dai suoi amichetti (nonchè grosso modo la trama del film), radunati in branco per questo fallimentare progettaccio senza idee, ma purtroppo per loro gli anni '80 sono finiti da un pezzo: non funziona più così. A scorrere il cast c'è da rimanere allibiti: qualsiasi produttore avrebbe liquidato con una grossolana risata un film che prevede la reunion (davvero era necessaria? già facevano pietà ai tempi) dei Gatti di vicolo miracoli, nonchè la presenza di gente del calibro di Serena Grandi, Mauro Di Francesco, Gigi Sabani (il migliore del mucchio), Giorgio Porcaro, Anna Kanakis, Andrea Roncato, Gegia, il maestro Mazza (!), Nadia Bengala, Gian di Ric e Gian, Alessia Merz (su Gullotta sorvoliamo: evidentemente aveva bisogno di soldi, mettiamola così - e comunque era nel pieno dell'era Bagaglino, quindi non esente da colpe neppure lui). Una sceneggiatura tanto moscia e che non porta da nessuna parte, con aspirazioni esistenziali-generazionali immediatamente tradite da dialoghi farciti di vacue banalità e oscenità a profusione, andrebbe parimenti derisa; eppure Gli inaffidabili è realmente uscito in sala, anche se con ogni probabilità nessuno se ne ricorda, tanto palese è stato l'insuccesso. C'è poco da sorprendersi: non solo la sostanza è poca, ma è pure male assortita (tutti i maschi del cast sono inguaribili satiri: possibile che non si potesse caratterizzare meglio i personaggi? Ma forse si è semplicemente voluto aderire alla realtà dei fatti, viene da pensare) e sulla regia di Calà non vale nemmeno la pena di spendere un monosillabo; basti però una nota a liquidare la sua incomprensibile presunzione: un buon numero di scene termina con la battuta 'a schiaffo' di Calà e la risata generale. Ovviamente la comicità è stantia ("ho il complesso di Edipo", dice Andrea; risponde una delle svariate fotomodelle ninfomani convocate appositamente per il film: "è un complesso rock?": ahiahia) e da latte alle ginocchia (Smaila è il fascistone del gruppo: come si chiama? Manganelli, come nelle barzellette degli anni '20 o nelle storie di Topolino). L'ostensione delle nudità - neanche troppo generosa - di Fanny Cadeo e della Kanakis diventa quasi un'oasi di poesia in mezzo a tanto squallore; momento clou (e forse unica scena davvero azzeccata di tutto il lavoro) quando Sabani infila un dito di Gullotta, bendato, dentro alla Nutella; Gullotta si toglie la benda e la prima cosa che vede al di là del dito intinto di melma marrone è Umberto Smaila che, di schiena, si risolleva mutande e pantaloni. La stessa sensazione che assale lo spettatore alla fine del film: ma dove avrò messo questo dito? Che schifo. 1/10.

Sulla trama

Branco di sconquassati cinquantenni si ritrova, alle soglie del 2000, nella lussuosa villa di uno di loro; fra divorzi, scambi di mogli, figli ormai grandi, problemi di lavoro ed economici, si accorgeranno tutti che, mo vè eh?, gli anni '80 sono finiti.

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